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Francesco Totti e la fine degli eroi

Francesco Totti e la fine degli eroi - immagine 1
Torna l'appuntamento con la rubrica di Carmelo Pennisi. Il protagonista odierno è l'ex capitano della Roma

Carmelo Pennisi

“Fa la migliore delle cose nella

peggiore delle circostanze”.

Joseph Campbell

Gli eroi promettono molto. Lo fanno con le parole, lo fanno con i gesti, lo fanno perché sono vittime di eccessive aspettative. Fino ad un certo punto della storia umana l’eroe riusciva a sfangarla relativamente al fatto come nessuna persona sia mai all’altezza rispetto a quanto promette. Non esisteva la possibilità per tutti di creare immagini e contenuti video, e non c’erano canali distributivi (i social) accessibili a chiunque. Sì, l’eroe poteva evitare il pubblico ludibrio quando le inevitabili crepe della propria personalità, a cui nessuno può sfuggire, si manifestavano alla vista. Questa riservatezza sul lato oscuro non permetteva alla mondanità di mettere in crisi la luce emanata dalle sue imprese, e l’ingresso nel mito imperituro, almeno per i suoi contemporanei, era assicurato.

Certo, generazioni dopo arrivavano puntualmente i “maledetti” storici con la loro fissazione del “revisionismo” e magari qualche “altarino” alla fine veniva fuori. Ma una volta entrati nel mito nessuna “revisione” poteva mai consentire di ritrovarsi “nudi” di fronte alla Storia. Roberto D’Agostino, nel commentare il patatrac in corso tra Francesco Totti e Ilary Blasi, ha parlato di un certo “orgoglio coatto” presente a Roma nel classico archetipo di coloro non all’altezza di gestire l’aver scalato qualche classe sociale grazie al talento recato in dono dalla sorte. Il “coattismo” colpito da eccessiva fortuna in genere porta in dote protervia e la convinzione di un mondo piegato a tua disposizione, e se sei stato un idolo delle folle del pallone, e se non hai il realismo elegante di sé di un Paolo Maldini, finisci per credere sul serio come, a prescindere da qualsiasi cosa tu combini o dica, niente potrà mai scalfire il tuo status di “Ottavo Re di Roma”. Arrivi a ritenere seriamente, dopo aver addirittura concesso la trasmissione del tuo matrimonio in diretta “Sky” (l’apoteosi del popolano diventato finalmente Re), di poter disporre degli agi della tua fama senza minimamente prendere in considerazione i doveri conseguenti. La percezione è quella da “Marchese del Grillo” di sordiana memoria: “io sono io, e voi non siete un cazzo”.

Bisogna aver vissuto nella Capitale per poter comprendere appieno il motivo per cui l’ex capitano giallorosso si è infilato nel tunnel del “mi è tutto concesso”. Francesco Totti è stato indubbiamente il più grande e importante giocatore della storia della Roma, e ho ancora vivido nella mente il giorno in cui un amico mi portò a vedere una partita degli “Allievi Nazionali” giallorossi e un gol segnato da 40 metri (una cosa stupefacente per quella categoria) da colui che sarebbe diventato l’orgoglio di una città intera, e non solo della parte romanista. Infatti il quindicenne Totti quel giorno ancora non sapeva che sarebbe diventato amico dello juventino Walter Veltroni, inquilino del più alto scranno del “Campidoglio” per ben sette anni consecutivi e fondatore del primo partito progressista italiano.

“Ha rifiutato il Milan di Berlusconi e il Real Madrid”, è il tam tam della favola tutta romanista del desiderio di una città felice di aver trovato la sua cartolina mondiale nello sport più popolare. Il “Pupone” è simpatico ed è romano come non mai, scanzonato fino all’inverosimile quando incide nella memoria di tutti gli italiani il suo “cucchiaio” geniale ad uno stupito Van Der Saar durante la lotteria dei rigori della semifinale degli Europei 2000 contro l’Olanda. I romani sono in visibilio, la storia di Roma ha visto davvero tutto ma è sempre pronta e felice di sorprendersi davanti alle gesta di un suo figlio. Persino i tifosi laziali faticano a parlarne male, perché se c’è qualcosa con la capacità di mettere tutti d’accordo questa è la bellezza disegnata dal talento. Se lo avesse conosciuto Marco Aurelio (sì, proprio quell’imperatore ucciso da un “Commodo” Joaquin Phoenix già calato nei panni folli dell’Arthur Fleck/Joker dalla risata compulsiva che avrebbe interpretato 19 anni dopo “Il Gladiatore”) certamente lo avrebbe ammonito come ci sia “una adeguata dignità e misura da osservare nell’esecuzione di ogni atto della vita”, altrimenti il rischio di ridurti da eroe fatto di carne e sangue a eroe/sagoma diventa elevatissimo.

