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Fa quasi tenerezza Javier Tebas, presidente della Liga spagnola, quando sostiene l’irrealizzabilità della SuperLega e invita Andrea Agnelli a cercar di far crescere la Serie A. Fa tenerezza (ma forse è solo strategia quella di Tebas) perché al dirigente spagnolo pare sfuggire ciò che a Vincent Duluc appare abbastanza evidente: “l’Uefa è troppo debole o troppo ambigua per resistere, e ha abbandonato così la vocazione e la responsabilità nell’illusione di mantenere il suo potere. In realtà è stata già scavalcata e ha già perso”. E’ chiaro come per il momento Andrea Agnelli faccia finta di mirare esclusivamente ad una nuova Champions League, dove il 90% dei 20 club più ricchi sarebbero sempre qualificati, ma l’obiettivo finale resta sempre la creazione di un campionato unico europeo in stile USA, dove le squadre non sarebbero altro che franchigie al servizio di un business da vendere al sempre più ricco mercato dell’Oriente. Bisogna tener presente, in questo contesto, come al salario medio sempre crescente dell’operaio cinese, corrisponda la deflazione continua dell’operaio italiano o croato. Il paragone Oriente/Europa diventa drammatico, se si tiene conto del salario medio di un lavoratore giapponese di mille euro superiore a quello del lavoratore italiano. Considerando come tutti gli studi economici indichino il superamento del Pil nominale cinese su quello statunitense entro il 2030, si comprende bene i come e i perché di Agnelli e soci nel tentare di fare del calcio europeo un prodotto da consumo globale, a scapito della tradizione competitiva dello sport continentale.
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Se volessimo considerare la terminologia di Mario Draghi e dei Chicago Boys di Milton Friedman, sarà bene che alcuni presidenti di club nostrani non si facciano molte illusioni (ogni riferimento a Claudio Lotito e ad Aurelio De Laurentiis è decisamente voluto): a parte Juventus, Milan ed Inter il restante lotto dei club italiani, nel disegno di Agnelli e soci, sono semplicemente imprese “zombie”, ovvero destinate a ridimensionarsi drasticamente o a scomparire. E’ pura follia, o inguardabile ingenuità, quella di ritenere i seguaci del neo liberismo pensare alle squadre di calcio come attori di “social responsibility”. Il neo liberismo non ha come riferimento né i diritti dei lavoratori, né la regolamentazione del business, né l’attenzione di un incremento salariale della classe lavoratrice tanto cara ad Henry Ford. Il modello a cui si rivolge l’ECA attualmente presieduta da Agnelli, è quello della “distruzione creatrice”, ovvero la selezione darwiniana delle imprese operata da un mercato lasciato libero di “fare”, tanto applaudita nell’ultima riunione del G30, il think tank di consulenza su questioni di economia monetaria internazionale istituito dalla “Rockefeller Foundation” nel 1978. Il punto di arrivo della “SuperLega” non solo “negherebbe l’essenza, la cultura e la storia dello sport europeo”, ma attirerebbe su di sé quasi tutti i profitti generati dal movimento calcistico europeo.
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Inutile dire niente sul destino riservato a chi non apparterebbe agli eletti della SuperLega: si sarebbe di fronte all’apocalisse di uno sport come lo si è conosciuto e vissuto fino ad oggi. Ecco, dunque, in cosa consiste il cuore della deriva del calcio europeo temuta dal bravo e coraggioso Vincent Duluc, che chiosa l’articolo con un atto d’accusa memorabile, e degna del miglior giornalismo. “Sappiamo cosa sia fondamentalmente ingiusto e pericoloso per il calcio: che sia Andrea Agnelli a disegnare, insieme a qualche amico, il calcio europeo di domani”. L’Equipe schierato con tutto il suo prestigio e il suo peso editoriale a difesa dei diritti dello sport contro dei volgari Chicago Boys del calcio, non può che essere una buona notizia per i tifosi europei. C’è da augurarsi, sul tema, il risveglio della stampa nel suo complesso, prima del compimento dei piani dell’ECA . Mi sovviene una frase di Vincent Van Gogh: “Non bisogna giudicare il buon Dio da questo mondo, perché è uno schizzo che gli è venuto male”. Che dite, vogliamo proprio dare ragione al pittore olandese? Siamo davvero uno schizzo venuto male? Forse l’articolo coraggioso dell’Equipe racconta di uno spazio che ancora c’è per una bella pennellata. Si è di fronte al cambiamento irreversibile di un’Era, o si è al prodromo di una rivoluzione? Sarà interessante, anche se drammatico, scoprirlo.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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