interviste

Castellini, la zampata del Giaguaro

Terza puntata della nostra rubrica di avvicinamento al centenario granata. Protagonista è Luciano Castellini. Il Giaguaro nasce a Milano il 12 dicembre del 1945. Milita in serie B e C con il Monza prima di approdare...

Redazione Toro News

"Terza puntata della nostra rubrica di avvicinamento al centenario granata. Protagonista è Luciano Castellini. Il Giaguaro nasce a Milano il 12 dicembre del 1945. Milita in serie B e C con il Monza prima di approdare nel 1970 al Torino col quale vinse lo scudetto nella stagione 1975/76. Esordisce in Serie A il 27 settembre 1970 Torino-Foggia 1-1. Ha chiuso la carriera da calciatore nel 1985 dopo aver disputato sette stagioni con la maglia del Napoli totalizzando 403 presenze in campionato. Ha al suo attivo una presenza in Nazionale (26 gennaio 1977 Italia-Belgio 2-1).

"Soprannominato "Giaguaro" per la sua agilità felina, è stato considerato uno dei migliori portieri d'Europa nel periodo in cui in Italia brillava la stella di Zoff. Spericolato sia fra i pali che in uscita sapeva essere spettacolare specialmente nelle parate in volo o in presa. Oggi è preparatore dei portieri Under21 e dell’Inter.

"Castellini e il calcio. Il Giaguaro inizia ad uscire dai pali molto presto…

""Sono arrivato dalla serie B in punta di piedi. All’epoca ti prendevano al Toro solo in virtù di due caratteristiche: quella tecnica e quella caratteriale. Gli osservatori granata, i cosiddetti Professori “Bida” Ussello, Bearzot, Cozzolino, Zambroni, mi avevano già visto nel Monza, dove si parlava di me già come di un portiere tutto genio e sregolatezza. Ma vennero e videro e raramente all’epoca sbagliavano un acquisto. Probabilmente oltre alle doti acrobatiche, al senso della posizione, alla guasconeria e alla spericolatezza nelle uscite, loro avevano intravisto quelle doti morali che sono necessarie a diventare un giocatore del Toro. Fui accettato subito nel gruppo, ma in ogni caso ero uno che sapeva farsi rispettare…".

"Beh non aveva una responsabilità da poco, cioè si apprestava a sostituire fra i pali un immenso portiere e un beniamino dei tifosi come Lido Vieri…

"“Esatto. Ma Castellini usciva dai pali con disinvoltura e con la stessa disinvoltura entrò in sintonia con tutto l’ambiente. Una magia che gli otto anni trascorsi al Toro come calciatore hanno contribuito a consolidare e che ancora adesso mi accompagna ogni giorno…”

"Una magia. Come una magia doveva essere entrare al Filadelfia nel 1970 e essere parte integrante di quelle squadra che stava per essere edificata e che avrebbe condotto ad un quinquennio fulgido e inarrivabile…

""Io e Sala dal Monza, anche Paolino Pulici fu preso dalla Primavera e inserito in rosa proprio quell’anno. Giorgio Ferrini grande capitano vigilava sullo spogliatoio e gradualmente faceva in modo che i giovani diventassero titolari senza quasi accorgersene. Poi la squadra era già solida e per così dire con un Cuore Toro pulsante niente male: Agroppi, Cereser, Puia, il mio amico Rampanti, Fossati…una sorta di transizione. Un passaggio del testimone fra l’ossatura della squadra che aveva vinto la Coppa Italia, che avrebbe conteso fino all’ultimo nel ’72 alla Juventus e quella meravigliosa del 76…".

"La Leggenda del Filadelfia. Pulici e Agroppi mi hanno descritto questo impatto come di qualcosa di mistico. Come se varcare la soglia di quello Stadio avesse lo stesso valore e la stessa suggestione di entrare in un luogo sacro, in un tempio…”

""Quando sei giovane non lo capisci subito. Forse perché sei distratto da altre cose: dalla carriera, dall’emozione e dalla responsabilità di indossare la maglia di uno dei più gloriosi club del mondo. Hai per così dire una percezione di straordinarietà quando entri al Filadelfia. Poi con gli anni ti rendi conto cos’era quella sensazione. Era quella magia di cui parlavo prima…quella diventa la tua casa. Diventa un luogo talmente familiare, inconscio che ti entra nell’anima…noi fra calciatori non ci dicevamo -dobbiamo andare la campo- o -dobbiamo andare a fare allenamento. Noi dicevamo:”andiamo al Filadelfia”. Era tutto, insomma. Era l’odore degli spogliatoi. Quell’olio canforato, quella muffa strana che raccontava di leggende. La sacca delle maglie con cui ci allenavamo era ancora quella dei Miti. Le maglie sdrucite e rattoppate che usavamo per allenarci erano le loro. Capisci…proprio le loro… Era un orgoglio sentire quel profumo. Ti acconto una cosa. Due o tre anni fa sono passato dal Filadelfia. C’era la traversa della porta su cui mi allenavo. La traversa di legno alla quale mi appendevo dopo ogni balzo, ogni guizzo, ogni deviazione durante gli infiniti allenamenti. Era per terra, fra l’erba alta, le pietre e i fossi. Ora io in casa mia ho un pezzo di legno. È un pezzo della porta del Filadelfia. È il mio più grande cimelio. Quando viene qualcuno a trovarmi e fra coppe, medaglie e trofei vari vede quel pezzo di legno e mi chiede cosa è quell’affare lì? io rispondo che quello è il pezzo pregiato. È il mio orgoglio, quel pezzo di traversa del Fila. Una reliquia. È la cosa più importante che ho".

