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Esclusiva

Antonio Pigino ricorda Edmondo Fabbri su TN: “Pose le basi per lo Scudetto”

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In esclusiva su Toro News le parole dell'ex portiere e allenatore granata che ricorda l'indimenticato Edmondo Fabbri, a 104 anni dalla nascita
Andrea Calderoni
Andrea Calderoni Caporedattore centrale 

Il 16 novembre 1921 nasceva a Castel Bolognese Edmondo Fabbri, uno che ha scritto capitoli e capitoli importantissimi della storia del nostro calcio. E tra questi capitoli alcuni sono anche tinti di granata. Fabbri è stato allenatore del Torino tra il 1967 e il 1969 e poi nell'anno antecedente l'ultimo scudetto, ovvero nella stagione 1974/1975. Cinquant'anni fa l'ultimo anno dell'ex commissario tecnico della Nazionale italiana sulla panchina del Torino, trent'anni fa la sua scomparsa, avvenuta l'8 luglio 1995. A Toro News sembrava doveroso celebrare questa straordinaria figura del calcio nostrano (Fabbri troppo spesso viene ricordato soltanto per la fatal Corea del Nord nel Mondiale inglese del 1966). Per parlare di Fabbri interviene in esclusiva su TN Antonio Pigino, ex portiere e allenatore granata.

Buongiorno Antonio. Prima di tutto come sta?"Ormai ho una certa età e giunto a questo punto della mia vita mi capita spesso di ripensare al mio momento in granata. Fu un periodo alquanto intenso. Arrivai al Torino a 14 anni, tifavo il Torino sin da bambino; feci tutta la trafila, poi andai in prestito fuori e al termine della carriera tornai granata nelle vesti di allenatore a partire dal 1997. In tutto sono stato circa vent'anni nel Torino e posso affermare che ho dato il mio contributo, credo di aver fatto il mio compito. Ho avuto la possibilità di essere calciatore e allenatore della squadra del mio cuore, ho affiancato in Prima Squadra Camolese e Zaccarelli, ho ottenuto due promozioni dalla Serie B alla Serie A, ho vinto con la Primavera molti trofei. Direi che tutto quello che ho conquistato con il Torino mi permette di vivere una serena e gioiosa vecchiaia".


Parliamo di Edmondo Fabbri. Cosa ha rappresentato nella sua carriera?"Beh è stato decisivo. L'8 dicembre 1974 mi ha fatto esordire in un derby perché Luciano Castellini era appena stato operato al menisco. Per quei tempi ero un portiere giovane. Mi diede fiducia e penso di averlo ricompensato". 

Che persona era? "Era una persona di grande acutezza mentale e soprattutto aveva una grande reattività mentale. Era una persona dai trascorsi davvero importanti. Di Fabbri serbo un ricordo bellissimo. Quando io andai alla Sambenedettese in Serie B, affrontai spesso squadre emiliane e romagnole e immancabilmente al triplice fischio mi passava a salutare negli spogliatoi". 

Ebbe un ruolo nello Scudetto del Torino del 1976?"Sì, assolutamente. Lui nella stagione 1974/1975 pose le basi per poi quello che sarebbe stato lo Scudetto con Radice. Nell'estate del 1975 arrivarono Pecci dal Bologna, Caporale in aggiunta a Pecci e Patrizio Sala dalla Serie C. Dunque, l'ossatura che aveva Fabbri era la medesima di Radice. Non voglio togliere nulla a Radice che diede una mentalità diversa a quella squadra, diede la mentalità inedita in Italia di un calcio totale, olandese. Fabbri diede inizio al processo, poi Radice lo concretizzò". 

Prima ha detto che il ricordo del Torino è molto dolce. Le dispiace non aver vinto lo Scudetto del 1976?"Bisogna ricordare che prima di una partita contro il Milan mi ruppi un piede e a Milano giocò l'amico Manfredi. Io recuperai da quell'infortunio soltanto verso la fine del campionato quando era già arrivato Radice. Io avevo l'ambizione di giocare ma al Torino c'era un grande portiere e un grande uomo come Luciano Castellini. Di comune accordo con la società e con Radice, che portò come dodicesimo Cazzaniga, suo uomo fidato, decidemmo di passare alla Sambenedettese dove rimasi per tanti campionati togliendomi parecchie soddisfazioni". 

Fabbri viene spesso citato per la disfatta contro la Corea del Nord. Negli scorsi giorni il commissario tecnico della Nazionale Gennaro Gattuso si è indignato per la contestazione ai danni degli azzurri. Ha fatto bene?"Contestare la Nazionale non è semplice e facile, anche se ormai la Nazionale è considerata alla pari di un club, una volta non era così. La Nazionale deve produrre dei risultati, quindi se non fa risultato viene contestata come un qualsiasi club. Per me Gattuso ha voluto trasmettere un'idea di attaccamento e di partecipazione, un'idea rivolta soprattutto allo staff e ai giocatori convocati". 

Il Torino d'oggi le piace?"Chiaramente tutti gli anni la società cambia molti elementi e come sempre c'è bisogno di un periodo di rodaggio e di assestamento. L'allenatore sembra pacato e consapevole, sta assemblando tutto. Gli interpreti mi sembrano all'altezza per un buon campionato, anche perché uno dei reparti più carenti degli ultimi anni, l'attacco, è stato ben potenziato". 

Paleari nelle ultime giornate ha fatto talmente bene che ora è difficile rimettere Israel?"Le parate di Paleari sono state parate di chi ha curato per tanto tempo i suoi allenamenti. Non è facile allenarsi forte quando non hai l'obiettivo domenicale della partita, lui c'è riuscito e si è visto sul campo. Credo che Paleari ha dimostrato concentrazione, voglia e attenzione e il suo posto da titolare dev'essere ricompensato".