E nella quotidianità assediata dall’invasività dei social l’eroe/sagoma è destinato ad avere una vita molto breve. Basta una sberla imprevista al “cartonato” ed ecco cadere tutto giù, in una parodia da “caduta degli dei” da far apparire malinconico anche il sorriso con cui raccontavi le tue barzellette in stile “carabinieri” tonti. Non deve sorprendere più di tanto il tono e le parole da lui usate nell’intervista rilasciata al “Corriere della Sera”, non deve sorprendere nemmeno come il maggior quotidiano politico italiano abbia deciso di dedicare un paio di pagine ad una storia di corna e di licenza di poter fare qualsiasi cosa. Ormai lo stile del nostro Paese ha preso la via inesorabile del reality show ad ogni costo. Tutto non è vero, ma in fondo è vero: basta credere al vero e al suo contrario, e vada pure a ramengo la palese contraddizione (in un Paese ostinato nell’ ignorare i libri era inevitabile finisse così). La sintesi dell’intervista è lui che non ha tradito per primo, la mancanza di empatia verso il presunto amante della moglie (“è stato uno choc. Anche che potesse avere interesse per un uomo totalmente diverso da me”), il trafugamento da parte del suocero e di Ilary della sua collezione di Rolex.

Quando si dice volare ad alta quota, altrimenti mica il “Corrierone” si sarebbe mobilitato a raccogliere una testimonianza perfetta per una suggestione da film dei mitici fratelli Vanzina. “Sono felice di avergli dato la possibilità di fare una fiction. Però posso assicurargli che aveva i contenuti anche per farla su di lui. Se me lo avessero detto prima io un paio di scene per fargli fare il pieno ce le avevo. Bastava far vedere quelle e si completava l’audience”, il commento un po’ risentito di Luciano Spalletti sulla pessima figura che il “Capitano” gli fa fare nella nota fiction “Speravo de morì prima” è stato quasi un capolavoro di ironia da parte di una persona praticamente “fucilata” senza nessun appello o contraddittorio attraverso una operazione filmica da questo punto vista molto discutibile. Ma il Totti della fiction di Sky è esattamente il Totti dell’intervista al “Corriere della Sera”, quando gli “scivola il piede dalla frizione” perde contatto con il buon gusto e l’obiettivo diventa esclusivamente “vendicarsi” di un presunto torto subito.

La corsia preferenziale garantita dalla sua popolarità e dall’affetto incondizionato dei tifosi ha sempre fatto il resto. La questione non è stabilire se Luciano Spalletti e Ilary Blasi si siano verso di lui comportati male o meno, perché tanto anche se si potesse venire a conoscenza di tutti i fatti accaduti (cosa impossibile) ognuno guarderebbe le cose secondo il proprio punto di vista e la propria morale. La questione vera è quando non ci si riesce a contenere rispetto ad alcuni rovesci della vita,e nel caso di un eroe ciò diventa davvero una parabola triste considerato non si capisca dove un giorno abbia disperso la bellezza da cui era pervaso. Ci si chiede quando sia cominciata la caduta degli dei e come questa sia stata possibile dopo essere stato in contatto con la perfezione e finanche con la creazione. Da anni provo a capire l’incomprensibile caduta di Lucifero negli inferi senza riuscire a cavarne nessuna spiegazione razionale, se non rifugiandomi nel mistero incomprensibile della vita stessa. “Catch me if you can again”, prova a prendermi ancora una volta mio caro vecchio football. Vediamo se ci riesci; magari con nuovi eroi, magari con nuove storie. Magari…

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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