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Tifoso del Toro: un “mestiere” sempre più difficile

Il Granata della Porta Accanto / La rubrica di Alessandro Costantino: "La voce di un interesse di Prada e Abramovich per il Toro ribadisce un’esigenza ben chiara nella tifoseria granata: c'è voglia di sognare"

Alessandro Costantino

Ci sono lavori bellissimi e affascinanti, ma che si rivelano frustranti nel lungo periodo per la miseria dei risultati che portano: è il caso, ad esempio, degli astrofisici del programma SETI che da 56 anni cercano di captare dallo spazio segnali di intelligenze extraterrestri senza però aver ottenuto mai neanche il più piccolo riscontro. Oppure del direttore sportivo del Torino che per quanto si ingegni a comprare o a vendere (particolarmente bene, tra l'altro) non viene gratificato da significativi risultati sportivi. Perché un conto è essere direttori finanziari per i quali le plusvalenze delle ultime stagioni sono una grossa soddisfazione, un altro è essere direttore sportivo dove l’aggettivo sportivo sembrerebbe mettere l'accento sull'aspetto meramente legato ai risultati del campo. Gianluca Petrachi è uno stimatissimo ds, invidiato al Torino da tantissimi addetti ai lavori e ormai fidatissimo braccio destro del presidente Cairo. Professionalmente Petrachi è quasi inappuntabile, soprattutto per la capacità di vendere giocatori a cifre molto alte. I problemi nascono sul lato acquisti dove i budget contenuti lo hanno sempre costretto a fare operazioni low cost sin dalla famosa “rivoluzione dei peones” di cui fu fautore poche settimane dopo essersi insediato nella carica che tutt'oggi ricopre. Una volta i direttori sportivi venivano valutati in base ai risultati sportivi che ottenevano (ma pensa un po’…) oggi, invece, da Monchi a Corvino, da Osti a Sartori, e via dicendo, i ds sono valutati per le plusvalenze che generano. E Petrachi è sicuramente tra i migliori in questo senso.

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Poi però c'è il calcio giocato, i tifosi che lo seguono e le squadre che scendono in campo. E in campo non ci vanno le plusvalenze, così come ai tifosi poco frega degli scudetti del bilancio perché, un po’ nostalgicamente, restano legati ai cari vecchi risultati. I tifosi del Toro sono speciali e sui generis, ma ogni tanto anche loro vorrebbero festeggiare risultati veri e non solo tricolori da campionato dei commercialisti. E qui la situazione si complica ulteriormente perché il capo di Petrachi ha dichiarato nei giorni scorsi che il Torino FC non ha obiettivi sportivi per questa stagione e che comunque l'essere stati nella parte sinistra della classifica quattro volte negli ultimi cinque anni è stato un successo enorme. Relativizzando il tutto di sicuro l'ultimo lustro è stato tra i migliori dell'ultimo trentennio, ma non certo la vetta della gloriosa storia ultracentenaria del Toro. Nelle parole del presidente si percepisce una anacronistica superstizione nel non voler fissare traguardi sportivi, quasi che questi avessero perso centralità nell'attività globale del Torino FC: si gioca e si vede come si va, quello che si conclude e in che posizione si arriva, come se in fondo alla fine poco contasse. Il benessere economico del club invece è un pilastro: vero, perché se no non ci sarebbe la possibilità di iscriversi alla serie A e quindi di svolgere l'attività agonistica, ma va bilanciato con la volontà di investire con la giusta proporzione perché senza la capacità di competere perde di senso anche solo intraprenderla l'attività agonistica. Siamo in un vicolo cieco dove per quanto ci si muova non c'è via d'uscita da questa situazione di stallo “dorato”: non si perde terreno, ma non se ne guadagna come nella tragiche trincee della Prima Guerra Mondiale. Ecco perché non mi stupisce la voce uscita in questi giorni su di un interesse di Prada ed Abramovich a rilevare il Toro. Una voce smentita da Cairo e smentita forse anche dall’improbabile abbinamento stesso di Prada ed Abramovich (quali affari in comune possono avere?), ma una voce che ribadisce un’esigenza ben chiara nella tifoseria granata: c'è voglia di sognare, e se il top player non possiamo permettercelo sul campo perché non sognarlo alla presidenza? In fondo non credo che i tifosi “tarperebbero le ali” a Cairo se decidesse di andare via…Gia, noi tifosi… Anche fare il tifoso è diventato un mestiere bello, ma frustrante: siamo sempre più come quegli astronomi del SETI, instancabili nella continua ricerca di ogni informazione, fedeli all’idea di fondo che ci accomuna e in perenne attesa di un successo che non arriva e forse non arriverà mai. Una roba da Toro attuale, insomma.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.