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tor toro Toro, da San Siro all’Atalanta: è sempre un problema di atteggiamento

IL TEMA

Toro, da San Siro all’Atalanta: è sempre un problema di atteggiamento

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Dal crollo con l’Inter alla resa contro la Dea: granata fragili e incapaci di reagire alle difficoltà
Matteo Curreri

Una giornata dai contorni profondamente negativi. Non c'è scampo: dell'ultima partita dei granata non c'è praticamente nulla da salvare. È un Toro all'andatura del gambero quello visto domenica, che compie tre passi indietro rispetto a quanto di buono si era visto a Roma. Una prestazione non tanto illusoria, quella dell'Olimpico: non cancellava con il successo firmato Simeone tutte le perplessità sulla costruzione della rosa, del gioco e sulla tenuta mentale della squadra, ma poteva indicare la via di un percorso in crescendo dei granata, verso un’evoluzione. Dagli applausi con cui il Grande Torino aveva accolto i granata all'ingresso per il riscaldamento si è giunti ai fischi rivolti anche alla componente tecnica, eco di una domenica segnata dalla contestazione contro la società. Una partita, quella con l'Atalanta, gettata al vento in otto giri di lancette e che dialoga con l'esordio da incubo di San Siro con l'Inter, non solo nello svolgimento a tabellino (di cui differiscono due gol), ma soprattutto nei termini di un'assenza di mordente per sovvertire le avversità. Come a Milano, resa incondizionata al primo concreto campanello d'allarme – il primo centro di Krstovic – gettando al vento un inizio di gara quanto meno decoroso.

Toro, il crollo è nella testa

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"È un problema di atteggiamento, non è possibile prendere tre gol in otto minuti. Subirne uno dall’Atalanta può capitare, bisogna però subito riprendere a giocare con attenzione. L’errore sul primo gol può capitare, il secondo e il terzo non devono arrivare. Dopo lo svantaggio la squadra ha smesso di portare pressione ed è andata indietro: è un problema di atteggiamento, non deve accadere", è l'analisi espressa da Marco Baroni in un post-partita segnato dall'amarezza. Se a Roma il Toro aveva rivisto la luce, dopo il primo gol di Krstovic quella fiamma si è spenta troppo in fretta, concedendosi al buio, senza tirare fuori quel minimo di amor proprio, se non squagliandosi e offrendo la possibilità all'Atalanta di battere Israel in altre due occasioni, tutto nell'arco di 8 minuti. Un crollo mentale non giustificabile, perché se c'era una squadra che poteva vantare alibi era di certo l'Atalanta, già alle prese con assenze importanti e che in 27 minuti ha dovuto poi fare a meno prima di Zalewski, poi di Hien. Arrendevolezza rappresentata anche da un dato che era emerso già a Milano, ossia la mancata estrazione di cartellini gialli nei confronti dei giocatori granata. "Bisogna anche saper spendere falli, un aspetto che dobbiamo aggiungere ed è sinonimo di aggressività e contatto con l’avversario", ha detto in merito Baroni, specchio di un pomeriggio in cui invece ci si è convinti troppo presto di tirare i remi in barca.

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Toro, un'identità da ricostruire

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Lo 0-3 subito con l'Atalanta dimostra ancora i limiti caratteriali di questa squadra che, nonostante l'illusoria giornata tardo-estiva di Roma mostrasse un minimo di compattezza, squadra ancora non è. “Sarei un bugiardo a dire che è mancato poco. C’è da ricostruire un’identità, il mister avrà tanto da fare e noi giocatori dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Sapevamo che sarebbe stata dura, non così tanto però. C’è da abbassare la testa e lavorare”, aveva affermato con onestà Adam Masina a Milano, e le sue parole, a distanza di un mese, non sono invecchiate per nulla. Le colpe sono da spartire e sicuramente i cambi di rotta durante la costruzione della squadra in estate non hanno aiutato, contribuendo a questa fragilità. È un cantiere aperto e Baroni lo ribadisce a iosa, ma è l'atteggiamento dei granata la vera questione su cui puntare il dito. E ciò riguarda anche alcuni singoli che ormai, da qualche anno, bazzicano l'ambiente e che domenica sono sembrati al contrario tra i più indolenti, offrendo una prestazione poco in sintonia con l'animo combattivo della tifoseria, scesa per le strade di Torino per esprimere un malcontento ormai insanabile. Se il clima, come dice Juric, è molto peggiorato, la sensazione è che chi indossa la maglia del Toro non stia facendo il necessario per contribuire a rasserenarlo.

Dall’Atalanta all’Atalanta: un anno fa reazione, oggi resa

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Di certo non è piacevole per nessuno, nemmeno per chi vi partecipa, assistere alla contestazione e allo scollamento tra la piazza e i tesserati di un club per cui da sempre si prova un amore viscerale. Non è semplice per nessuno e nemmeno per un gruppo squadra alle prese con questa fragilità strutturale, che non gli permette di reagire quando chiamata a un moto d'orgoglio. Ma è curioso notare come, invece, l'ultimo successo dei granata da situazione di svantaggio si sia sviluppato in un contesto che presenta fin troppe analogie con l'impegno di domenica scorsa. A partire dall'avversario, l'Atalanta, e dalla prima marcia di questo anno di proteste contro la società, scattata dopo la cessione a sorpresa di Bellanova proprio alla Dea. Esattamente la gara casalinga dello scorso anno, datata 25 agosto 2024, in cui il Toro andava sotto per un gol di Retegui, ma la squadra di Vanoli reagiva con Ilic e Adams per il 2-1 finale. Anche in quel caso il clima era rovente, ma la squadra tirava fuori quel qualcosa in più che da quel momento, almeno in termini di vittorie in rimonta, è sempre mancato. La situazione ambientale non deve essere dunque un fattore per lasciarsi travolgere, ma l'occasione per compattarsi come gruppo e uscire da queste impasse mentali a partire da una Coppa Italia che, nell'era Cairo, è stata avara di soddisfazioni.