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”Toro, è stata breve. Sono tornato a casa”

Ha messo in rete, con freddezza, l'ultimo dei calci di rigore che hanno permesso al suo Cosenza di sconfiggere la Lucchese, nel primo turno di Coppa Italia, dandogli così l'opportunità di tornare...

Redazione Toro News

"Ha messo in rete, con freddezza, l'ultimo dei calci di rigore che hanno permesso al suo Cosenza di sconfiggere la Lucchese, nel primo turno di Coppa Italia, dandogli così l'opportunità di tornare all'"Olimpico" di Torino, uno stadio nel quale, a differenza -per esempio- dell'omonimo impianto di Roma, non è riuscito a mostrare tutto il suo grande talento come invece ha fatto in tante altre piazze. Stefano Fiore affronterà domenica sera un passato che ha vissuto per un tempo troppo breve. L'abbiamo contattato e lui, cortese, profondo e dotato di una proprietà di linguaggio non così frequente, ci ha raccontato cosa prova, cosa pensa, oggi che è tornato "a casa". Stefano Fiore, qualche emozione ti assalirà domenica sera? Nessuna emozione particolare, penso. Quella di Torino è stata una parentesi breve e, purtroppo, negativa nell'ambito della mia carriera. Soprattutto, appunto, è durata troppo poco perché io avessi modo di crearmi dei ricordi belli, e lo stesso vale al contrario nei miei confronti. Dispiace, Torino è un rammarico, perché si era partiti con tutt'altre ambizioni; il progetto sembrava buono, ma dopo appena tre giorni che ero arrivato cambiò l'allenatore, e iniziarono una serie di problemi che mi portarono addirittura fuori squadra, in una situazione assurda. Fu proprio l'avvicendamento De Biasi-Zaccheroni l'origine degli equivoci? Tatticamente sì. Io scelsi Torino perché De Biasi mi voleva fortemente, avevamo parlato più volte, c'erano delle idee che però tramontarono prima di prendere forma. La stagione comunque nacque male, la squadra navigava in acque difficili. A Gennaio ero fuori squadra e fui costretto a scegliere un'altra destinazione, che fu Livorno; nessuno mi chiese di rimanere, comunque, non sentii nessuno. La società stessa era inesperta, e certi errori di gestione sarebbero stati destinati a ripetersi per diverso tempo. Sì, io ho seguito comunque sempre le sorti e le peripezie del Torino, nonostante tutto, e ho potuto vedere questo. Avevo dei buoni amici lì, su tutti Alessandro Rosina, il quale mi raccontava di come purtroppo non si riuscisse a tirarsi mai del tutto fuori dai problemi, di come la mancanza di esperienza potesse pesare -come è normale che sia, chiaro- su un progetto che pareva buono ma che non prendeva corpo. Come sei arrivato a giocare di nuovo a Cosenza? Un anno dopo Torino, si ripeté una situazione paradossale: nonostante avessi fatto bene con il Livorno, non fui confermato. Presi così la decisione di "scendere", e andai a Mantova; ma qui, a mio parere si lavorava un po' sulla falsariga di quanto avveniva a Torino, ossia su un progetto ambizioso ma con troppe lacune. Per loro è finita molto peggio, sicuramente se uno ha delle idee è giusto che le porti avanti ma, non ascoltando nessuno, finirà per pagarne il prezzo, a volte salato... E rieccoti "a casa". Avrei voluto tornarci più tardi in carriera, sinceramente. Ma in verità non ho avuto altre chances; il "grande" calcio sembrava essersi dimenticato di me, a 34 anni, e così stanno le cose. Perché? Non lo so. Ci ho pensato, spesso, e le ragioni mi sembrano tutte ugualmente valide o non valide. Ora sono chiaramente più sul viale del tramonto che non in ascesa, ma pure oggi sono fisicamente integro, non ho mai subito infortuni gravi e ho sempre giocato una trentina di gare a stagione, in carriera. A volte mi sembra che il mondo del calcio sia sempre più in mano a persone che nel calcio non hanno vissuto e che neppure lo conoscono; questo anche ai livelli più alti, e si riflette poi nel calo di risultati del nostro movimento. Oppure, altre penso a tanti calciatori, bravi per carità, che sono comunque tesserati per club di Serie A ad età ben avanzate, magari non titolari, ma ci stanno; e penso che avrei potuto starci benissimo anch'io... Invece, per me di colpo non c'era più spazio. In effetti, l'età media delle rose di A si è alzata, negli ultimi anni. Io penso che l'esperienza sia fondamentale. Ogni allenatore, a fianco di tanti ragazzi più o meno bravi, di norma si affida a due o tre "vecchi" per la gestione del gruppo; perché i giovani a volte sbagliano così tanto da bruciarsi. Dunque, specie per il lavoro fuori dal campo, l'esperienza è basilare. Spero di riuscire a rivestire questo ruolo con la mia attuale squadra. Rimpianti a parte, nella carriera di chi ha vinto allori europei e vestito 38 volte la maglia della Nazionale dovrebbero esserci soprattutto gioie. Riguardo a quel che ho potuto vivere, devo dire che non è andata male più di tanto. Non devo ringraziare nessuno in particolare per quello che sono riuscito a fare, ho fatto il mio dovere e sono contento di quel che sono. Sì, guardandomi intorno, posso dire di essere soddisfatto di come sono rimasto, a livello umano. Cosa speri di ottenere, con il Cosenza? Spero di restare nei cuori della gente di questa città che è la mia città. Cercheremo di fare del nostro meglio, e se dovessi riuscire a salire anche di un solo gradino con questa squadra, sarebbe una delle gioie più autentiche della mia carriera, e sarebbe un premio per una società ed una terra che l'aspettano. Per la gara di domenica, quale obiettivo? Andiamo ad affrontare quella che è una delle favorite per la Serie A, dunque certo non partiamo avvantaggiati. Vogliamo fare bella figura. Dimostrare di aver fatto dei progressi e soprattutto, ripeto, fare una bella figura. E cosa vuole fare, quando avrà abbandonato l'attività agonistica, Stefano Fiore? Ci penso spesso, ma non lo so ancora, forse perché ho troppa voglia di giocare e quindi allontano il pensiero...! Proprio in virtù di ciò cui accennavo prima, non so, sinceramente, se sono tagliato o meno per passare dall'altra parte, per vivere un certo cambio di ruolo. Di certo, vorrei fare qualcosa di...pulito. Come insegnare la mia esperienza a chi potrebbe trarne giovamento, i ragazzi; di sicuro, dopo essere rimasto me stesso attraverso tanti anni in questi ambienti, non voglio cambiare ora. Dunque, se potrò rimanere nel calcio restando pulito e contento di me, ci potrò pensare. Ma solo se potrà essere così.