toronews columnist La lezione proveniente da Inter-Torino
Loquor

La lezione proveniente da Inter-Torino

Carmelo Pennisi
Carmelo Pennisi Columnist 
Torna Loquor, la rubrica di Carmelo Pennisi: “E’ da poco finita Inter Torino, l’umiliazione subita è tale da non sentire più l’ossigeno riempirti i polmoni”

Un passo avanti,

due passi indietro

Vladimir Lenin

E’ da poco finita Inter Torino, l’umiliazione subita è tale da non sentire più l’ossigeno riempirti i polmoni. Il fiato non è corto, è cortissimo, e non capisci se è più rabbia o la delusione a farti stramazzare sulla sedia senza energie. Cerchi ristoro nel vedere gli Usa Open del tennis, ma spegni dopo qualche minuto. La testa è decisamente altrove, immersa in un mistero tutto Granata. Il giorno dopo fai qualche telefonata per sentire amici giornalisti, e non di quelli che si occupano solitamente di Toro. Volevi sentire qualcuno esperto, ma che non fosse annebbiato dalla passione o dalla rabbia Granata. Il tenore delle risposte è simile nell’unanimità: con quella difesa e con quel portiere, la freccia che indica la retrocessione in Serie B è accesa in tutta la suaintermittente luminosità. Non sei un tecnico, non sapresti spiegare l’andamento di una partita, ma hai tanti anni di visione di partite alle spalle, e la sensazione ti assale quasi come un presagio maledetto: mi sa che questi giornalisti hanno ragione. Poi arrivano i commenti dei tifosi Vip, e la litania è più o meno la stessa: la colpa è di Urbano Cairo che ha distrutto il “granatismo”, e forse anche dell’allenatore, l’ennesimo, che come gli altri che lo hanno preceduto non capisce niente.

Ci fossimo noi sulla panchina del Toro… negli ultimi tre anni Urbano Cairo ha ceduto Gleison Bremer, Samule Ricci, Raoul Bellanova, Alessandro Buongiorno, Vanja Milinkovic Savic, Sasa Lukic, Wilfried Singo, procurando un depauperamento tecnico che ha permesso a squadre come il Bologna e ora il Como di sopravanzarlo nella scala gerarchica della serie A, e con un “rosso” nei rispettivi bilanci assolutamente gestibile. Allo stato attuale il club è desertificato tecnicamente e con una posizione debitoria preoccupante(questa cosa l’ho già segnalatain un articolo precedente. Temo molti fatichino a capire questo stato di cose, quindi “repetita iuvant”. O almeno spero), che ancora una volta non ha spinto la proprietà a fare una operazione di ricapitalizzazione del club quanto mai necessaria, anche per avere una agibilità sul mercato in questo momento, e in tutta evidenza, alquanto compromessa. La tifoseria vorrebbe giustamente un cambio di proprietà, ma la cosa potrebbe avvenire solo a determinate condizioni, a partire da una drastica diminuzione delle pretese economiche di Cairo per accettare di uscire di scena. Anche qui bisogna essere chiari: nell’attuale situazione del calcio italiano nessuno sano di mente si esporrà mai per una operazione da 150/200 mln per rilevare il Toro(bisogna considerare prezzo d’acquisto, debiti della società, eventuale investimento obbligatorio per dare un minimo di scossa al roster della squadra).

