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Soprannomi granata: e voi li conoscete?

Nel segno del Toro / Torna la rubrica di Stefano Budicin dedicata alle curiosità relative al mondo granata. In questa puntata spazio ai più divertenti nickname della storia del Torino

Stefano Budicin

Si sa che i soprannomi sono da sempre strumento privilegiato di riconoscimento affettivo nei confronti di un giocatore o un personaggio quale che sia. Spesso per ragioni che esulano dal razionale, i soprannomi vengono affibbiati a un giocatore a seconda che il suo carattere o talento evochi una determinata risposta emotiva nel cuore dei tifosi. Ecco dunque qui di seguito alcuni dei più famosi, curiosi e fantasiosi soprannomi che, ne sono certo, voi fedelissimi granata non faticherete minimamente a riconoscere.

Airone

Giorgio Puia, difensore centrale del Toro anni sessanta. Alto, magro e longilineo come un airone. Da qui l'appellativo. Puia è l'espressione più esatta di giocatore intelligente, abile e stratega eccelso, mai un passo fuori posto, agile e svettante. Riuscire a evitare la sua difesa era materia da giocatori esperti. Specialmente nel gioco aereo, dove Puia confermava la sua appartenenza alla specie degli aironi e volava via, portando la palla al sicuro.

Cavallo Pazzo

Soprannome dedicato a Riccardo Carapellese. Nato e allevato nelle giovanili del Torino, Riccardo si guadagnerà la fascia di capitano della squadra dando prova di una velocità davvero ferale, da cavallo pazzo. Abile, scattante ed estremamente creativo nelle giocate, è un campione imprevedibile. Corre sul campo con la stessa perizia tecnica di un giocoliere allenato a fare giochi di magia per incantare il pubblico pagante.

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Elefante

Chi mai si sarebbe permesso di attribuire un simile appellativo a un giocatore del Toro? Rudy Trontel. E il destinatario di siffatto encomio fu Ezio Loik, mezzala destra del Grande Torino. Per quale ragione? Come l'elefante, Loik è di natura docile e mite, mesta e come ritrosa. Come l'elefante, non ama provocare. Ma se messo alle strette è il primo a sfoderare le zanne e a partire alla carica. E quando corre, non si stanca mai. Faticare, per entrambi, è un verbo semanticamente assurdo. Ivo Zubani allorché, nel parlare di Ezio, annota che: "Loik era un trasformista: da elefante qual era diventava gazzella per velocità, volpe per astuzia nel dribbling e infine cavallo iracondo per il forte tiro che possedeva".

Foudre

Termine francese che significa "fulmine". Ed è stato dedicato all'attaccante franco-argentino Nestor Combin. Il suo arrivo a Torino nel 1966 segnerà marcatamente il destino della squadra granata. Combin corre, scarta, tira e segna con la celerità paurosa di una scarica elettrica. Memorabile il derby del 1967, quando il "fulmine" segna tre gol senza battere ciglio né permettere ai tifosi dell'altra squadra di capacitarsene. Una furia che non è possibile arginare o controllare in alcun modo, la sua. Si può solo mettersi da parte e ammirarlo come è d'uso con i lampi.

Franco Tiratore

Non è nient'altri che Franco Ossola. Il celebre attaccante del Grande Torino, guadagnò tale soprannome quando ancora era a Varese a giocare. Negli anni otterrà altri epiteti, tra cui merita menzione il titolo di "baronetto" non appena entra nella squadra degli Invincibili. Frutto dell'eleganza del suo stile inimitabile, certo, ma anche dell'amicizia con il compagno Guglielmo Gabetto, più anziano di qualche anno rispetto a lui e pertanto soprannominato "barone".

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Gambe d'asparago

Sono parole nate da Vittorio Pozzo e dedicate ad Antonio Janni, dopo averlo visto giocare in un praticello alle periferie del capoluogo piemontese. Per quale motivo? Perché all'epoca Antonio, fisico gracile e quasi "di vetro", era appena diciassettenne. E soprattutto proveniva da un paese, Santena, di cui non si finisce mai di lodare la produzione di asparagi, vanto della cittadina. Il talento di Gambe d'Asparago si fa presto notare e il ragazzo diventa uno dei punti di forza della squadra granata. Fedelissimo al Toro, Janni vi rimarrà per il resto della sua carriera.

Giaguaro

I felini hanno da sempre un sesto senso per il pericolo e sanno come fronteggiarlo senza mai scomporsi. Sono forti e aggraziati, meditano e stanno zitti in attesa del momento migliore per colpire. E quando lo fanno sono chirurgici come cecchini. Nel cuore granata chi si è meritato il soprannome di giaguaro è il portiere Luciano Castellini. Arriva a Torino nel 1970 e sin dalla prima partita emerge per le sue doti calcistiche. Tant'è che nell'annata 1975-76 conquisterà lo scudetto.

Poeta

Claudio Sala, così era chiamato dai tifosi il capitano. Perché quando giocava era come una poesia in movimento, che Sala si impegnava a reinventare di volta in volta; ora ne mutava il metro, ora cambiava la rima, ora spostava l’accento, tonico o sillabico a seconda dell’ispirazione. Testa bassa e corpo chino, quasi seduto, tanto il baricentro levitava a pochi centimetri dal suolo. E quando correva, era un susseguirsi di figure retoriche sempre sorprendenti.

Fermiamoci qui perché è facile farsi prendere dal desiderio di inserirne almeno cento. Ma il gioco è bello se viene condiviso con un pubblico di appassionati. Perciò ditemi pure la vostra, cari lettori. Quali sono i soprannomi granata che vi piacciono di più? A quali di essi siete più legati?

Laureato in Lingue Straniere, scrivo dall’età di undici anni. Adoro viaggiare e ricercare l’eccellenza nelle cose di tutti i giorni. Capricorno ascendente Toro, calmo e paziente e orientato all’ottimismo, scrivo nel segno di una curiosità che non conosce confini.

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