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Il terzino sinistro: gioie e dolori del numero 3

Vi avevo promesso che in questa rubrica non ci saremmo occupati solo dell’aspetto tecnico e che ci sarebbe stato posto anche per il cuore, per i nostri ricordi di tifosi.

Ricordi che, non me...

Redazione Toro News

"Vi avevo promesso che in questa rubrica non ci saremmo occupati solo dell’aspetto tecnico e che ci sarebbe stato posto anche per il cuore, per i nostri ricordi di tifosi.

"Ricordi che, non me ne vogliano gli over 50, riguarderanno solo il periodo dal 1974 in poi, perché non mi sento di scrivere di personaggi ed eventi senza averli vissuti di persona.

"Attraverso i giocatori del recente passato, quelli ai quali noi granata ci siamo più affezionati, vi proporrò ogni tanto un viaggio, tecnico ma anche passionale, nei vari ruoli del gioco.

"Parto dal terzino sinistro perché, oltre a quello del portiere, è decisamente un ruolo particolare. Non a caso è il più difficile da coprire: gli allenatori a sinistra vogliono un mancino perché un destro adattato, a meno che non sia un grande giocatore prezioso anche in funzione offensiva, trova complicazioni già in partenza. Tale necessità restringe la scelta, perché i mancini sono solo il 10% della popolazione.

"Ma le particolarità del mancino vanno ben oltre: se lo osservate mentre si muove noterete qualcosa di diverso, un mancino non è un destro visto allo specchio… è una cosa a se stante. Questo “essere diverso” gli conferisce maggiore imprevedibilità, che è di sicuro aiuto se pensiamo che in tutti gli sport i mancini affermati sono ben più del 10%. Giocando a calcio il mancino usa quasi sempre solo il sinistro (il rifiuto inconscio di usare anche l’altro piede nel destrorso è meno accentuato) e sa proteggere la palla con l’esterno coprendola meglio con il corpo.

"Nell’ultimo trentennio la maglia granata numero 3 ha avuto discreti interpreti, ma nessun fuoriclasse assoluto: la palma del migliore la assegnerei (chiedo però il vostro conforto) a Giovanni Francini, ma anche Roberto Policano detto Rambo ha fatto sognare noi tifosi.

"Francini, cresciuto al Filadelfia, ha avuto una carriera di livello più alto, ha vinto poi scudetto e coppa Uefa col Napoli, e vanta 8 presenze in nazionale, nonostante la concorrenza di Cabrini prima e di Maldini poi. Francio è stato fortissimo anche da marcatore centrale, sicuro di piede e nell’anticipo di testa, veloce in progressione, reattivo e freddo nelle situazioni di gioco anche in giovane età. Un signor giocatore.

"Rambo ha toccato al Toro punte di rendimento forse addirittura più elevate, ma la sua parabola è stata decisamente più breve. Ha tardato ad affermarsi (nella Roma giocava mediano senza trovare i giusti spazi da aggredire) e proprio solo al Toro è riuscito a dare il meglio. Le sue enormi potenzialità sono state inoltre frenate dalla poca capacità di controllare la sua foga pazzesca, che gli ha causato espulsioni e squalifiche in serie. Non era il tipo da procurare alla squadra trofei importanti (non ha vinto nulla) ma emozioni si, e tante.

"Al terzo posto, ancora sul podio, ci metterei Faina Salvadori, uno che senza eccellere in nulla sapeva fare tutto: se la cavava anche col destro ed era tatticamente avveduto per adattarsi sia in mediana che da libero. 244 partite in serie A non si fanno per caso.

"Meno duttile, ma più generoso e potente, era Paolo Beruatto detto Paulass, piemontese di Cuorgnè, 6 stagioni al Toro vissute a tutto cuore e polmoni. La gente lo ha amato perdonandogli giustamente qualche imprecisione nei cross.

"Proseguendo nella rassegna bisognerebbe fare due tipi di valutazione: una in senso assoluto, considerando tutta la carriera, ed una solo granata, basata sul sudore versato solo per la nostra maglia. E quindi ancor più opinabile.

"In senso assoluto Pessotto, Dorigo, Jarni, Coco e Pancaro sono stati giocatori di rango anche internazionale, ma per motivi diversi (di permanenza breve o di età) non hanno dato molto al Toro. Usando il secondo criterio, quello della nostra memoria, di sicuro Raffaele Sergio viene prima di tutti questi, avendo anche legato il proprio nome alla coppa Italia del 93. Il “terzino con le valige”, così ricordato per il suo impacciato modo di correre, è stato criticato all’epoca causa l’imbarazzante confronto col predecessore Policano, ma poi assai rivalutato da quelli che sono venuti dopo: Milanese, Castellini ed il traditore Balzaretti non hanno reso a conti fatti più di lui, malgrado le tante promesse. Solo Luca Mezzano, 131 presenze condite di anche di classe, ha lasciato un bel ricordo, ma il fisico minuto gli ha impedito di essere un grande difensore. Una menzione, in attesa di ricordarlo nel suo ruolo naturale, è doverosa anche per Giacomo Ferri, che talvolta si è dovuto adattare a sinistra per esigenze di squadra.

"Rimangono, tra coloro che hanno almeno 15 presenze, i generosi Vullo e Cuttone, terzini ruvidi ma dal sicuro cuore Toro, il sardo Pusceddu (dotato di un gran tiro e di notevole calcio lungo) ed il corridore Lorenzini. Una promozione ce l’hanno regalata anche Carlo Sassarini e Nicola Mora, tipi lenti e fallosi, da profonda serie B.

"Poi ci sono alcune meteore delle quali ognuno può serbare i propri ricordi, oppure scegliere di dimenticare per sempre. Sono lo svedese Edman, che Mondonico non fece mai giocare ma che ora è titolare nella sua nazionale, lo stagionato Pesaresi, il longilineo Tosto (gioca ancora in A con l’Empoli) il mediocre ex gobbo Dal Canto, il sempre infortunato Walter Bianchi, il povero Paolo Martelli (deceduto in un incidente stradale) ed infine l’argentino Alejandro Escalona, che una volta entrò al posto di Pinga contro il Milan e compromise in pochi minuti le residue speranze di evitare la retrocessione. Portò davvero scalogna.

"Noi del Toro abbiamo vissuto personaggi di tutti i tipi.

"Ora il ruolo è di Jacopo Balestri, che ha ancora tempo per scalare la graduatoria: è partito con una promozione nella quale è stato tra i protagonisti indiscussi ed ha proseguito con qualche difficoltà nella presente stagione. Il salto di categoria l’ha sentito più di altri suoi compagni, pur avendo già ben figurato in serie A con la Reggina. Logico che l’ingaggio di un grande giocatore al suo posto farebbe fare alla squadra un salto di qualità, ma Iaio rimane comunque uno sul quale si può fare un certo affidamento, anche sul piano caratteriale. Ha la mia stima e credo anche la simpatia di tutti i tifosi granata.

Alla prossima

"Michele

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