mondo granata

Decameron granata, ecco la raccolta definitiva: un grazie ai nostri lettori

Marco De Rito

Sono nata a Trento nel ’78 e sinceramente non sono mai stata una gran appassionata di calcio, fino a quando (dopo essermi trasferita a Torino nel 2004) non sono arrivata per caso a Superga. In quel momento, arrivando davanti alla tomba del Grande Torino, non ho sentito un brivido che mi ha fatto scendere una lunga lacrima. Dopo aver passato un pomeriggio intero a leggere e rileggere la lapide ed osservare chi arrivava fino a lì per un semplice saluto o per la preghiera rituale prima della partita domenicale, sono partita verso la prima libreria per comprare tutto quello che trovavo su questa memorabile squadra… Da lì il Toro è diventata una malattia che non va più via. Forza Toro e Juve merda per tutta la vita.

Grazie di cuore

Nadia Cargnel

Vorrei raccontarvi non la mia ma la sua prima volta a Superga. L’anno scorso per i suoi 80 anni io e Marco, granata grazie a lui, decidiamo di regalargli una gita fuori porta a Torino. Di lì a pochi giorni sarà il 4 maggio e l’anniversario é di quelli importanti..quello dei 70 anni. Lui tifoso granata che aveva 10 anni nel 1949 non ci è mai stato. Dovrebbe badare alla mamma che non può star da sola ma della mamma per quel giorno si occuperà qualcun’altro così lui e Marco partono dopo colazione da Morbegno. Mi raggiungono a Milano e poi tutti e tre ripartiamo alla volta di Torino. Per l’ora di pranzo siamo al Porto di Savona in piazza Vittorio Veneto e dopo un bel piatto di tajarin e una bottiglia di Barbera andiamo in Duomo per aspettare la squadra e assistere alla messa. Usciamo ben prima dell’ “Andate in pace” ma dobbiamo arrivare a Superga. Parcheggiamo alla funicolare. C’è tantissima gente granata in coda alla biglietteria. Passa il pullman della squadra e si ferma a salutarci…noi aspettiamo il pullman di linea, invece. Riusciamo a salire che quasi non si chiudono le porte da quanti siamo. Poi scendiamo dal pullman e percorriamo l’ultima parte di strada sterrata a piedi nel bosco …a Superga arriviamo che la squadra già se n’è andata ma tanto siamo lí per salutare gli Invincibili. Quindi facciamo il giro intorno alla Basilica (chiusa per dei lavori di ristrutturazione) facendoci spazio fra la folla. Stiamo tendenzialmente tutti in silenzio. Facciamo qualche foto e via, di nuovo in coda per scendere con la funicolare. Lui chiacchiera con gli altri. É sempre stato uno bravo ad attaccar bottone e tra tifosi granata é ancora più facile…non si lamenta del fresco improvviso quando il sole se ne va e nemmeno del mal di schiena per esser in piedi da così tanto tempo. Io che sono del 76, l’anno dell’ultimo scudetto come diceva lui, sono invece molto provata! Riusciamo a prendere l’ultima corsa e il tempo sta peggiorando… I torinesi ci dicono che é sempre così il 4 maggio. Gli scatto una foto.

Io e i miei fratelli abbiamo scelto proprio quella foto sulla funicolare per il manifesto funebre. Lui oggi non c’è più. La sua prima volta a Superga é stata anche l’ultima. La mattina del 19 marzo é stato portato con la mamma in ospedale con i sintomi del Covid, proprio mentre ci avvisavano che lo zio Pier era mancato dopo aver lottato in terapia intensiva per 10 giorni. L’ ho chiamato al cellulare al pomeriggio per fargli gli auguri per la festa del papà. Mi ha ringraziato ma mi ha dovuto salutare per andare a tranquillizzare la mamma, nel letto a fianco al suo che era un po’ agitata. Mi ha richiamato per dirmi che la mamma dormiva e per tranquillizzare anche me che lui stava bene e che non gli avevano nemmeno dato l’ossigeno, che sarebbe tornato presto a casa per mangiare i pizzoccheri che si era fatto comprare il giorno prima. I miei fratelli l’hanno sentito alla sera ed era tranquillo.

