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Toro: addio modello Fila, questo è un paese per vecchi

Invocati per l'intera stagione, catalizzano le aspettative di numerosissimi tifosi: molti, magari, neppure li hanno mai visti in azione ma ne sognano l'esordio con la maglia granata nel palcoscenico...

Diego Fornero

Invocati per l'intera stagione, catalizzano le aspettative di numerosissimi tifosi: molti, magari, neppure li hanno mai visti in azione ma ne sognano l'esordio con la maglia granata nel palcoscenico che più conta, la Serie A.Parliamo dei giovani del Torino, gli under 20, per intenderci, ma magari, più genericamente, gli under 23, considerato che, in granata, in questa stagione l'unico nato negli anni '90 ad aver avuto un po' di spazio, almeno inizialmente, è il centrocampista classe '91, Alen Stevanovic. Con gli Europei Under 21 in corso di svolgimento, del resto, la situazione balza immediatamente all'occhio: di granata non ce ne sono, né ce ne potrebbero essere, considerato che, dei nati negli ultimi 23 anni, gli unici ad aver avuto un minimo di ribalta in palcoscenici che contano sono i due figli d'arte, Gianmario Comi e Simone Benedetti, tra l'altro, anche loro, esclusi dal giro degli azzurrini, nonostante una buona stagione, soprattutto per quanto concerne l'attaccante in forza alla Reggina nella stagione appena conclusa.Del resto, dei '93 aggregati alla rosa della prima squadra di Ventura, Abou Diop, Marko Bakic e, a partire dallo scorso gennaio, Dolly Menga, non possiamo che ricordare qualche fugace comparsata, o poco più. Vera e propria meteora il montenegrino (condizionato, certamente, anche dalla formula contrattuale che, di fatto, lo condannava allo status di giocatore 'in parcheggio'), rincalzo poco convincente il senegalese, cui qualche minuscola occasione è stata concessa, e vera e propria promessa mancata il belga, che ha esaltato i tifosi per fisico, tecnica e temperamento, ma che, di fatto, ha avuto un quarto d'ora a Cagliari per mettersi davvero in mostra.Le 'comparsate' degli under 20 in prima squadra rappresentano una tematica che si interseca strettamente con il 'piano di sotto', quello della Primavera, cui tanta attenzione abbiamo dedicato nella stagione appena conclusa. Simbolo di una situazione un po' contorta è, senza ombra di dubbio, Willyan Barbosa, aggregato allo scorso ritiro estivo come baby-fenomeno (nell'amichevole vincente contro la Lazio fece luccicare gli occhi a non pochi) e poi 'relegato' in Primavera, come rinforzo di lusso per Moreno Longo. Se, a livello tecnico, un'iniziativa simile avrebbe potuto anche considerarsi utile ('Willy', in quanto '94, rientrava pienamente nei limiti di età e fra i coetanei avrebbe potuto fare la differenza, trascinando i suoi verso grandi risultati), certamente un po' stupiva tifosi e osservatori considerare che, a scapito di un giovane che Ventura, con una scelta magari discutibile ma comunque ben chiara, impiegava da terzino, anche a sinistra come ai tempi delle giovanili in Brasile, venissero integrati in rosa il 'vegliardo' Alessandro Agostini (mai neppure fatto esordire in Serie A e ceduto prontamente al Verona), ed il 'gordo' Pablo Caceres, coi risultati che, tra l'altro, conosciamo bene.Al di là di Barbosa, che la prima squadra l'ha assaggiata con gusto, come una donna deliziosa concessa e poi scomparsa per incomprensibili motivi, certamente neppure quell'Abou Diop che tra le due categorie ha fatto la spola sia nella parte iniziale, sia nella parte finale del campionato, avrà potuto fregiarsi della migliore serenità, come, del resto, è stato ben rappresentato dalla condizione mentale del senegalese nelle ultime uscite della Primavera, quarti di finale contro la Lazio su tutti. Ma ciò che oggi impensierisce è: nei panni di chi verrà, ed i maggiormente indiziati a vivere questa condizione di precarietà sono il talentino di centrocampo Emanuele Gatto ed il centrale difensivo Davide Cinaglia, quali potrebbero essere le nostre aspettative? E' veramente un sogno, a queste condizioni, la maglia granata se indossarla in Serie A rappresenta poco più che un gesto simbolico, traducendosi, di fatto, in un anno trascorso in panchina laddove si sarebbe potuti essere titolari indiscutibili altrove?Tematica non certo di poco conto, questa, che si sta ripresentando con una certa urgenza alla dirigenza granata, alla quale dovrà richiedersi certamente una qualche iniziativa che possa sbloccare, almeno in parte, questa situazione. Mister Ventura, con buona pace dei tifosi che invocano la forza del vivaio, è stato sufficientemente chiaro: nelle sue squadre, soprattutto se invischiate nella lotta salvezza, come è avvenuto nella stagione appena conclusa e come, ahinoi, è molto probabile avvenga in quella futura, non c'è spazio per giovani inesperti. Può condividersi, come non convidiversi, ma rebus sic stantibus, è lecito attendersi nuovamente una stagione nella quale i Barbosa, i Gatto, i Cinaglia e l'ormai quasi 'veterano' (mi si perdoni l'ironia) ventunenne Diop, non avranno a disposizione spazi nei quali mettersi alla prova.Non si intenda come una critica al 'modello Ventura', la nostra, quanto piuttosto una constantazione del tramonto, ormai pressoché inesorabile di un altro modello, il 'modello Filadelfia', quello che ha forgiato i giovani granata per generazioni e che, fino agli anni '90, rappresentava un modello per il panorama nazionale, paragonabile al modello oggi rappresentato dal Barcellona sul panorama globale, quello del 'vivaio per eccellenza'. Che poi a Torino, club che nell'oro non ci ha mai navigato riservando simili fasti ai 'cugini' bianconeri, in un modo o nell'altro, prima o dopo, i giocatori si rivendessero, era nell'ordine delle cose: ma non prima di aver concesso loro la passerella, e talvolta anche la gloria, di quella maglia granata che tanto sudore era destinata a raccogliere, nei sogni di chi osservava. Non è certo Ventura l'artefice di questo declino, considerato che il tecnico genovese altro non si è limitato a fare che a traghettare i granata verso una salvezza che, oggettivamente, è già un risultato da tenersi stretti. Lo è assai di più la società, cui va dato il merito di aver lavorato sodo per ricostruire un grande settore giovanile, ma cui è mancato lo slancio per raccoglierne appieno i frutti, contando sui propri ragazzi e dando loro la fiducia che meritano. Che sia il quasi-bianconero Ogbonna l'unico frutto del vivaio ad aver seriamente calcato i palcoscenici che contano, è un'anomalia e una stortura: che si faccia cassa è sacrosanto, ed ogni tifoso, anche quelli che, quando ero bambino, promettevano guerra civile alla cessione di Lentini, in cuor loro lo sanno. Che non ci siano alternative, però, è un ragionamento assai più arduo da accettare per chi sogna che il Filadelfia non siano soltanto quattro mura ma il simbolo di una rinascita. E che chi indossa la maglia granata, sotto i riflettori dell'Olimpico, se la sia sudata e meritata portandola per anni nei campetti sintetici e polverosi del calcio giovanile. Proprio come quei giovanotti che abbiamo elencato, e come molti altri che verranno, e che in queste settimane di incertezza sul proprio futuro non potranno che pensare: questo, purtroppo, è un paese per vecchi. Neppure dal cuore granata, o da quel poco che ne resta, oseremmo aggiungere.Diego Fornero