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Angelo Cereser: “Vi racconto Giorgio Ferrini, il mio migliore amico”

Bearzot e Ferrini con i compagni al Filadelfia

Interviste / L'ex difensore granata in esclusiva ai nostri microfoni: "Nel '70-'71 vennero Milan e Inter per portarci via dal Torino, noi rifiutammo"

Nicolò Muggianu

È senza dubbio uno delle bandiere della storia del Torino. Stiamo parlando di Angelo Cereser, roccioso difensore granata degli anni '60-'70 che disputò ben 13 stagioni sotto la Mole, tra il 1962 e il 1975. Nel giorno del quarantunesimo anniversario della scomparsa di Giorgio Ferrini, abbiamo voluto ripercorrere insieme a uno dei suoi compagni, nonché grande amico, le orme di uno dei più grandi capitani della storia del Torino. Ecco le sue parole in esclusiva ai nostri microfoni.

41 anni fa la prematura scomparsa di uno dei simboli della storia del Torino. Eravate molto amici: cosa ricorda di lui?

"È vero, eravamo molto amici. Lui è anche il testimone di nozze di mia moglie, il testimone del mio matrimonio. Lo ha voluto fortemente lui. Poi lui era capitano, io il vice e insieme collaboravamo per tenere unito lo spogliatoio. Ma soprattutto nel '70-'71 vennero da Milano per portarci via, lui al Milan e io all'Inter, ma ci riunimmo a casa sua con le famiglie e decidemmo di rinunciare. Adesso sarebbe una scelta sbagliata, ma allora erano altri i valori del calcio e decidemmo di stare insieme a Torino".

13 anni in granata lei e ben 16 Ferrini, ma nel calcio di oggi le bandiere si contano sulle dita di una mano...

"È un altro mondo. È un altro modo di giocare, di vivere è diventato un campionato mondiale, ma sopratutto è cambiato il mercato. I giocatori che vanno in un posto per rimanerci 10-15 anni non esistono più. Si fanno i contratti e dopo 6 mesi si decide di andar via. Prima si andava in una società e si cercava di capirla. Ai tifosi mancheranno in futuro, ma ai tifosi serve questo: punti di riferimento su cui fondare sogni e speranze".

Una squadra di grande carattere la vostra, che incarnava al meglio i principi più profondi del Torino. Gli stessi principi che negli ultimi anni stanno forse mancando alla squadra. 

"Non sono certo io a scoprirlo. Non solo io e Ferrini, ma anche Fossati e dopo di noi Pulici e Sala che hanno carpito da noi queste cose e le hanno tramandate. Il segreto era dire il come e il perchè si stava in quella squadra, dentro e fuori dal campo. Poi cercavi di trasmettere il messaggio ai giovani e ora questo è scardinato; penso non esista più. Ora ognuno pensa a se stesso, e credo che nonostante il Torino abbia un ottimo progetto ci vorranno ancora 10-15 anni per capire questo meccanismo da quando è stato ricostruito il Filadelfia, cioè utilizzare questo Filadelfia per portare in auge questi criteri. Insieme a giocatore diventi un uomo: questo prima era fondamentale, dentro e fuori dal campo".

Quanto manca al mondo granata, e a quello del calcio più in generale, un uomo come Ferrini?

"I giocatori di oggi purtroppo non lo hanno conosciuto. A noi manca come amico: nelle feste e nelle cene le nostre famiglie erano sempre insieme. Racconto un aneddoto: quando le nostre famiglie si riunivano a cena la domenica o il lunedì, l'abitudine era che quando piangeva un bambino la donna più vicina lo prendeva con sè e lo coccolava, a prescindere di chi fosse il figlio. C'era un rapporto talmente stabile anche tra le nostre mogli che questo formava una vera e propria famiglia. E anche lo spogliatoio era molto influenzato da questo, perchè eravamo come una famiglia. Ferrini è stato un grande giocatore, più forte di quello che sembrava da fuori, ma soprattutto un grande uomo. Quando ti dava la sua parola era quella e rimaneva quella. Dopo Mazzola secondo me lui rimane il più grande".

Avete combattuto insieme tante battaglie senza riuscire però a vincere lo scudetto. Scudetto che arrivò poi nel 1976, con Ferrini vice allenatore e lei al Bologna. Quanto desideravate quello scudetto?

"Lui lo desiderava tantissimo, ancor più di me. È vero che non giocava più e io fui mandato a Bologna contro la mia volontà ma era una cosa sofferta che avevamo iniziato a preparare nel '66-'67. Erano già 7-8 anni che giocavamo per migliorarci di anno in anno come uomini e giocatori, vincemmo le Coppe Italia e nel '71-'72 secondo me eravamo già pronti per lo scudetto. Arrivammo terzi, a un punto dall'obiettivo che poi si realizzò solo nel '76 con l'esplosione di Pulici, Graziani e Sala".

Un ultimo pensiero: spieghi in poche parole chi era Giorgio Ferrini ai giovani giocatori e tifosi del Torino. 

"Ferrini era una persona che nel momento del bisogno, di qualsiasi tipo in campo e fuori, te lo trovavi vicino ancor prima che tu te ne potessi accorgere. Era già lì, non c'era bisogno neanche di parlare".