interviste
Le verità di Ezio Rossi
"Adesso non parlo", aveva detto il giorno dopo il cocente esonero dopo la disfatta, seppur sancita da un pareggio, di Terni.
"Cercatemi dopo il 30 giugno", aveva detto...
"Adesso non parlo", aveva detto il giorno dopo il cocente esonero dopo la disfatta, seppur sancita da un pareggio, di Terni.
"Cercatemi dopo il 30 giugno", aveva detto...
"Adesso non parlo", aveva detto il giorno dopo il cocente esonero dopo la disfatta, seppur sancita da un pareggio, di Terni.
"Cercatemi dopo il 30 giugno", aveva detto Ezio Rossi. Detto. Fatto.
Ma non è il solito Rossi, quasi remissivo, anzi. Non fa polemica, come è nella sua indole, non fa riferimento al caos iscrizione del Toro, ma questa volta un sussulto d’orgoglio l’ha avuto. Qualcosa, si vede, avrà imparato anche lui da questa esperienza sulla panchina della sua squadra del cuore. Il più grosso rammarico? Non aver pilotato la squadra fino alla bandiera a scacchi della serie A, una bandiera sventolata in un palcoscenico, come era il Delle Alpi domenica sera, da Champions League.
Ezio Rossi, 40 su 46 partite in sella, alla guida del Toro. La sente un po’ sua questa promozione in serie A?"Beh, io la sento mia e del mio staff al 90 per cento. Se la squadra non avesse lavorato bene con me e con i miei collaboratori per tutte quelle 40 partite, a quest’ora il Toro non sarebbe andato in serie A. Non dimentichiamoci che il Toro si è potuto permettere di perdere l’ultima contro il Perugia grazie a quello che aveva fatto con me nell’arco della stagione e soprattutto grazie ai risultati che aveva ottenuto negli scontri diretti contro gli umbri, con me in panchina. Basta con il basso profilo. Adesso è ora di essere un po’ orgogliosi di quello che si è fatto. La squadra era pronta e organizzata quando l’ho lasciata, per andare nella massima serie".
Qualcuno l’ha chiamata per complimentarsi con lei dopo la finale dei play-off? "Tanti addetti ai lavori e non solo mi hanno chiamato per farmi i complimenti. E’ evidente dunque che qualcosa di buono ho fatto nel corso di questa lunga ed estenuante stagione. Di sicuro non ho lasciato una squadra allo sbando. Se no non sarebbe mai andata in serie A. Ripeto: la squadra ha centrato l’obiettivo grosso perché l’ho portata al terzo posto. E’ stato fondamentale per il successo nei play-off. E’ per questo che affermo che gran parte del merito è mio e del mio staff".
Zaccarelli però c’ha messo del suo in queste ultime sei partite. Soprattutto nelle gare dei play-off la sua mano sulla squadra si è sentita eccome…"La squadra è stata messa in campo nel modo giusto. Ma ripeto alla fine sono contati molto il terzo posto in classifica e gli scontri diretti nel corso della regular season".
Immaginiamo che la fase finale l’abbia comunque seguita in tv o ci sbagliamo?"Sì, sì l’ho seguita. Con me Bellini e Gritti".
Cosa le è dispiaciuto di più vedendo lo spettacolo di domenica scorsa allo stadio?"Beh, indubbiamente mi è dispiaciuto non esserci da protagonista. Non partecipare a quella grande festa in prima persona. Mi sono commosso vedendo il Delle Alpi colorato di granata, pieno zeppo in quel modo. Mi è venuto anche un po’ il magone. Ma soprattutto ero rammaricato, perché ci sarei potuto essere io in panchina a far festa. Comunque, da tifoso quale sono da sempre, sono felice che il Toro abbia raggiunto la serie A. Questa impresa avvalora ancora di più il mio lavoro e quello dei miei collaboratori".
Questa esperienza come la inserirà nel suo curriculum vitae: come un successo o come un esonero, quindi un fallimento?"No, no. Niente fallimento. Nella mia carriera, tra calciatore e allenatore ho vinto otto campionati. Quello di quest’anno è l’ottavo. Non lo dico solo io, ma anche i numeri e le statistiche che qualche volta contano, eccome se contano".
Allora arrivederci Ezio Rossi…"Magari in serie A. Come stanno andando le cose, chissà che alla fine non ripeschino proprio il Treviso".
P. Cas.
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