mondo granata

Decameron granata, ecco la raccolta definitiva: un grazie ai nostri lettori

Marco De Rito

ROME, ITALY - JANUARY 05:  Andrea Belotti of Torino FC celebrates after scoring the team's second goal from penalty spot during the Serie A match between AS Roma and Torino FC at Stadio Olimpico on January 5, 2020 in Rome, Italy.  (Photo by Paolo Bruno/Getty Images)

Il mio goal goal più bello non è il migliore per difficoltà del gesto tecnico, né per il peso nella storia del Toro, o per il protagonista che lo ha segnato. Lo scelgo perché nei ricordi è il più granata.

18 novembre 1984, nona giornata, derby di andata. Noi ci arriviamo secondi in classifica a due punti da un Verona inarrestabile o quasi, dopo aver battuto 2-0 il Milan con Schachner e una pennellata di Junior. Loro, dopo un 4-0 subito a Milano dall’Inter di Rumenigge: troppo indietro in classifica per perdere altro terreno.

Comunale esaurito, siamo in 65mila: in Maratona lo storico striscione del toro rampante è diventato un gigantesco sipario che cala su noi tifosi all’ingresso dei giocatori dal tunnel della curva opposta, il calendario dice che è la Juve a giocare in casa.

E’ una giornata di sole, la lunga attesa del fischio di inizio è scandita da cori che rimbalzano dalla Maratona alla curva Filadelfia, via via in ombra, lugubre nel buio che inghiotte gli striscioni dei Drughi.

Agnolin ha il suo da fare per tenere la partita in pugno, nei primi minuti: nessuno tira indietro la gamba, ogni fallo accende un capannello di giocatori. Danova, Francini, Ferri; Bonini, Favero, Tardelli non fanno complimenti. Ma questo Toro vuole e sa giocare a calcio. A centrocampo, Gigi Radice, accanto a Dossena e Zac ha Leo Junior e a creare superiorità e geometrie arriva spesso Galbiati, il nostro libero.

Loro portano spesso fuori zona un nostro difensore con Briaschi, che copre molti metri, davanti: dalla curva vediamo gli spazi che crea all’improvviso per Boniek e Platini.

Poi, al quarto d’ora, una punizione proprio sotto la Maratona. Tutti ci aspettiamo la parabola sul palo lontano, ma Platini inventa una rasoiata che lascia impietrito Martina: 1-0 Juve.

Zac si mangia un goal fatto, dall’altra parte, e andiamo all’intervallo sotto.

Sotto sì, ma immeritatamente. E poi, l’anno prima gliene abbiamo fatti 3 in 7 minuti, siamo il Toro!

Devono pensarlo anche i giocatori, perché danno l’anima e il pareggio arriva con un’azione splendida, tutta di prima, che porta Galbiati sul fondo a destra, Schachner a fare da torre sul palo opposto, a sinistra, e Francini ad anticipare Tacconi in area.

E’ il calcio di Radice: corale, totale, spettacolare.

E non ci basta, attacchiamo ancora, sfioriamo il raddoppio un paio di volte almeno.

Cala il buio anche sulla Maratona, ormai, il Trap guarda nervoso l’orologio e pensa forse alla sostituzione tattica, dopo quella di Prandelli per Vignola, per consumare qualche secondo degli ultimi minuti.

E’ l’89esimo: Leo corre alla bandierina e indietreggia sulla pista di atletica, sembra quasi danzare in punta di piedi mentre osserva la tonnara dell’area di rigore. Dalla Maratona, la prospettiva schiacciata ci restituisce solo maglie bianconere a difendere il pari.

Ma lui, Leo, vede quello che noi non vediamo e calcia forte sul primo palo un pallone tagliato ed alto, altissimo. Lo può prendere solo Aldo Serena, bruciando Brio e Bonini e insaccando alle spalle di Tacconi: 2-1!

Nessuno di noi vede quel pallone toccare terra. Vediamo solo Serena, continuare a saltare con noi della curva sempre più in alto, accompagnato dal boato della Maratona.