"Da un luogo mistico ad un altro. Lei è il Giaguaro per la Maratona. Ancora oggi l’ideale del portiere granata di tutti i tempi. Coraggioso, umile, folle e romantico…

""Sono felice di essere rimasto nel cuore di tutti i tifosi granata, ma della Maratona in particolare. Pupi si girava e segnava sentendo semplicemente il ruggito della curva. Era il suo radar. Io mi esaltavo ad ogni parata come se avessi segnato un gol visto l’entusiasmo con cui si sottolineavano le mie acrobazie, le mie uscite spavalde…ma anche come venivano perdonate le papere e le prestazioni sottotono…. Avevano grande rispetto di me. Tornavo a casa con gli Ultras insieme a Pupi e Sala. Abitavamo insieme in appartamento a Santa Rita allora. Erano altri tempi. Ma il cuore della Maratona è sempre lo stesso".

"Il Giaguaro e la metropoli…

""Niente distrazioni. Io venivo da un piccolo paesino sul lago di Como. E qui a Torino vivevamo, soprattutto agli inizi, come in collegio. Gli allenatori, da Fabbri a Giagnoni, venivano fin quasi a rimboccarci le coperte. Adesso se non sei fidanzato con una velina non sei un buon calciatore…all’epoca sul Guerin Sportivo l’ultima pagina era dedicata ai gossip, ed essere beccato a bere un’aranciata dopo le undici di sera era uno scandalo…altri tempi…se ti sposavi il primo anno era una tragedia…chissà non rende, è spompo e così via…".

"Calcio e sesso… di Pupi, quel toscanaccio di Agroppi racconta che lo faceva fino alla sera prima di scendere in campo

""Guarda, Pupi era un fenomeno. Aveva un fisico tremendo e non aveva problemi…ma lo sai Aldo fa sempre della letteratura, deve sempre colorire…è un grande Aldo…e ha il Toro come ossessione".

"Lo squadrone del '76. Dopo l’amarezza dello scudetto scippato nel '72 finalmente il sogno si corona. Ritorna il granata a rinverdire i fasti di Superga…il Cesena vi ferma sul pareggio interno, ma la Juve cade a Perugia, con lo zampino proprio di Agroppi. Il Comunale esplode nel cielo e i Miti vi guardano…

""Quanti ricordi. Come si fa a raccontare un solo episodio? Una sola partita? Adesso che ho i capelli grigi, quanti pensieri che mi assediano la mente. Mi trema la voce e i polsi solo a parlarne con te…ancora adesso. È una parte di noi, è la nostra vita. quando vinci uno scudetto con la maglia del Toro, la tua vita, cioè quello che hai fatto prima e quello che farai dopo non conta più. Conta solo quello scudetto. La tua vita. appunto. Ricordo tutto di quel giorno. Il caldo asfissiante. Il sole accecante, un sole granata. La gente che invade il prato, la Maratona che non ha spazio nemmeno per uno spillo e non c’era nessun essere umano che non avesse qualcosa di granata da sventolare o da indossare…Radice portato in trionfo…noi che ci sentivamo degli Dei…".

"Durante un derby però…

""Sì, dalla Filadelfia mi lanciarono un candelotto fumogeno in testa. Certe cose sono sempre successe e fanno parte del calcio in fin dei conti. Io paravo tutto a Bettega, a Causio e loro non vincevano mai contro di noi e allora cercarono di abbattermi con l’artiglieria…".

"Il Giaguaro e il calcio moderno

""Non è cambiato niente ed è cambiato tutto. Forse adesso ci sono più interessi, più informazione invadente e superflua. Più immagine e meno sostanza. Ma in fin dei conti il portiere para sempre con le mani, l’attaccante deve fare gol e i difensori picchiare. Ecco forse una volta picchiavano di più, ma erano migliori di adesso…però allora la maglia ce l’avevamo appiccicata addosso. Era una seconda pelle. Oggi i calciatori passano come meteore. E non hanno sentimenti. Solo professionalità…forse".