E invece di notte é arrivata quella maledetta telefonata…anche lui non ce l’aveva fatta. Se n’è andato il giorno della festa del papà. Lui, il mio papà. Un grande tifoso granata che si ascoltava il Toro alla radiolina ovunque fosse. Un uomo buono di una volta che nella sua vita ha fatto tanto per la sua famiglia e per gli altri e che se n’è andato vinto dal fato. La mamma é ancora in ospedale e non sa ancora del suo Gianni e noi figli non abbiamo potuto né salutarlo né onorarlo con un funerale degno dell’Uomo che è stato. Siamo tristissimi. Il 15 aprile sarebbe stato il suo 81 esimo compleanno.

GRAZIE

Io Giulia

Lui Gianmaria detto Gianni

La mia prima volta a Superga è stata emozionante. Vengo dalla Calabria e dopo un lungo e stancante viaggio finalmente ho potuto ammirare la tomba degli Invincibili…. Sono rimasto lì ad osservare la storia del Torino per circa un’ora, e dopo quella visita devo dire che la mia fede per questa squadra è aumentata a dismisura.

Giando Cassia

Era il 1965, primavera avevo 5 anni.

Con la mia famiglia ci eravamo trasferiti da poco da Torino a Pino Torinese.

Ero stato operato di tonsille e per “premio” mio padre decise di portarmi a Superga , a vedere dove il Grande Torino era scomparso in un pomeriggio.

Più volte mi aveva raccontato i particolari dello schianto e dei funerali, già allora conoscevo la formazione degli invincibili a memoria, già allora erano miti per me.

L’emozione di trovarmi in quel luogo era fortissima.

I segni dello schianto mi lasciarono sconvolto, provai a pensare cosa si potesse provare in un momento così tragico. Mio padre, forse intuendo la mia angoscia mi disse: “qui la storia ha deciso di creare degli eroi” .

Ricordo la lapide con fiori. Era il 4 maggio, il 16 anniversario della tragedia , ricordo i nomi scolpiti nella pietra, ricordo le corone di altre squadre, anche internazionali, a testimonianza di quanto grande fosse quel Torino.

E l’aria a Superga profumava di granata, di storia e di mito.

Forza vecchio cuore granata, il ricordo ci aiuti a rinascere ed essere degni di quella squadra.

Riccardo Bussone

Purtroppo questo 4 maggio ci vedrà fisicamente lontani da Superga. Mi permetto di fare un semplice proposta. Ognuno di noi tifosi del Toro, alle 17,05 del 4 maggio, reciti i nomi del Grande Torino. Siamo tutti noi “capitani” del Toro. Tocca a noi chimare per nome i nostri eroi granata. Un modo per rimanere accanto alla nostra storia e non arrenderci al virus. E’ solo una proposta.

FVCG

Fabio S.

L’emozione di prendere la Cremagliera era tanta , pian piano che salivo il cuore aumentava i battiti. Arrivo nel piazzale alzo lo sguardo e vedo la Basilica, cerco la lapide la trovo inizio a leggere i nomi una sensazione strana inspiegabile ho sentito un’emozione indescrivibile. Man mano che mi allontanano anche questa strana sensazione mi abbandonava. Scendendo mi sono detta sarà stata la suggestione. 25 maggio 2017 ecco di nuovo la stessa strana emozione, la stessa che avevo provato davanti alla lapide degli Invincibili e sapete dov’ero al Filadelfia.

FVCG SEMPRE

Forse è il mio primo ricordo consapevole..

Non avevo ancora compiuto i quattro anni, essendo nato nel luglio del 1945, da mamma Fiorentina e da papà Alessandro.

Pioveva molto forte. Ricordo che stavo osservando i goccioloni del forte temporale primaverile che, sulle pozzanghere,  formavano quegli aloni grossi, che solo la pioggia primaverile può produrre.

Eravamo tutti noi bambini al fondo delle scale, in via Polonghera 34, poiché per il cattivo tempo non potevamo certo andare a giocare in cortile.

Io ero contro la porta in ferro che portava al cortile, con le alte strisce di vetro in orizzontale, che osservavo ipnotizzato la pioggia ed i suoi giochi.

D’un tratto Silvano, o un altro dei bimbi più alti, quasi urlando, uscendo dalla porta della nonna: “Sono morti, sono morti tutti!”.

Probabilmente era verso le 5,30 del pomeriggio.

Questo è stato il primo terribile contatto da me avuto con il Torino, di cui prima forse non aveva mai saputo nulla……

Avevo meno di 4 anni, ma quella notizia mi ha unito indissolubilmente alla squadra più bella del mondo.

Così Scrisse Indro Montanelli:

“Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede.