A 17 anni nulla è impossibile e torno a sognare lo scudetto del Toro, dopo quello che avevo vissuto sempre con Radice in panchina, 8 anni prima: il pianto di Castellini all’ultima in casa contro il Cesena, mio papà senza voce per un paio di giorni, il goal di Pulici in tuffo e quella voglia di giocarsela con tutti, senza paura, fino all’ultimo minuto, da granata.

Paolo

Era il 5 novembre 1972 ed al Comunale di giocava il “derby della Mole”.

In quegli anni era raro che potessi ad andare a vedere le partite del TORO allo stadio, in quanto giocavo a calcio nelle serie minori e tutte le domeniche ero impegnato.

Quella domenica però ero squalificato, così, aggregatomi al gruppo “Granata” del mio paesino, riuscii ad assistere dal vivo ad una partita del mio TORO.

E che partita!!!

Una vittoria per 2 a 1 nel derby, impreziosita da una doppietta di “Pupi”, il mio campione preferito e quasi mio coetaneo.

Già il primo goal era stato bellissimo: una rasoiata dal limite dell’area, su tocco di Bui.

La rete del 2 a 0 è stata però favolosa: Pupi, ricevuto il pallone appena dentro la metà campo bianconera, si era portato rapidamente in avanti.

Arrivato ad una decina di metri dall’area avversaria, in posizione un po’ decentrata sulla sinistra,si accorse con la coda dell’occhio che Zoff era fuori posizione (troppo avanti) ed ha quindi lasciato partire un delizioso pallonetto che ha scavalcato il portiere e si è adagiato morbidamente nella rete avversaria.

A quel punto vi lascio immaginare il delirio che si era scatenato sugli spalti di fede granata!!!

La partita finì 2 a 1 per Noi (per i “gobbi” segnò Anastasi).

Per tutto il viaggio di ritorno, oltre un’ora in 5 su una 500, stipati come sardine, abbiamo continuato a rivivere la partita, riprovando le emozioni dello stadio.

Altri tempi e altro TORO!!!

F.V.C.G.

Mariolino Zimaglia

Mi chiamo Luca, sono nato e vivo in Svizzera, mi sono avvicinato al calcio e al Toro nel 1980 e sono andato allo stadio per la prima volta nel gennaio 82 a vedere Como-Torino 0-1 gol di Bonesso.

Comunque se devo scegliere il gol più bello che ho visto, ne ho visti parecchi, scelgo il gol del 2-0 di Ezio Rossi in Toro-Samp 4.1 del campionato 87.88 su cross di Bergreen lui fa una semirovesciata da campione. Se fossi stato allo stadio forse però avrei scelto il colpo di tacco di Casagrande in Toro-Milan del 92′

Luca.

Nel momento stesso che ho letto il tema del decameron di questa settimana ho pensato a quel gol.

Anno dello scudetto, una domenica invernale. Torino – Ascoli, sulla carta una pèartita facile. Come sempre in quegli anni abbonamento in Maratona.

Pranzo alle 11.00, poi filobus da Pino, quindi tram 5 e 9. Arrivo stadio 13.30

Incontro con gli amici di quelle domeniche e vai … Maratona

Dopo pochi minuti, doccia fredda: gol dell’ Ascoli. Ci vuole una mezzoretta e un rigore di Paolino Pulici per ristabilire la parità. Poi il poeta Claudio Sala con un tiro da fuori riporta la partita sui binari giusti.

Ma il capolavoro lo firma Ciccio Graziani. Verso la fine della partita prende il pallone sull’ out di destra e fila come un treno verso la porta. Ubriaca il malcapitato terzino con due rientri e lo salta, poi con una finta fa sedre il portiere e prima dell’ intervento dell’ultimo difensore la butta dentro…. La palla era incollata con l’ attak. Ciccio è stato ed è ancora oggi un grande uomo.

Riccardo Bussone

Il gol più bello visto allo stadio era quello di Belotti in rovesciata durante Torino-Sassuolo 3-2 della stagione del 2018-2019. Ero in Curva Maratona ed era la prima volta che portavo mio sorellina in curva. Non riesco a dimenticare quel sorriso estasiato all’esplodere della curva al fantastico goal del capitano. Lei iniziò a cantare i cori della Maratona. È partito a mille siamo sempre qua noi senza Toro non possiamo stare… All’uscita c’era mia mamma che in macchina era venuta a prenderci e mia sorella, che era di una felicità contagiosa,  chiese di avere l’abbonamento in Maratona per l’anno successivo. Grazie Gallo hai fatto diventare una bambina tifosissima granata!

