- Coppa Italia
- Mondo Granata
- Video
- Redazione TORO NEWS
Einstein e il tempo di recupero
Che il tempo sia relativo lo ha teorizzato Einstein, dilungandosi su concetti difficili come osservatore e spaziotempo. Eviterò con cura di parlare di questo, perché sono il meno indicato per farlo: ero una frana in matematica e fisica ai tempi del liceo e sono tuttora inadeguato a comprendere intuizioni scientifiche di questa portata.
Mi limito a dare per scontato che Einstein avesse ragione su quasi tutto ciò che diceva; del resto, uno che ha inventato l'aforisma Solo due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana. Riguardo all'universo ho ancora dei dubbi, vedeva più in là della maggioranza dei cosiddetti saggi e merita in toto la mia fiducia.
Io della relatività del tempo ho una conoscenza empirica: i pochi secondi in cui il dentista mi inietta l'anestesia nella gengiva mi sembrano più lunghi di un'intera serata piacevole. E, in tema calcistico, trovo che i dieci minuti finali di una partita siano incredibilmente variabili a seconda che il Toro sia in vantaggio o stia perdendo: se si tratta di rimontare, dieci minuti diventano una trentina di secondi di frustrazione, se siamo in vantaggio un'oretta di sofferenza inaudita.
LEGGI ANCHE: Un salutare scapaccione
Il trionfo della relatività del tempo si è raggiunta sabato scorso in quel di Roma, quando quattro miseri minuti di recupero si sono dilatati diventando tredici, tempo giustificato da inopinate situazioni, non ultima una rete segnata da Coco a un soffio dalla fine, che ci avrebbe regalato tre punti di cui avevamo un disperato bisogno.
Da quel momento in poi il tempo è impazzito. Ci si è messo di mezzo il VAR, che si sta trasformando in una macchina ammazza-calcio: chi osa più esultare dopo un goal? L'urlo rimane strozzato in gola, l'occhio teso all'arbitro e alla sua mimica. Anche davanti a reti all'apparenza lampanti, il rischio che un orecchio del bomber si sia trovato oltre la linea immaginaria dell'ultimo difensore turba e reprime la gioia del momento.
Era così semplice, una volta: bastava dare un'occhiata rapida al guardalinee. Se lo vedevi correre verso il centro del campo il goal era buono, definitivamente buono; se invece se ne stava impettito, come un soldato sull'attenti con la bandierina verso il cielo, no.
LEGGI ANCHE: Il sadico piacere della goleada
Parlavamo del tempo relativo di Lazio-Torino: sono consapevole che tutto il recupero ulteriore sia stato giustificato, ma leggere che il rigore biancoceleste è stato trasformato al 103°, un po' di stupore me lo crea. Sì, d'accordo, il pareggio è nato da un nostro suicidio collettivo; sì, d'accordo, non ha senso lamentarsi dell'arbitraggio (e qui mi fermo, ma potrei prolungare a piacere l'elenco dei sì, d'accordo), però, negli attimi che restavano da giocare dopo il nostro goal, sono successe un po' troppe cose.
Certo, mi piacerebbe chiedere ad Einstein che cosa ne direbbe di un finale di match che si allarga come una fisarmonica. Però, pensandoci bene, a uno che ha detto L'uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi, ci sarebbe ben altro da domandare, considerati i chiari di luna che stiamo vivendo.
Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.
Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo
© RIPRODUZIONE RISERVATA