E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto in trasferta”

Luciano Toso

Emozionato. Ho ancora la foto foto con Giagnoni, Pulici e Graziani negli anni 70. Si poteva parlare con loro, che sono la storia del Toro. Era una grande emozione per un bambino.

Luca Mangano

E’ superfluo racontare ciò che provi lassù, magari perfino stupido dire: sono rimasto ampliato, stregato. Ogni passo è guidato da una forza sconosciuta che ti rende leggero, che ti confondo coi profumi diversi sparsi nell’aria. E’ strano a dirlo, ma sicuramente è un anno alla vita, una voce tenue ti dice: “Noi siamo il passato e voi rappresentate il futuro, non mollate mai”.

Giorgio Giunchi

La mia prima volta a Superga fu nel 1949. Un impatto funesto. La tragedia del Grande Toro il 4 maggio pomeriggio/sera, l’ho ancora impressa nella mente e mi vengono ancora le lacrime ora. È una sofferenza raccontarlo…

Ce l’ha raccontato @luciano.rizzato.520 su Instagram

Prima volta a Superga in ottobre 2018, giornata di nebbia… Ho ancora i brividi e se riguardo le foto, mi commuovo… Sarà forse il momento!

Forza Toro!

Ce l’ha raccontato @lrubini69 su Instagram

È stata una sensazione surreale, un silenzio, poi girando l’angolo sono scese le lacrime mentre leggevo i nomi di tutti sulla lapide

Ce l’ha raccontato @paparatti.raffaele su Instagram

La mia prima volta a Superga fu da bimbo, io nato nel 1961, con una decina d’anni sulle spalle e con una Fede Granata nata per caso ma con irruenza, grazie al colbacco di Giagnoni e alla sua Squadra “predisposta” allo Scudetto ma che un grave torto, (tanto per cambiare), in quel di Genova contribuì gravemente a sfilarglielo, guarda caso sempre a favore degli stessi innominati…

Si, in quel preciso momento divenni granata, grazie ad una grande ingiustizia, una fede che non mi era stata trasmessa dal mio Papà, che durante la guerra aveva tragicamente perso una gamba, rischiando la vita a 20 anni e forse si era “allontanato” da uno Sport che lui non poteva più chiaramente interpretare. Grande rispetto per il Grande Torino, lui convinto Piemontese, questo si, ma poco altro…

E allora questa fede la vivevo da “autodidatta”, vedendo crescere una Squadra che, di lì a breve, mi diede la mia prima grande soddisfazione di Tifoso, la vittoria del tricolore nel 1976. Ricordo Luca, il mio amico milanista il quale, subito dopo la partita col Cesena che decretò quello storico Scudetto, mi venne a prendere a casa con il suo Malanca 50, così sedendomi dietro di lui potei così sventolare il mio bandierone granata per Rivarolo, per tutto il resto del pomeriggio, in attesa che arrivasse dallo Stadio il pullman dei Fedelissimi per completare quindi la grande festa. Che gioia e quante emozioni e la speranza di giovane illuso che, quella Vittoria, non potesse che essere la prima di una lunga serie, invece…

L’anno successivo un Toro ancora più forte riusciva a perdere in maniera incredibile il secondo scudetto consecutivo: non erano bastati il record di punti, le vittorie in casa, il gioco spumeggiante e tanta determinazione perchè un’altra squadra fece un punto più di noi. Lì piansi e con me, credo, tutto il Popolo granata! Il risveglio dall’anno precedente era stato brusco, terribile e se penso che proprio quel giorno mio Padre veniva ricoverato per un infarto rischiando la vita per la seconda volta, si può capire tutta la mia tragedia personale! Tante volte sono salito di nuovo a Superga, una a piedi partendo dal Vecchio Fila, ma ricordo quella volta, a metà anni ’90, dove un’amica della mia famiglia Belga volle salire sino al, (per Noi Granata), Sacro Monte.

Adopereranno la caratteristica cremagliera ma, all’arrivo, avendo lei subìto la polio da giovane, dovetti prenderla in braccio e portarla fino alla Lapide e da lì di nuovo indietro fino al trenino, ma ricordo ancora adesso, oltre la mia fatica, la sua grande emozione, percepita in quel luogo, che non smise di raccontarmi, con gli occhi luci, negli anni successivi…

Rodolfo Meaglia

Io di solito vado a Superga a fare un giro in solitaria prima o dopo il 4 maggio, sono non vado normalmente alle funzioni religiose. Poi quando il colle è deserto è molto più bello.

Mauro Cavallari

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