Giacomo Stanchi

Stadio Comunale, 5 dicembre 1976

Juventus-Torino, 76.000 spettatori

Ho 18 anni, mi incammino nel sole nel gelo verso quel prato verde smeraldo… La prima volta che sono qui con Nanni e Franco.

Mi sembra di sognare.

Prima di entrare, vediamo il pullman della Juve; nei primi sedili Causio, pallido come un cencio, oggi contro Gigi Danova sara’ dura.

Dominiamo il primo tempo, con un Claudio Sala eccelso, incontenibile. In vantaggio 1-0 con Graziani.

Sopra la Maratona, il nostro striscione, indimenticabile: RADICE e 11 GRANDI CONTRO TUTTI.

Nella ripresa, al 34′:

Zaccarelli nel cerchio di centrocampo ne salta due (uno e’ Benetti…) e lancia in contropiede Pulici. Paolino va verso Zoff che gli esce incontro, decide di fargli passare il pallone sopra la testa, Zoff devia appena, Pupi e’ una folgore, insacca di testa sulla linea di porta, anticipando Cuccureddu.

Il mio vicino dietro, un sant’uomo granata, che ha fatto un tifo d’inferno, barba incolta, cappotto spigato, lascia lo stadio: “ben, cerea, neh”, oggi ha fatto il suo, anzi abbiamo fatto il nostro.

Juve-Torino 0-2

Gianni Ponta

In tanti anni di gol belli o pesanti per il loro valore ne ho visti tanti.

In una rapida carrellata mi vengono in mente:

  • la palla “a girare” di Gigi Meroni a San Siro con l’Inter
  • il pallonetto di Pulici a Zoff
  • la cavalcata di Pulici con la Fiorentina con stretta di mano di Carlo Mazzone
  • naturalmente il gol di Pulici con il Cesena il 16 maggio del 1976
  • la rovesciata del 2-2 di Ferrante a Venezia
  • la rovesciata di Bianchi con la Reggina
  • il coast-to-coast di Bruno Peres nel derby
  • il gol di Moretti a San Siro contro l’Inter
  • le rovesciate di Belotti al Sassuolo.
  • Però se devo pensare al gol più “granata” mi viene in mente la rovesciata di Delli Carri a Firenze, un gol talmente bello, talmente imprevedibile che l’arbitro ha pensato bene di annullare per motivi ignoti.

    Giancarlo Mandassero

    Il gol che ho deciso di raccontare al Decameron di Toro News non è forse il più bello tecnicamente che abbia mai visto, ma è sicuramente quello che mi ha dato più emozioni. Era il 26 aprile 2015 e all’Olimpico Grande Torino si giocava il 140° derby della Mole. Immagino abbiate già capito a quale gol mi riferisco…

    Discesa centrale di El Kaddouri, palla di esterno sinistro all’accorrente Darmian che la dà in mezzo per Faaaaaabiooooo Quagliarellaaaaaa. Lì per lì, dalla gioia incontenibile dell’esultanza in curva con gli amici di sempre, non mi sono neanche chiesto se avesse esultato o meno per quel gol che si è rivelato poi decisivo per far tornare a tingere Torino di granata dopo vent’anni. Il gol più facile da realizzare, certamente tecnicamente non all’altezza delle magie che hanno narrato i miei fratelli granata negli scorsi giorni. Ma sicuramente è il gol che di più in assoluto mi ha dato gioia nell’ultimo periodo.

