interviste

Diego Fuser: ”Toro, il potenziale c’è”

Con Toro ha aperto e in granata ha chiuso. Ma in mezzo, oltre allo scudetto con il Milan e alla lunga parentesi in maglia Lazio, c’è stato anche molto Parma. Oggi che Diego Fuser vive il calcio dei pro da spettatore e tifoso,...

Federico Danesi

Con Toro ha aperto e in granata ha chiuso. Ma in mezzo, oltre allo scudetto con il Milan e alla lunga parentesi in maglia Lazio, c’è stato anche molto Parma. Oggi che Diego Fuser vive il calcio dei pro da spettatore e tifoso, questo Toro Parma che si approssima è come un tuffo al cuore.

Quelle che ha vissuto lei da protagonista sono state partite dal sapore diverso, dagli obiettivi diversi. Qualche rimpianto?“Personalmente no, sono state sempre occasioni importanti. Ma spiace vedere che due realtà importanti del nostro panorama, una se vogliamo più storica e l’altra di nobiltà più recente vivano un periodo così lungo di anonimato. In fondo però era logico, il calcio è fatto di cicli e penso che prossimamente entrambe siano pronte ad aprirne uno anche se nel calcio moderno risulta comunque più difficile”.

Del Toro di Ventura, visto da fuori, che impressione si è fatto?“Sono stato al Comunale nella partita contro l’Inter e decisamente il risultato doveva essere diverso. Mi pare una squadra ben concepita, completa in ogni reparto. Ma forse il grande successo di Bergamo aveva illuso potesse puntare a qualcosa in più e qualcuno si è rilassato. In ogni caso i giocatori per fare bene ci sono”.

Come Cerci, uno che gioca in quella che è stata anche la sua posizione. Troppo facile giocare se si è il cocco dell’allenatore?“Beh, lui è arrivato a Torino perché Ventura lo voleva fortemente. Ma in carriera ho imparato che le simpatie non portano a nulla, se non rendi puoi anche essere il preferito e finire fuori. Lui ha in numeri per fare la differenza ma deve ricordarsi, come tutti, che è tutto legato ai risultati più che alle prestazioni”.

Al fianco di Bianchi si sono alternati in molti. Lei chi vedrebbe meglio?“Con Ventura sembra che Rolando soprattutto debba giocare di sponda, quindi serve un giocatore che si sappia muovere attorno a lui, che riesca ad interpretare al meglio i movimenti. Ventura, che li segue tutti i giorni, saprà chi scegliere”.

Ogbonna oggi è un simbolo come lo eravate lei e Lentini a fine anni Ottanta. Quanto sarà difficile trattenerlo?“Quasi impossibili, perché uno con la sua classe merita una squadra al top in Italia e in Europa. L’unica speranza per i tifosi è che gli costruiscano attorno una formazione in grado di lottare per grandi obiettivi, ma mi pare difficile”.

Lei intanto torna in campo con il Colline Alfieri Don Bosco di Promozione. Nostalgia del campo?“Semplicemente voglia di divertirmi com’è stato a Canelli e Nizza”.

(foto M.Dreosti)

Federico Danesi