mondo granata

Decameron granata, ecco la raccolta definitiva: un grazie ai nostri lettori

Marco De Rito

Per motivi anagrafici il “mio ricordo”del Grande Torino è legato alla ormai lontana infanzia(non andavo ancora “a scuola”). Non molto per aver già maturato la consapevolezza  del “granata  in embrione”che già era in me cresciuto in un contesto familiare “torinista”non certo “altolocato” ma ricco di “valori”, realtà simile alla più parte delle famiglie che in quella Torino disastrata del primo dopoguerra “arrancava”in attesa di un futuro “meno incerto”.

Il calcio veniva seguito con i modesti mezzi dell’epoca:radio e talune volte(si guardava pure alla liretta)anche attraverso le cronache del quotidiano sportivo cittadino allora impreziosito da “grandi firme” del giornalismo che papà mi leggeva alla sera. Di quel 4 Maggio ho un ricordo “sfuocato” ed ho appreso la notizia (senza coglierne appieno il dramma)attraverso la radio che mamma teneva accesa mentre “sbrigava le faccende domestiche”con me “tra i piedi”.

La dimensione della tragedia seppur vista da un bimbetto di 5 anni, l’ebbi il giorno dei “funerali solenni”. Come avrei potuto dimenticare “la fiumana”di persone che attraverso il centro cittadino giunse in P.zza Castello? Tra quella folla ero presente anch’io sulle spalle di papà che piangeva. Quel fatto (credevo che a piangere fossero solo i bambini)mi è rimasto scolpito nella memoria e scattò la scintilla dell’amore per la maglia granata. Via via consolidatosi negli anni e che ancor oggi ostento con orgoglio.

G. Natali

La mattina del 5 maggio 1949, mentre andavo a scuola, vidi un gruppo di persone che discutevano visibilmente dispiaciute, qualcuno imprecava anche, mi avvicinai incuriosito e seppi subito la terribile notizia. Il Torino era morto!

La sera precedente l’aereo su cui viaggiava tutta la squadra del Torino, di ritorno da una partita amichevole giocata a Lisbona, si era schiantato contro la collina di Superga.

All’epoca le notizie arrivavano quasi sempre per passa parola, non esisteva internet, e nemmeno si pensava che un giorno potesse esserci un modo di comunicare così immediato, non c’era la televisione e solo i più fortunati avevano una radio in casa. A casa mia la radio non c’era.

Ma torniamo ai fatti, cosa era per quei tempi la squadra di calcio del Torino?

  •  Era la squadra che aveva vinto gli ultimi quattro campionati e si apprestava a vincere il quinto;
  • Era la squadra che dava fino a 10 giocatori alla Nazionale;
  • Era la squadra che non aveva rivali in Italia, ma che era vincente anche fuori dai confini;
  • Era, soprattutto, la squadra che incarnava lo spirito dell’Italia che riemergeva con sacrificio,  caparbietà, determinazione dalle macerie della guerra e ci ridava l’orgoglio di essere italiani.
  • La domenica, quando si giocavano le partite, solitamente, io e gli amici del mio quartiere andavamo a casa di un vicino, che possedeva una radio, ad ascoltare le radiocronache appassionate e fantasiose di Nicolò Carosio e ci sentivamo coinvolti e partecipi alle giocate dei nostri eroi.

    Spesso alla fine delle partite, con una palla, il più delle volte fatta di stracci, giocavamo per strada sognando di imitarli.

    La formazione del Torino era sulla bocca di tutti, la recitavamo come il Pater Noster: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola.

    Dal giorno della scomparsa, per noi tifosi, il Torino è diventato una parte dell’esistenza; la maglia granata: una seconda pelle; lo stadio Filadelfia, sciaguratamente demolito, ed ora ricostruito: un tempio; il 4 maggio : il ricordo struggente di sogni irripetibili.

    Quasi a voler dare una plausibile giustificazione al tragico evento, mi consola pensare che il destino si portò via tutti perché restassero per sempre INVINCIBILI

    Sono nato e sempre vissuto in Basilicata, ora ho 83 anni, ma il mio attaccamento al Toro, alle sue vicende, spesso tragiche e dolorose, si è nel tempo ingigantito. Al mio paese, dove ora i tifosi del Toro sono pochissimi, causa lo scorrere del tempo che se ne portato via alcuni e, purtroppo, per i risultati sportivi, io sono individuato e spesso salutato con un “Forza Toro”, che non è inteso come sfottò, ma come rispetto per la mia fedeltà e per la squadra.

    FORZA Toro!

    Biagio Scaldaferri

    Son nato nel 1960 e non ho vissuto direttamente né i fasti né la tragedia della più grande squadra del mondo.

    Son nato in una famiglia di un solo colore : il granata il Toro mi è stato inculcato dai miei nonni, da mio padre e da mio padrino.