"Giaguaro e la Nazionale

""Ho giocato una gara ufficiale. Contro il Belgio e un paio di amichevoli. Era più difficile giocare. C’erano meno infortuni, si disputavano meno gare. Avevo davanti un amico disponibile ma insuperabile come Dino Zoff. Molte volte lui si offriva di farmi giocare. Una volta che dovevo sostituirlo mi svegliai col torcicollo. Un’altra volta presi gol da un portiere su rigore ( Piot portiere fiammingo in Italia-Belgio, nda). Ma arrivare in Nazionale allora era un orgoglio. Allora c’era una casta di fenomeni fra i pali: Zoff, Albertosi, Cudicini, Vieri, Superchi non c’erano bluff fra i pali. . Andai anche ai Mondiali: fui convocato tra i 22 nel 1974. Eravamo i migliori portieri del mondo. Con Dino inoltre c‘era il pepe della continua stracittadina, ma eravamo amici…e lo siamo rimasti al punto che è il mio testimone di nozze".

"Il 4 maggio del 2005.

""Non c’era più niente al Filadelfia. Quando arrivammo la sera prima. Il giorno dopo c’erano ventimila, trentamila, cinquantamila persone. C’erano i figli dei tifosi della nostra epoca e i padri insieme. Io li conoscevo quasi tutti quei ragazzi degli anni Settanta. Ci siamo salutati, abbracciati come se non fosse mai trascorso un giorno da allora. Sono rimasto in contatto con Rampanti (siamo insieme nello staff dell’under21), lui mi tiene aggiornato sull’Associazione Granata. E mi racconta che è ancora molto forte a Torino questa passione per la memoria, per non lasciare scomparire questo patrimonio dei tifosi del Toro ma di tutto il calcio mondiale. Ed è una cosa che si tramanda di generazione in generazione e non morirà mai…".

"Il Nuovo Toro di Cairo. Prospettive per il futuro?

""Non conosco personalmente i nuovi dirigenti. Ma mi sembra che i presupposti ci siano tutti. Non andremo in A solo perché ci chiamiamo Toro. Nessuno ti regala niente. Bisognerà lottare. Come al solito. Mi piacerebbe conoscere Cairo e consigliargli di essere innamorato del Toro come lo fu Orfeo Pianelli. Di essere sanguigno e di rispettare la nostra gente, perché merita solo amore e onore".

"Il Futuro del Toro in campo. Conosce bene Rosina e poi…

""Alessandro ha i numeri per diventare un campione e ha il cuore e la passione da Toro. Ha rinunciato alla serie A per stare al Toro. Ma la mia segreta speranza è un ragazzino del mio paese che gioca nella Primavera. Mattia Ortelli. Quando la sera lo chiamo gli dico:” Guarda che indossi una maglia vera. Anzi La Maglia Vera. Onorala!”.

"Quante soddisfazioni sotto quella Curva. Con quella maglia grigia bordata di granata e i guanti neri a celare gli artigli retrattili del felino.

""Ma la soddisfazione più grande rimane lo scudetto conquistato nel 1976 con appena 21 reti subite in 29 gare e anche lo storico secondo posto dei 51 punti dell'anno seguente con la bellezza di 14 reti subite in 28 gare di campionato. Record imbattuti. Altrimenti che Giaguaro sarei stato?".

"Di Castellini non si ricordano papere ma solo grandi parate, plastiche, plateali e divertenti. L'unico difetto, negativo per un portiere, deve ammetterlo è forse l'emotività che lo blocca in una storica gara di Coppa dei Campioni...

""Capitò contro il Borussia Moenchengladbach. All’inizio del secondo tempo fui espulso e Graziani fu costretto ad indossare i guanti per difendere la porta dei granata. Beh, Ciccio dovrebbe ringraziarmi per quell’episodio. Tutti infatti lo ricorderanno come grande portiere piuttosto che come mediocre centravanti…a parte gli scherzi è vero. Sentivo molto quella gara e commisi quella sciocchezza, ma Ciccio era un grande in qualsiasi zona del campo e in qualsiasi ruolo. Un fuoriclasse oggi anche sui teleschermi mi pare…".

"Se le chiedessero di dipingere un’immagine che rappresenti i cento anni del Toro, oppure un aneddoto un ricordo cosa descriverebbe?

""Quando passai al Napoli, nel 1978, fu una tragedia per me tornare da avversario. Eppure fui accolto come un re. Dalla Maratona, dal Comunale intero. Per tre o quattro stagioni non presi gol a Torino. Sembrava quasi che gli attaccanti del Toro dopo di me avessero timore e evitassero di farmi gol per rispetto…per essere del Toro per tutta la vita basta indossare quella maglia anche solo per un’ora. È qualcosa di unico, di ineguagliabile".

"Giaguaro Oggi

"Continua a volteggiare da un palo all’altro. Sono nello staff dell’Inter e sono il preparatore dei portieri della Nazionale Under21. Quando non lavoro, mi alleno e vivo con la mia famiglia sul lago di Como. Ma il Toro è sempre qui. Nel mio cuore".

Domenico Mungo