Il tennista non è e non sarà mai la maglia di una squadra di calcio, perché non ha la forza evocativa posseduta da quest’ultima che si trasferisce da generazione in generazione. La maglia rende la squadra di calcio nostra, non il giocatore. Traslare il tifo del calcio al tennis è un tale errore esistenziale e concettuale da lasciare sorpresi non tanto in chi ha una scarsa consapevolezza dell’esistere, ma in chi in teoria dovrebbe avere un grado culturale capace di discernere tra realtà e manipolazione di quest’ultima. Non esistono “tifosi” nel tennis, esistono gli “appassionati”. Stiamo vivendo un contesto sociale banale, dove persino il Presidente del Consiglio esorta Sinner ad andare al Festival di Sanremo, una rassegna canora dove ormai la musica sta come la recita di un Rosario in un postribolo. “Vieni a Sanremo a ricevere l’abbraccio di tutti gli italiani”, gli ha detto il paraculissimo Amadeus, facendo sottendere, e anche qui siamo alla manipolazione attraverso il mito, come tutti gli italiani siano avvinti dai giorni sanremesi. Il verosimile del marketing e dell’Auditel ha ormai abbondantemente soppiantato il vero, facendo precipitare la nostra società nel buio di tenebre dal quale sarà molto difficile venir fuori.
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E’ impressionante come nei numerosi articoli vergati sulla vittoria di Sinner nella terra dei canguri, non ci siano quasi mai riferimenti tecnici sulla finale contro Medvedev. Si è parlato di “testa”, di “umiltà”, della “libertà” lasciata dai genitori, e di tutto quello che nulla ha riguardato con ciò realmente successo in campo a livello tecnico/fisico. Nemmeno Emanuele Audisio e Maurizio Crosetti, grandi cantori di sport de “La Repubblica”, nei loro articoli lo hanno fatto. Tutto molto generico, antropologico, sociologico, psicologico, quasi a voler rimuovere le circostanze tecniche che hanno portato il tennista altotesino alla vittoria: cosa non si vuole raccontare o non si riesce a capire? “Non guastare la festa”, sembra la parola d’ordine circolare per tutta la penisola e forse un fondo di ragionevolezza la cosa ce l’ha, perché tutelare e favorire un futuro radioso di un atleta italiano in uno degli sport più globali e noti non può che far bene al Paese. Abbiamo bisogno di ogni appiglio positivo per far ritornare l’ottimismo dalle nostre parti, ma forse è proprio per questo che sarebbe stato più prudente aspettare conferme sulla reale consistenza del dominio agonistico di Sinner. La vita presente tesse sempre quella dell’avvenire e non c’è niente di effimero nei nostri atti, tutto sostanzia ciò che verrà. Si ha bisogno di miti e non di perniciose cantonate, ma soprattutto si ha bisogno di verità che è l’unica cosa, come ricordato nel noto Libro, a poter rendere liberi.
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Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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