Qualsiasi advisor non potrà checonfermare tale dato di fatto. D’altronde, per quanto Cairo lo auspicherebbe, non ci sono mai stati segni ufficiali di volontà da parte di qualche entità o persona di volersi sedere per intavolare una trattativa di acquisizione della proprietà del club. Ci sono state di certo un paio di “due diligence” sullo stato dell’arte reale della società Granata, e una probabilmente effettuata dallo stesso Cairo per preparare al meglio una sua cessione. Ma non vorrei tornare a perdere tempo sulla questione “vendita del Toro”, considerato come fino ad oggi, dopo numerose voci corse in questi anni in materia, niente si è mai concretizzato. Credo sia positivo, e più concreto, che la stampa si concentri su quantol’editore alessandrino dovrebbe fare per poter alzare l’asticella di cui tanto si parla, con l’evidenza dei fatti a raccontare come invece di andare in alto continui il suo percorso verso il basso. La situazione debitoria è il segnale evidente, a prescindere da qualsiasi nostra chiacchiera, di quanto il club sia stato gestito male e non con la sufficiente competenza. Direi anche di finirla di scaricare tutto sulle vicende del Covid-19, perché tutte le società professionistiche ne hanno dovuto sopportare le conseguenze sui loro conti economici. Evidentemente qualcuno è riuscito a farlo meglio, qualcun altro peggio. Bisogna imparare a fare i conti con Urbano Cairo, perché finché lui rimarrà alla presidenza dei Granata non si può fare altro. Continuare a riempirlo di insulti, a rimarcare la sua opera pervicace di spoliazione della storia Granata(a mio parere la sua colpa più grave), a desiderare un'altra proprietà, temo non sia utile per chi ama il Toro. Le ultime due cose sono ormai elementi acquisiti, continuare a rimarcarli non fa fare nessun passo avanti concreto alla risoluzione di almeno qualcuno dei problemi che in questo momento ad attanagliare in questo momento il Toro. Sarebbe più utile invitare Cairo ad andare a scuola da De Laurentiis e da Saputo, per capire come loro siano riusciti a fare del calcio ambizioso nelle pur oggettive difficoltà della situazione italiana. Individuare il motivo per cui la “barca Toro” continua ad imbarcare acqua, potrebbe essere l’inizio per cercare di invertire la tendenza di vent’anni di gestione francamente deficitaria e con tratti davvero imbarazzanti. C’è da interrogarsi sul motivo per cui il Napoli riesce ad individuare il talento di uno sconosciuto come Kvaratshelia e il Como quello di un altrettanto sconosciuto e giovanissimo Nico Paz(il primo acquistato per dieci milioni il secondo per sei milioni), e il Toro ne spenda 7,5 per Saul Coco 5 per Franco Israel, il che fa capire come non si è superati dalla forza economica di altre società, ma semplicemente dal loro saper operare bene sul mercato del talento. Fa pensare lo “scarto” di Petar Sucic, il gioiellino croato protagonista lunedì sera della roboante vittoria dell’Inter, da parte del Toro nel 2021, quando il talento allora allo Zrinjski Mostar era nella mani dei Granata. Ridurre ogni volta tutto ad un problema di forza economica, non rende veramente l’idea da dove la “barca Toro” stia imbarcando acqua. Bisogna aggiungere, ad aggravare il quadro, come non ci fosse bisogno di una particolare competenza per comprendere lo stato tecnico altamente deficitario della difesa costruita in quest’ultimo mercato estivo. Il disastro di San Siro è solo la certificazione ufficiale di quello che si era già visto nelle amichevoli; insomma, non ci si è trovati davanti ad un evento inatteso.

Testimonianze di alcuni tifosi presenti al ritiro della squadra svolto a Prato dello Stelvio, raccontano di un Leonardo Colucci, vice di Marco Baroni, preoccupato sulla mancanza di giocatori di qualità in alcuni ruoli. Impossibile ritenere che insieme a Baroni non lo si sia fatto presente a Vagnati e Cairo.Ruggero Ludergnani e Davide Vagnati sono il “pacchetto Spal” a cui il presidente del Toro ha da tempo deciso di affidarsi, e visti i risultati forse sarebbe giunto il momento di non mettere in discussione allenatori e proprietà, ma di cambiare la direzione sportiva. E’ un vero mistero il reiterare la permanenza di questi due signori al Toro, colpevoli di aver ridotto la visione del club a quella della Spal. La responsabilità della loro scelta è di Urbano Cairo, ma non potendo “rimuoversi”, sarebbe opportuno che prenda almeno dei provvedimenti di ravvedimento riguardo ai suoi errori, ponendovi rimedio con un quanto mai necessario cambio della guardia. Vasily Grossman, nel suo splendido “Vita e Destino”, scrive che “nella vita chi ha ragione non sempre sa come comportarsi: è irascibile, indelicato, impreca, è intransigente”, e questo stato d’animo alla fine si ritorce contro la ragione per dare spazio a chi l’ha offesa. Spesso le nostre grida paiono giungere da un deserto accerchiato da chi ci vuole lasciare nella nostra disperazione, occorre a questo punto recuperare la lucidità necessaria per chiedere quello che si può realisticamente ottenere, bisogna favorire un clima di inevitabilità delle decisioni. Non possiamo continuare a dirci(lo dico da tifoso del Toro) che Cairo se ne deve andare, perché una speranza(a me graditissima)  non è mai una soluzione, e dopo un pò assume il carattere ciarliero dal sapore salottiero. Non bisogna sperare, ma studiare pragmaticamente come migliorare la situazione, in una delle ore più buie della storia Granata. Altrimenti tutto diviene un retorico lamento da tragedia greca. Davvero si vuole questo?

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

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