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Il Torino ha aperto la nuova stagione con tante novità e altrettanti interrogativi. L’addio di Vanoli e il passaggio a Marco Baroni hanno significato un cambio di pelle radicale: dal 3-5-2 granitico e organizzato, al 4-2-3-1, con la possibilità di passare al 4-3-3 più propositivo e lineare. Un’evoluzione che, inevitabilmente, ha inciso in maniera profonda sulla struttura della squadra, reparto per reparto. Dopo questi cambiamenti la domanda risulta chiara: l'organico dei granata è migliorato rispetto all'anno precedente? Vediamo nel dettaglio come si presenta il nuovo Torino rispetto alla passata stagione reparto per reparto.
Un anno fa Vanoli poteva contare su uno dei portieri più affidabili della Serie A: Vanja Milinkovic-Savic, protagonista di una stagione sopra le righe, decisivo in termini di interventi e di continuità. Con il suo addio, il Torino ha scelto di puntare su Israel, profilo giovane e con margini di crescita. Le prime uscite hanno mostrato qualità tra i pali e coraggio nell’impostazione, ma è chiaro che il paragone con Milinkovic-Savic pesi: oggi il ruolo del portiere, da certezza assoluta, è diventato un’incognita che va testata sul medio periodo. Il cambio più evidente arriva nel reparto arretrato. Vanoli gestiva una difesa a tre compatta, sfruttando molto le spinte degli esterni. I giocatori a disposizione erano: Maripan, Coco, Masina, Walukiewicz, Borna Sosa, Pedersen, Lazaro, Dembélé e l’innesto invernale Biraghi. Con Baroni la difesa è passata a quattro, un sistema che richiede interpreti più specifici. Sono cambiati degli uomini: Walukiewicz è partito, al suo posto è arrivato Ismajli, mentre Borna Sosa è rientrato alla base e il Torino ha puntato su Nkounkou. Sulla carta, però, la sensazione è che il pacchetto arretrato si sia addirittura indebolito. L’esordio shock in campionato, con il 5-0 subito dall’Inter, ha mostrato limiti strutturali e di amalgama. Manca ancora un leader difensivo e, soprattutto, l’adattamento a una linea a quattro che richiede tempi e movimenti ben diversi da quelli del 3-5-2.
Se la difesa lascia numerosi dubbi, il discorso cambia in mezzo al campo. La cessione di Ricci sembrava aprire una falla pesante, ma la società ha risposto con due colpi interessanti: Anjorin e Asllani. Giocatori giovani, dinamici, con caratteristiche complementari. In questo reparto, Baroni ha a disposizione un ventaglio ampio: fisicità, tecnica, inserimenti. Il 4-2-3-1 esalta la possibilità di avere un doppio mediano solido e un trequartista capace di cucire il gioco. Oggi il centrocampo del Torino appare non solo competitivo, ma probabilmente il reparto più completo e qualitativamente migliore della rosa. È qui che i granata possono costruire la propria identità stagionale.
Il reparto offensivo ha vissuto un vero ricambio. Sono partiti Sanabria, l’ex Napoli Elmas (non riscattato) e Karamoh, in scadenza di contratto. In entrata, invece, la società ha cercato di alzare il livello con tre innesti mirati: Ngonge, Aboukhlal e Simeone. Sulla carta, l’attacco del Torino appare oggi più dinamico e tecnico. Simeone porta esperienza e fiuto del gol, Ngonge aggiunge strappi e imprevedibilità, mentre Aboukhlal è un esterno capace di dare profondità. Resta però un’incognita importante: Baroni saprà trovare l’alchimia giusta per farli convivere e rendere il pacchetto offensivo realmente incisivo? Il passaggio da Vanoli a Baroni non è solo un cambio di modulo: è una trasformazione profonda, che richiederà tempo, adattamento e scelte. La stagione è appena cominciata, ma le prime impressioni dicono che il Torino, se vuole davvero alzare l’asticella, dovrà in fretta trovare equilibrio tra la nuova idea di gioco e la tenuta difensiva, altrimenti il rischio è quello di pagare troppo cari i difetti strutturali.
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