di Valentino Della Casa - Dalla Nazionale con la Samp alla B con il Torino. Sono stati due periodi completamente diversi quelli che Aimo Diana ha vissuto con le due compagini che domani sera si affronteranno a Marassi. Nel triennio in blucerchiato (16 gol in 94 gare), la carriera del calciatore di origini bresciane ha avuto picchi molto importanti, tanto da ricevere la convocazione con gli azzurri e la chiamata da una squadra rampante come il Palermo. Con i granata, dopo un ottimo inizio e la salvezza raggiunta con De Biasi nel 2008, Diana ha subito insieme ai compagni, l'anno successivo, l'onta della retrocessione, per poi addirittura finire fuori squadra a metà della stagione con Colantuono, chiudendo la sua esperienza con una cessione al Bellizona con molte polemiche a poche occasioni per chiarirsi. Dopo molti mesi di silenzio, il giocatore del Lumezzane concede un'intervista esclusiva a Toro News, per ricordare il suo passato, anche nei suoi risvolti più amari.Aimo Diana, innanzitutto che squadre sono la Sampdoria e il Torino di quest'anno?Vedo due compagini costruite per vincere, con tantissima qualità che devono ambire a raggiungere la A, sia per il blasone, sia per l'ambiente. Mi sembrano molto l'Atalanta e il Siena dello scorso anno, cui bisogna aggiungere anche un Padova molto agguerrito. Personalmente credo che le prime due abbiano qualcosa in più rispetto ai patavini. La Samp secondo me potrebbe già giocare in A e non sfigurare, il Torino invece ha trovato -credo e spero- la quadratura del cerchio, con un allenatore bravo e anche fortunato. Ma non prendetelo come un demerito, nel calcio un pizzico di fortuna serve eccome.E personalmente, come sei rimasto con la Samp e con il Toro?In blucerchiato ho vissuto il mio miglior momento della carriera. Avevo venticinque anni, quindi l'età giusta per provare a sfondare, e sono arrivato in Nazionale. E poi, grazie a loro sono riuscito ad andare in squadre del calibro del Palermo e del Torino. Già, perchè io non ho alcun rimpianto: in granata, dovessi tornare indietro, ci andrei di nuovo. Umanamente mi sono trovato molto bene, ho ancora tanti amici, mentre sportivamente ho vissuto brutti momenti. Io e tutti i miei compagni, sia chiaro.Ma cosa è successo, quell'anno maledetto della retrocessione?Lo sapete meglio di me com'è andata: non ha funzionato nulla e alla penultima partita il Genoa ci ha condannati. Probabilmente, se fossimo rimasti in A, attualmente il Torino non si ritroverebbe nella serie cadetta. Poi, naturalmente, i tifosi se la prendono con i giocatori che hanno più nome: in questo caso erano i Diana, i Di Michele e via discorrendo. È un atteggiamento che capisco, anche io probabilmente l'avrei fatto. Quello che non tollero, però, è stata la mancanza di rispetto nei miei confronti. Mille voci sul nostro conto, addirittura che ci fosse un caso scommesse: tutte falsità, anche se a Torino è difficile riuscire a dimostrare il contrario. C'è stato un forte attacco mediatico nei nostri confronti, tanto che venne coniata la parola “epurati” che ci siamo portati addosso come etichette. Purtroppo il rapporto con la tifoseria si è incrinato per colpa dei mezzi stampa, che spesso seminavano zizzania se potevano. Non voglio fare polemiche: sto soltanto ricordando i fatti, molte cose le ho già dimenticate e ci ho messo una pietra sopra.Anche la società ebbe però le sue colpe.Sì, probabilmente siamo stati lasciati troppo soli al nostro destino. Io non critico la scelta di doverci vendere, ma quanto ci era stato detto prima. Appena retrocessi, ci venne chiesto di restare e di fare da uomini spogliatoio, vista la nostra esperienza. Solo che dopo hanno iniziato ad attaccarci, e di colpo siamo diventati tutti capri espiatori. Volete sapere una cosa? Io ero quello che faceva più scherzi di tutti nel gruppo, altro che spacca spogliatoio! Dovevamo essere più tutelati, ma purtroppo è andata così. È stata fatta anche tabula rasa, ma il Toro è rimasto ancora in B. Una cosa che mi rammarica molto, tra l'altro. Una figura che è mancata quando ero a Torino? Quella di Ferri, penso che abbia fatto bene al gruppo.Come ti sei lasciato con Cairo?Il rapporto con il Presidente è sempre stato molto particolare. È una persona che va conosciuta: a volte litighi molto intensamente, ma poi fai pace. Ci eravamo lasciati male, ma poi ci siamo rivisti, ci siamo dati una stretta di mano e siamo tornati in buoni rapporti. La vita va avanti, deve andare avanti. Ad ogni modo credo che il Pres tenga molto al Torino, tanto da aver speso cifre non indifferenti. Ognuno fa i suoi errori: lui ha commesso i suoi, noi i nostri.Nello specifico cosa pensi di aver sbagliato, a Torino?Penso che come gruppo saremmo dovuti rimanere più sereni. Certo, non diventa facile stare tranquilli quando il clima diventa infuocato, soprattutto in un ambiente come quello granata, ma forse dovevamo dialogare di più con la tifoseria per evitare le incrinature su cui mi sono già soffermato. Errori, comunque, ne compiamo veramente tutti: nessuno è esente da colpe quando si fallisce, né la dirigenza, né la squadra, né la tifoseria. Mi auguro che quest'anno si possa recuperare quella compattezza fondamentale per risalire.Pensi che il Torino sia cambiato, in questo senso?Sì, Ventura mi sembra un ottimo biglietto da visita. Preparato, abile, sa far giocare le squadre e mantenere alta la concentrazione. È più esperto di Lerda e gli hanno anche comprato chi voleva. Il parco attaccanti del Torino è fenomenale, tanto da potersi permettere di tenere qualche volta in panchina uno come Bianchi, che segna in B almeno 25 gol a stagione.Il ricordo che ti lega di più ai colori granata?Il derby. Uno spettacolo: spero che il Toro torni a giocarne presto uno.E alla Samp?Tutti e tre gli anni. Sono stato benissimo e non posso dimenticare che grazie a loro sono risucito a giocare in Nazionale.Infine, un pronostico per Sampdoria-Torino?Ovvio che la mia simpatia per la Samp, anche alla luce di quello che è stato detto, sia leggermente maggiore. Ad ogni modo credo in un pareggio. Mi spiacerebbe vedere il Torino perdere e spero davvero che a fine stagione festeggi la promozione.
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”Errori nostri ma non solo. Colpe di tutti”
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