Due soli anni, ma abbastanza per entrare nella memoria granata e nel cuore dei tifosi. Un nome che, già di per sé, se pronunciato, fa riaffiorare un Toro che sembra avere poco a che fare con un’attualità ben più modesta. Così, invece, non era a cavallo tra il 1990 e il 1992, quando la maglia granata la indossava Rafael Martin Vazquez, che oggi – 25 settembre 2025 - spegne 60 candeline. Un mito che resta ancora punto di riferimento quando, tra gli archivi, si ricerca un Toro capace di spingersi oltre la zona di comfort. Un Toro che, come nell’estate del 1990, poteva permettersi addirittura di strappare un giocatore al Real Madrid, e non un esubero o un elemento di categoria inferiore, ma un componente della “Quinta del Buitre”, quel gruppo di giocatori che, capitanati da Emilio Butragueño, rappresentava l’anima delle merengues a cavallo tra anni ’80 e ’90.

IL RACCONTO
I 60 anni di Martin Vazquez e il filo con il Pisa
Certo, era un altro calcio (italiano), che permetteva anche a una squadra non strettamente d’élite di assicurarsi interpreti d’alto bordo e farli convivere con giocatori del loro livello. L’Italia era ancora il centro del mondo pallonaro. Ma dietro c’era l’idea di riportare il Toro ai vertici, perché quella mezzala che aveva incantato con il Real si ripeté anche al Delle Alpi come leader tecnico della squadra che batté proprio il suo Real e andò a due pali e una traversa dalla conquista della Coppa Uefa.
E se gli auguri a Rafa si mescolano con la stretta attualità di un Torino-Pisa di Coppa Italia, la sua storia granata tocca punti salienti proprio in occasione degli incontri con i toscani, che raccontano molto del suo primo anno di approccio al calcio italiano.
Quando Martin Vazquez ritornò ‘Fantasma bianco’
—Rafa Martin Vazquez arriva il 2 luglio all’aeroporto di Caselle, atteso da 200 tifosi. C’è incredulità: perché un giocatore del suo calibro ha scelto il Toro, all’epoca neopromosso in Serie A? “Perché mi hanno fatto sentire a casa mia”, avrebbe confidato. E Rafa fece subito impazzire il pubblico granata, offrendo un gol nel quadrangolare di Aosta e mettendo in mostra le sue qualità di mezzala offensiva dai piedi incantevoli.
Ma una volta cominciato il campionato faticò più del previsto ad ambientarsi in Serie A, tanto che il 17 dicembre 1990 su La Stampa si leggeva: “Toro, dov’è Martin?” o “Campione cercasi di nome Vazquez”, a commento di una brutta sconfitta maturata a Pisa per 2-0. Voto 4 in pagella e un invito a rientrare dopo il Natale, che trascorrerà a Madrid, per fare “dei pensieri di rivincita. Sta giocando malissimo, e non da Pisa, è comprensibile che accusi una flessione alla prima stagione italiana – si legge – ma allora sappia anche essere umile”.
Una giornataccia per lo spagnolo e per i suoi. A sottolinearlo fu Emiliano Mondonico: “Penso che, soprattutto chi ha fatto questa gara, se la guardi con certo interesse e ne tragga le dovute considerazioni”. Intanto Diego Simeone, il 'Cholo', che mai avrebbe pensato di vedere un giorno suo figlio – nato cinque anni dopo – indossare la maglia granata, poteva passare il Natale in Argentina in tranquillità, “perché il Pisa ha vinto e sta in una posizione che si merita”.
Rafa dà colore al Toro
—Se a dicembre c’era chi insinuava che il Toro non fosse guarito dal “mal di Serie B”, ad aprile la situazione era decisamente agli opposti, con i granata in piena corsa per l’Europa. Il 14 aprile 1991 i granata vinsero il derby 1-2 e Martin Vazquez, reduce da un infortunio alla schiena che lo aveva tenuto fuori tra febbraio e marzo, stava piano piano rientrando in forma. “Speriamo, nel derby, di presentare alla grande Rafa”, aveva detto Mondonico una settimana prima. Contro i bianconeri fu proprio lui ad avviare l’azione del gol di Policano e a crossare “teso e basso nella speranza che qualcuno dei miei o dei loro deviasse in rete”. Così fu, visto che Fortunato, in scivolata, spedì il pallone nella propria porta. Dopo il successo sulla Juve, Roberto Cravero lo osannò: “Lui deve guidarci, è il più forte, con la sua classe può portarci molto in alto”. Sarà proprio il capitano granata a firmare il gol vittoria contro il Pisa. L’azione partì ancora dai piedi di Rafa: il suo cross fu respinto da Simeone, prima che Cravero concludesse con una stoccata dal limite dell’area. La partita di Martin Vazquez fu di alta classe e i titoli di giornale raccontarono tutt’altro rispetto a qualche mese prima: “È un Toro grigio. Rafa gli dà colore”.
“Non so se i nostri aficionados sono abituati a vedere certi tocchi e certe aperture, da poco sono qui”, affermò a fine partita in maniera tutt’altro che modesta. E aggiunse: “Sono venuto al Toro perché mi avevano garantito che si trattava di una società che voleva salire in alto, quindi questo quarto posto non mi meraviglia più di tanto”.
Martin Vazquez: il Toro, la sua seconda casa
—Delle quattro gare rimanenti i granata non ne vinceranno nessuna, ma sarà comunque Europa. Prima, però, un assaggio di competizione continentale con la Mitropa Cup, a cui il Toro partecipò in quanto vincitore della precedente Serie B. La finale, il 4 giugno ’91, fu proprio contro il Pisa. I toscani, a cinque dalla fine, erano avanti grazie al gol di Polidori, ma al 92’ il Toro ottenne un calcio di rigore. Chi si presentò dagli undici metri? Proprio Rafa che, dopo l’errore dell’andata in campionato, questa volta trasformò, permettendo ai granata di conquistare la coppa ai supplementari, al 119’, con Carillo su assist di Leo Junior, tornato per un giorno a vestire il granata. Il Toro conquistò così quella che era una coppa di fine stagione prima di lanciarsi all’assalto della Coppa Uefa, dove il sogno si sarebbe spezzato nella finale di ritorno di Amsterdam. Dopo la sua seconda stagione a Torino, all’inizio della fase di depauperamento della rosa, lasciò per accasarsi al Marsiglia. Più avanti sarebbe tornato a Madrid, senza però riuscire a ricostruire il feeling degli anni ’80, prima di passare al Deportivo La Coruña, poi in Messico all’Atlético Celaya e infine in Germania al Karlsruhe, dove chiuse la carriera nel ’99. Ma quei due anni granata restano scolpiti. Lui stesso, qualche anno fa, ha affermato: “Del Torino ho un ricordo eccellente, non solo per quello che facemmo in Coppa Uefa, ma perché ho sempre sentito tanto affetto nei confronti del club granata. Il Toro è la mia seconda squadra”.
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