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Parrebbe una favola dei fratelli Grimm, dove i cattivi e gli invidiosi fanno sempre una brutta fine e le buone intenzioni trionfano. Ma il bisogno di avere un concetto di giustizia, nasce proprio perché la vita sovente si sostituisce alle favole come paradigma di un incubo, e i 4 anni da favola di Schwazer vanno a infrangersi, nell’agosto del 2012, contro le trappole a sorpresa sparse qua e là dall’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA). L’annuncio della positività dell’atleta altoatesino all’eritropoietina giunge come una mazzata su tutto il mondo, da tempo asfittico, dell’atletica italiana. La discesa verso l’Inferno della coppia glamour dello sport italiano è così rapida, da far venire la tentazione di non credere più a nessun tipo di favola. Nemmeno a quella di Babbo Natale. È la rottura della connessione dell’immaginazione collettiva con i buoni sentimenti, dove la Kostner non è più la Bella Addormentata nel Bosco, risvegliata a vita nuova dal suo bel Principe, ma solo una complice di Schwazer nel coprire i suoi tentativi di evitare i controlli a sorpresa della Wada. Il marciatore, in una conferenza stampa drammatica, si pente tra le lacrime del suo dissennato essersi rivolto a pratiche dopanti, e giura e spergiura sulla “pulizia” della sua medaglia d’oro olimpica. Ma nessuno gli crede più e la storia d’amore con Carolina, dolce e quasi utopica come uno spot della Ferrero, finisce come un testacoda esistenziale di un qualsiasi film drammatico. Ci vuole un po’ a capire, per chi ha voglia e la necessaria pazienza, come Schwazer decida di dare alla parola “giustificazione” non il significato banalizzante di un maldestro tentativo di discolpa, ma il senso biblico di “farsi giusto” (“se justum facere”), ovvero “diventare giusto”, moralmente retto, in un percorso dove l’atto finale è diventare amico di Dio.
Conseguenza logica è quella di rivolgersi a Sandro Donati, uno dei più importanti allenatori di atletica del Paese e tenace nemico di ogni pratica antidoping. Donati sarà il suo garante nel tentativo quasi impossibile di una sua riabilitazione sportiva. L’obiettivo è quello di ritornare competitivo nell’attività agonistica al termine della squalifica stabilita per il 29 aprile 2016. L’8 maggio 2016 torna a correre e vincere nei “Campionati del Mondo a Squadre di Marcia” organizzati a Roma. Sembra l’inizio di una resurrezione, la dimostrazione chiara al mondo che si può vincere anche senza aiuti chimici. Le olimpiadi di Rio de Janeiro sono alle porte, e Schwazer sogna. Ma il 21 giugno viene annunciata la positività del campione altoatesino ad un controllo antidoping, ed è l’ennesimo sogno infranto. Ma stavolta Schwazer, spalleggiato dall’autorità morale e scientifica di Donati, nega tutto e si fa strada la teoria di un complotto. Ma non c’è niente da fare, e la squalifica comminata è di 8 anni.
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Le storie di Brian Banks e Alex Schwazer hanno un apparente lieto fine, perché due tribunali, uno in California l’altro a Bolzano, li scagionano dalle accuse infamanti “per non aver commesso il fatto”. Sul caso di Schwazer la motivazione del Gip di Bolzano è addirittura inquietante e segna l’inizio di un nuovo capitolo della storia: “I campioni di urina (di Schwazer) sono stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e, dunque, di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore, Sandro Donati”. Il futuro dirà, si spera, cosa ci sia di vero in queste pesanti accuse di un tribunale italiano. Ma il tempo… il tempo continua a scorrere e non c’è giustizia, con tutta la sua accezione polisemica, a poter restituire a Banks e a Schwazer ciò che gli spetterebbe di diritto, perché quest’ultima cosa è proprio il tempo ad essersela portata via. Sperando come queste due storie siano da monito alle coscienze di giudici, avvocati, giornalisti e pubblica opinione, vorrei mandare a Brian Banks e ad Alex Schwazer una specie di cartolina digitale, con su scritto un bel pensiero tratto da “I Ponti di Madison County”: “I vecchi sogni erano bei sogni. Non si sono avverati, comunque li ho avuti”. I bei pensieri non risolvono, ma accarezzano l’anima. In assenza di altro, potrebbero essere una buona panacea da contrapporre a momenti disperati. Proviamoci.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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