UN MINUTO PER SEMPRE
Ci sono minuti che cambiano tutto, che girano la storia di una partita, minuti dove un attimo sei sorridente e quello dopo ti deprimi e, quelli che si ricordano più volentieri, quando passi dallo sconforto al delirio in pochi secondi. Il 7 maggio 2005, contro l’Arezzo, viviamo uno di quei minuti. Il secondo Toro di Ezio Rossi è un gran bel Toro e sta lottando per andare direttamente in massima serie senza passare per i playoff. Al 30’ i toscani usufruiscono di un calcio di rigore. Sconforto sul “Delle Alpi”, Spinesi dal dischetto. Sorrentino figlio è freddissimo, va giù all’ultimo e para. Boato in Maratona, il portiere rinvia, la voce dello speaker che urla “per il Torino ha parato il rigore Stefanoooo SORRENTINO”, l’estremo difensore alza le braccia per ringraziare e non ci siamo nemmeno resi conto di essere dall’altra parte. Balzaretti crossa, la difesa aretina non è perfetta e Marazzina, in spaccata, colpisce al volo e fa venire giù lo stadio. Passare dalla prima esultanza alla seconda in un attimo non è cosa da tutti i giorni ed è quello che renderà indimenticabile una partita, per il resto, bruttarella. La cosa si ripeterà un anno e mezzo dopo. Ad Ascoli Abbiati parerà, al 90’, un rigore a Bjelanovic e, sull’azione successiva, Rosina segnerà il raddoppio che chiuderà la gara. Meno intenso della prima volta, forse, ma ugualmente bello. Anche qui se non c’è il due senza il tre, speriamo ricapiti.
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LA RABONA DI SANTANA
Primo settembre 2012, dopo tre anni di purgatorio lo stadio Olimpico ospita nuovamente, e finalmente, la serie A color granata. Anche se il secondo turno è un Toro-Pescara che sa ancora di serie cadetta sia per collocazione (sabato) che per il fatto che le due squadre sono neopromosse, siamo finalmente tornati. Non è tanto il 3-0, non è tanto l’esordio di Alessio Cerci nel finale, ma è quello che capita a risultato acquisito che ci fa capire che, finalmente, siamo in serie A e, soprattutto, siamo da serie A. Mario Alberto Santana fa un cross di rabona. Non mi ricordo nemmeno se sia andato a buon fine o meno, ma quel colpo, dopo mesi, anzi anni di pane duro, di giocatori che davano del voi al pallone, di colpi di tacco tentati a un metro dalla porta e miseramente falliti, ci ha fatto assaggiare nuovamente il dolce delle grandi giocate. Un modo per dire “ci siamo, eccoci qua” e dirlo in modo figo. Con una rabona.
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LA TRAVERSA DI MILINKOVIC SAVIC
Quella contro il Carpi, a fine 2017, sembrava una normale partita di Coppa Italia, troppo forti noi rispetto a loro, 2-0 già nel primo tempo, ripresa senza spremersi troppo e tanto freddo in corpo. Poi, in pieno recupero, succede qualcosa che trasforma una partita banale in qualcosa da ricordare e, perché no, da raccontare. Il Toro conquista un calcio di punizione centrale, da una ventina di metri. A un certo punto si sente un boato: Vanja Milinkovic Savic, portiere di coppa, corre verso il pallone. Sarà lui a battere il calcio di punizione, lui che in allenamento pare ne segni parecchie. Siamo tutti lì a guardare il nostro Chilavert che prende la rincorsa, tra il timore di una figuraccia e il desiderio di assistere a qualcosa di epico. “OOOOO” d’ordinanza prima della rincorsa e stangata terrificante di destro: traversa piena. Il boato del pubblico è un misto di stupore, ammirazione e disappunto. Però, da quel momento, noi tifosi rincoglioniamo. Sui social, nei messaggi, si scrive una sola cosa: la traversa di Milinkovic Savic. La prima cosa che faccio arrivato a casa, una volta riscaldate le dita, è vedere se c’è già il video su YouTube. E c’è, la bordata è impressionante come sembrava dal vivo. Sdeng. Dei gol di Falque e Belotti, quella sera, si ricordano in pochi. Di quel legno che trema ancora, invece, si ricordano tutti. E speriamo ancora di rivedere quel tiro, ma stavolta un paio di centimetri più in basso.
E speriamo di ritrovarci un’altra volta qui, belli rilassati, per ricordare altre chicche. Mica le ho sparate tutte stavolta. Tutti noi ne abbiamo una marea.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentinie…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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