    Sandro Donatelli

    Il cuscino

    L’ho ritrovato da poco in mezzo a tanta polvere in garage. Un po’ ammuffito ma sempre impregnato di tutta la sua storia da raccontare. Ve li ricordate anche voi? Parlo di quei cuscini rettangolari richiudibili a libro, con tanto di elastichino da tenere insieme le due metà. Ho vissuto infanzia e adolescenza, anni interi di Toro al seguito di mio papà e Luigi che, pur non essendo francesi, si recavano puntualmente verso lo stadio con il cuscino sotto il braccio, modello baguette. C’era qualcosa di magico, qualcosa di rituale, qualcosa che andava oltre la tradizione ed entrava nella sfera della fede in quelle domeniche: la Santa Messa al mattino, gli slalom di Tomba prima del pranzo, il pranzetto di mamma e poi si scendeva per aspettare Cecio e Luigi. Granata d’adozione, rubato alla sua origine friulana per motivi di lavoro, Luigi passava, ogni sacrosanta domenica, puntuale come un orologio svizzero con la sua Opel Vectra grigia. Destinazione Delle Alpi, in tempo per entrare e vedere sul maxischermo la partenza del GP! Mio papà e Luigi: io e Cecio “gagni” ruspanti e rompi balle, loro uomini semplici, veri, con valori.

    Casa, lavoro,famiglia, messa la domenica mattina e Toro, con cuscino-salva pantaloni sotto braccio! Ora che tutto non ha più punti fermi, ora che i valori viaggiano da destra a sinistra, da nord a sud senza meta e destinazione, mi coccolo quel cuscino e mi aggrappo a lui. Il vocione di Luigi al gol di Fusi, tra i quei 60 mila del Delle Alpi. Il cuscino di mio papà lanciato verso il cielo, lo stesso cielo che qualche giorno dopo accoglierà la sedia del Mondo. E chissene frega se non andrà come tutti avremmo voluto.

    C’erano i valori, e con loro un Toro che si permetteva di comprare un giocatore dal Real Madrid. C’era un Toro che si presentava al Bernabeu preso a sassate che si permetteva di entrare in campo a testa alta col coraggio di rispondere col dito medio di Pasquale Bruno. C’era un Toro capace di ribaltarlo quel grande Real con il due a zero targato Luca Fusi! E c’era gente vera, semplice e fedele che andava allo stadio col cuscino. Da signore, ma non da snob. Non serviva a tenere le chiappe al comodo, ma a non sporcare i pantaloni per non dare troppo lavoro e fastidio alla propria consorte. Quello stesso cielo che si è sentito minacciato dal cuscino prima e dalla sedia del Mondo poi, si è forse vendicato!

    Si è già preso il Mondo, e pochi giorni fa ci ha tenuto a fregarci anche Luigi. Ma non ci ha tolto nulla: si è tinto ancor più di granata! E ci ha lasciato, oltre al cuscino in garage, la certezza che le persone semplici e vere, regalano un gusto che nessuno ci toglierà. Come quel gol di Fusi, da Grande Toro. Real!

    Il 4 maggio 1949 c’era un bambino che, a scuola, stava facendo i compiti, nel pomeriggio pieno di nuvole, uggioso, triste.

    Quel bambino, di 10 anni, era già tifosissimo, tanto che aveva chiesto alla mamma di cucirgli uno scudetto tricolore sulla maglia di lana. Non è neppure il caso di dire che quella maglia era di uno stupendo colore granata.

    Alla sei di sera, terminato il doposcuola, venne a prenderlo il suo papà. Quel bambino usciva tutto contento perchè l’impegno scolastico era finito e sarebbe potuto tornare a casa, come tutti i giorni, mano nella mano del papà.

    Ma quella sera non ci fu il solito sorriso ad accoglierlo.

    Il papà, con voce accorata, disse solo poche parole, in piemontese: “It sas, a l’è mort tut ‘l Turin”.

    Quel bambino non capì immediatamente il significato di quello che aveva sentito e chiese spegazioni.

    Il papà, con voce rotta dai singhiozzi gli parlò di un aereo caduto a Superga, di tanti giovani campioni che erano volati in cielo, di uno squadrone che non avrebbe mai più deliziato i suoi tifosi con quelle giocate da favola, con quei mitici quarti d’ora dettati da capitan Valentino che si rimboccava le maniche.

    Il bambino capì. Il Toro, il suo amatissimo Toro, non c’era più.

    Ascoltò, con il suo papà, le notizie che venivano dalla radio. Vide , il giorno dopo, i giornali, le foto della immane tragedia. Pianse per tre giorni di fila.

    Non dimenticò mai più quelle poche parole in piemontese: “It sas, a l’è mort tut ‘l Turin”.

    Quel bambino, che adesso ha 80 anni, ero io.

    Edoardo Maina

    Potresti esserti perso