    Ed è stato il racconto degli invincibili, fatto a più riprese, in anni diversi, aggiungendo sempre un particolare, un dettaglio in più che ha fatto nascere in me il tifo per il granata, il più bel colore del mondo!

    Da adolescente ho vissuto sui ricordi dei miei parenti della tromba cha annunciava il quarto d’ora granata. Poi ho avuto la fortuna di essere protagonista da tifoso dello scudetto del 1976, di aver visto giocare Pulici e Graziani e , soprattutto Meroni.

    Ho sempre considerato il Toro di Pianelli e Radice come l’ estensione del Toro di Novo e Erbstein , di Mazzola e Bacigalupo.

    Da adolescente molte volte, nelle giornate estive, inforcavo la mia bici da Pino Torinese, dove abitavo, mi ritrovavo a Superga a dire un semplice ciao alla squadra che aveva creato in me un modo d’essere, una certezza, uno stile . E lì, davanti alla lapide con i fiori lasciati da altre squadre e da semplici cittadini, sentivo gli urli del Filadelfia e la passione di un popolo che nei suoi beniamini domenicali ritrovava le forze che la settimana in fabbrica  toglieva loro.

    Ritrovava la comunione in un credo comune, la certezza di avere un qualcosa di importante in cui credere e di cui essere certi.

    Quel qualcosa che un sera di inizio maggio è stato strappato dal destino per sempre . Ma che vive e vivrà ancora più forte perché il tifoso del Toro ha i sé l’essenza del Grande Torino.

    Non importa se il Toro è in serie b o se fatica a vincere con l ultima in classifica. Importa quanto della storia del calcio italiano e mondiale abbiamo rappresentato e rappresenteremo sempre

    Forza Toro

    Riccardo Bussone

    Sono nato nel ’58, quindi i miei ricordi sono racconti, tre cose vivide in particolare.

    Lo zio Ezio lavorava in Ansaldo a Genova, ed aspettava di vederli la’, in trasferta.

    Una domenica, col Genoa, vincono 0-2 alla fine del primo tempo, entrambe le marcature di Pietro Ferraris II. Poi, nella ripresa, il Torino gioca in dieci e vince 3-0 con Gabetto. Ma come? Tempo dopo si sapra’ che Ferraris II aveva un impegno a Vercelli. Chiese ad Erbstein il permesso di partire prima, se avesse segnato due goals nel primo tempo…

    “Quando c’era Cadario…”. Primavera ’77, trasferta col club. Un anziano signore parla di un calciatore degli Anni ’30, Aldo Cadario.  Allora comincio a farmi raccontare, ed il signor Ferrero mi racconta, appassionato di moto, di essere stato un easy rider con Rigamonti, ed io resto a bocca aperta.

    Nei dvd sul Grande Torino, Ezio Loik appare in veste di rappresentante di vernici. Non avrei mai immaginato di essere assunto, 35 anni dopo Superga, proprio in quell’azienda.

    Gianni Ponta – Novi Ligure (AL)

    Il mese di maggio.

    11 maggio 1947, ho quasi otto anni e papà mi regala la possibilità di andare a vedere una partita allo stadio. E’ un Toro un po’ strano, non ha la solita maglia granata, ma veste quella azzurra della nazionale. Si gioca Italia-Ungheria. Sono 10 i giocatori del Toro in campo. Nell’Ungheria, a quei tempi una nazione dominante nel calcio mondiale, esordisce un diciottenne che diventerà famoso nel Real Madrid: Ferenc Puskasc. Siamo pigiati come le acciughe, tutti rigorosamente in piedi (allora non c’erano i seggiolini), papà mi compra una bottiglietta di gazzosa. Di quella partita ricordo poche cose: il gol di Gabetto, che scarta il portiere, mette la palla in rete e si schianta contro un palo e il gol di Loik allo scadere, quello del 3-2. Il tiro non è forte, ma precisissimo, la palla batte su un palo, poi sull’altro, non vuole mai entrare, si sente quasi il soffio di tutto lo stadio che vuole spingere la palla in rete, finalmente è gol, è l’apoteosi.

    2 maggio 1948, un anno dopo. Papà mi ha portato a vedere Toro- Alessandria. Nel primo tempo abbiamo già segnato 4 gol. Nel secondo tempo il nostro squadrone sembra appagato, ma dopo mezzora il Toro si scatena: segna 6 reti in un quarto d’ora e ottiene un 10-0 che ancora oggi è record in serie A. Con noi c’era un collega di papà, alessandrino, che ogni volta che il Toro passava la metà campo, diceva:”Ahi, ahi, ahi, adesso ce ne fanno un altro!”.

    4 maggio 1949, è Superga.

