Editoriale / Non si comprende fino in fondo perché Torino-Sassuolo sia stata rinviata e Lazio-Torino no
All’interno del caso Lazio-Torino, che ha “regalato” al calcio italiano l’ennesima magra figura agli occhi del mondo, l’aspetto su cui occorre concentrarsi è la scelta della Lega Serie A di non rinviare la partita quando non più tardi di quattro giorni prima era stata presa una decisione opposta riguardo Torino-Sassuolo. Infatti per entrambe le gare le circostanze fattuali sono state le stesse: sul Torino pendeva un divieto di spostamento imposto dall’autorità sanitaria locale, che ha fin da subito adottato la linea della massima prudenza ritenendo insufficiente la solita “bolla” prescritta dai protocolli sanitari vista la riscontrata presenza della variante inglese nei tamponi dei calciatori granata. Per il Torino, violare questa restrizione avrebbe costituito illecito ai sensi dell’art. 650 del codice penale (Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità).
Eppure, sono stati usati due pesi e due misure: rinvio per Torino-Sassuolo, niente rinvio per Lazio-Torino. A giustificare questa scelta del consiglio di Lega non vale la ragione della tutela del protocollo. Il testo dell’impianto normativo che le società di Serie A si sono date dopo il focolaio scoppiato nel Genoa, il comunicato numero 51 del 2 ottobre 2020, è online e liberamente consultabile da tutti: nei punti 4 e 5 si afferma che il rinvio è decretabile a favore di un club, una sola volta in una stagione, quando emergono dieci positività tra i suoi calciatori nell’arco di una settimana. Tuttavia non è sulla base di quei requisiti che è stata rinviata Torino-Sassuolo, visto che il club granata aveva solo otto calciatori positivi e dunque non aveva le carte in regola per richiedere il rinvio di propria iniziativa.