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Poco male, l’allenatore gli procura un lavoro di giardiniere con cui tirare avanti e sperare un giorno di realizzare il sogno che ti porti dentro. "Non potevo deludere i miei genitori - racconta Tare - , dovevo tenere duro per ripagarli di tutto. Ho avuto paura, ma ho sempre creduto nel destino e della mia capacità di saper cogliere le opportunità se mi fossero giunte". È una storia da film e di Provvidenza quella di Igli Tare, che in parte ha camminato sulle gambe del gestore di vari locali notturni frequentati da dirigenti del Karlsruhe, che prende in simpatia il giovane profugo albanese procurandogli un provino per il club allenato allora dall’iconico coach Winfried Schafer. Quello degli anni '90 era ancora un calcio delle possibilità, ancorato alla tradizione non traumatizzata dalla “Sentenza Bosman”, che dall’inizio del nuovo millennio consegnerà ai procuratori e ai debiti monstre le sorti del calcio mondiale. Era un mondo senza eccessivi filtri a sbarrare la strada e bussando la porta di un club poteva anche capitare che ti venisse aperta. "La mia è stata una favola che non succede mai - racconta oggi Tare -, e quando da direttore sportivo della Lazio mi si è presentato Onazi con un prete ho pensato di dover restituire qualcosa. Il ragazzo era stato rifiutato da otto squadre in Europa e veniva da una realtà africana molto difficile. In lui ho rivisto la mia storia e dopo il provino ho deciso di fargli firmare il contratto con la Lazio. Se lo meritava, infatti poi ha avuto una buona carriera". Eh già, perché il provino con il Karlsruhe poi era andato bene, dopo una fastidiosa presa in giro di Thomas Hassler che aveva invitato Schafer a provinare anche il suo vicino di casa (poi cambierà idea). L’attaccante albanese si scopre forte e in Germania si trova bene, anche perché ha realizzato il suo sogno portato avanti da adolescente; ha la sensazione che si avverte tra le pagine di “Moby Dick” di Herman Melville, dove l’uomo si trova quasi smarrito e furioso di fronte al dilemma dell’ignoto ma conscio della possibilità di riscatto da un momento all’altro. Il sogno però è la Serie A, perché ogni albanese che si rispetti porta nel cuore il nostro Paese e ne onora la lingua imparandola.
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L’Italia per loro è l’Isola che non c’è stanziata davanti alla loro costa, è l’America sognata dai nostri emigranti per quasi tutto il '900. Si sente invecchiato il giocatore di Tirana, e poi in quel momento il nostro campionato è considerato ancora il migliore e il più ricco del mondo. Tare confessa alla moglie come il sogno italiano rimarrà, appunto, un sogno. "Niente ci è dovuto, ma avrai la tua occasione" è la splendida battuta di un film recente (“Father Stu”), e il calcio un tempo era proprio figlio dell’idea che ogni muro può essere abbattuto, ogni resurrezione può essere alla portata. Una settimana dopo la sua dichiarazione di resa, Tare viene sorprendentemente comprato dal Brescia e si ritrova ad essere marcato da Paolo Maldini, autentica leggenda del calcio mondiale, sul prato di San Siro. L’occasione è arrivata ed è anche una esplosione di gioia e orgoglio per tutta la comunità albanese presente in Italia: "Dopo il mio esordio in Serie A mi ricordo molto bene i momenti con gli albanesi. Ovunque andavo per strada uscivano dai negozi e dai ristoranti e volevano baciarmi le mani perché erano molto felici che finalmente un loro connazionale li poteva rappresentare nella miglior maniera possibile. Non ero più un semplice giocatore, rappresentavo il mio Paese e volevo farlo nel migliore dei modi perché sapevo che così avrei aiutato la mia gente". Cosa era il calcio, che sorta di tuffo nel cuore e nell’anima, perderlo nella sua essenza originaria è una ferita dai risvolti amari ed imprevedibili. Lo senti parlare, vedi i suoi occhi illuminarsi di cielo, e capisci come questo figlio di un ex ufficiale dell’esercito albanese, molto noto nel “Paese delle Aquile”, passa quasi ogni momento a ringraziare il destino quasi sentisse di avere un debito con la sorte praticamente inestinguibile. "Vedo la mia storia come un dare motivazione a tanta gente giovane, un invito a non vedere nella vita niente come una sconfitta. Devi avere una voglia e un desiderio di non mollare mai perché tutto si può realizzare, e tutto si può fare meglio": Igli Tare è stato fuggitivo, profugo, esule, un solo paio di scarpe, un giardiniere, ma il suo destino è sempre stato lì, su un rettangolo da gioco. La sua storia avrebbe reso pazzo di gioia uno come Albert Camus, ed io la vorrei dedicare a tutti gli adolescenti del mondo: non abbiate paura delle montagne, perché se anche nascondono le stelle esse stanno sempre lì. Dobbiamo solo prenderle.
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Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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