    Quella mattina ero in stazione ferroviaria per prendere il treno e andavo a scuola, arrivarono i giornali dove appariva la notizia della sciagura di Superga mi misi a piangere come avessi  perso i genitori. Tifavo già Toro, non mai cambiato e non cambierò mai: sarà sempre così questa passione

    FORZA TORO!

    Quando ero piccolo, mio nonno mi raccontava sempre la stessa storia: erano eroi invincibili, vestivano di granata, portavano alta la bandiera dell’Italia, c’era uno di Brescia che conosceva il mio nonno e si chiamava Mario. Ora non ci sono più, perché sono andati a giocare nell’Olimpo. Questi uomini facevano parte del Torino, del Grande Torino, la squadra più forte del mondo.

    Questo mi raccontava mio nonno. Poi, quando andai alle scuole medie, mi accorsi che quegli invincibili di mio nonno era il Toro caduto a Superga. Ma, ormai il colore granata degli Invincibili m’era entrato nel cuore. Ecco, perché sono un tifoso granata. Me ne vanto e continuerò fino alla fine dei tempi ad esaltare il A.c. Torino 1906, ora F.C. Torino 1906. Sempre e per sempre Forza Vecchio Cuore Granata, gli Invincibili ci faranno risorgere. Lo credo fermamente.

    Ci scrive su Instagram l’account @brunoflaviopola

    Sono un ex calciatrice fiamma del Monza anni 80, appassionata di calcio. Tifo il Grande Toro da sempre: Bacigalupo, Maroso, Ballarin, Maroso, Grezar, Loik, Menti, Mazzola Ossola, Rigamonti, Castigliano ecc…Tifo quella squadra perché esprimeva pura poesia, volontà, unione e sogno. Ciò che dovrebbe essere il calcio. Avendo giocato in Serie A, posso dire che questo era il calcio femminile, questo è il calcio femminile: fatica e sogni. Mazzola e compagni erano uniti sia fuori che dentro il campo. Sarebbe bello incrociare il grande toro, con il calcio femminile, stesse dinamiche, non solo soldi, ma sogni…

    Mariagrazia Genco

    10 aprile 1949

    Triestina-Torino 1-1

    Marcatore Menti,poi pareggio del triestino Blasone.

    Ai tifosi granata questa data e la suddetta partita potrà dire ben

    poco e fino ad un paio di mesi anche a me vecchio cuore granata da tanti anni quando, rileggendo sui miei numerosi libri ed intestardendomi sulla formazione degl’invincibili mi sono posto questa domanda: quante volte ha giocato assieme nei 5 scudetti vinti consecutivi la formazione che recitiamo come una poesia??

    Risposta: soltanto 1 volta! Nella partita che ho appena

    citato. All’inizio non volevo crederci! Ho letto più volte tutte le

    formazioni scritte nei miei testi ed è proprio così. Ma questo dato

    puramente statistico non cambia assolutamente niente se non solo per la curiosità.

    La nostra formazione poesia è scolpita nei nostri cuori ed in tutta la storia del calcio mondiale e tanto basta. Siamo al 4 maggio, 71esimo anniversario della tragedia di Superga che ci portò via un gran pezzo dei nostri cuori e mi voglio autoconvincere che

    presto, molto presto, rivinceremo lo scudetto! L’ho sognato nella notte del 30 aprile…ho ben impressa la data, l’anno e la formazione…ma questa è una storia che racconterò un’altra volta.

    Sempre Forza Vecchio Cuore Granata

    Enzo

    Sono nato nel 1969, figlio di un immigrato trevisano. Mio padre non mi trasmise la passione per il TORO, lui era piuttosto disinteressato anche se manifestava una sincera antipatia per gli “altri”. Insomma posso dire di essere un granata autodidatta.POI qualcuno nel tempo mi raccontò del Grande Torino delle sue gesta e delle sue imprese, di questa grande squadra invincibile, di questa squadra incredibile, e che nel mio cuore, come penso in quello di tutti i tifosi, rimane immortale. Mio malgrado posso dire di non aver avuto grandi gioie dal Toro che ho vissuto, sì ho visto in parte lo scudetto, ero un bambino, ho visto altre imprese, una coppa Italia, Ma tanti tanti anni amari. Certo è molto facile tifare per chi vince tutto. Non sono mai stato tentato dalle cose facili, per me ci sono le cose giuste e le scelte difficili, come del resto la mia vita non è mai stata facile. Sono fiero di appartenere a questa squadra e a questa città, anche se da anni mi sono trasferito all’estero. Proprio lunedì 4 maggio 2020 mi dovrò recare a Torino per lavoro, e come tutte le volte che percorro l’autostrada da Aosta a Torino a un certo punto dopo Ivrea, appena sbucato fuori dalla Valle mi comparirà il panorama di Torino sovrastato da Superga, Allora con una stretta al CUORE penserò “Ciao Turin eccomi qua!”

     

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