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Casarin: “I tifosi servono anche a noi arbitri”. E sui 5 cambi…

MILAN, ITALY - SEPTEMBER 27:  Paolo Casarin attends the FC Internazionale at Milano Calcio City Event on September 27, 2018 in Milan, Italy.  (Photo by Vincenzo Lombardo - Inter/FC Internazionale via Getty Images)

L’ex direttore di gara analizza la ripresa del campionato dopo lo stop a causa del coronavirus

Luca Sardo

L'ex direttore di gara Paolo Casarin, ora 80enne, ha rilasciato un'intervista ai microfoni della Gazzetta dello Sport in cui ha trattato diversi argomenti del calcio attuale, dalla ripresa del campionato a porte chiuse alla nuova regola introdotta dei 5 cambi a partita. "Dirigere una gara con lo stadio vuoto? È una cosa che fa pena: un arbitro vero partecipa molto a una partita e una partita a porte chiuse è per forza diversa. Poi anche l’arbitro è estremamente vanitoso, ambizioso, vuole fare vedere che è bravo. Se non ha nessuno che lo guarda cambiano le cose anche per lui. Il fischio del pubblico all’arbitro - continua Casarin - è come una sfida: il direttore di gara può mostrare di aver visto qualcosa che agli altri è sfuggito. Il gioco è una forma di invito a dare tutto se stesso, anche per il servitore del gioco, e il pubblico fischiando tiene il gioco sul binario, ti tiene vivo e in regola. Il nervosismo nei confronti dell’arbitro è un fattore che non credo possa scomparire da un momento all’altro, non è che il virus rende tutti più buoni".

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5 SOSTITUZIONI - Pensiero poi sulla nuova regola di utilizzare 5 cambi a partita, considerate le tante partite in pochi giorni che i giocatori dovranno affrontare: "Si deve tornare indietro, non ho dubbi. Una delle valutazioni fatte da chi proponeva l’aumento dei cambi è quella di ovviare a tenere in campo giocatori fisicamente stressati. È vero, ma stiamo attenti: il rischio è di snaturare il gioco, a cambiarne l’anima. Ora i 5 cambi hanno un senso per combattere gli infortuni, dopo possono contribuire a fare un gioco a chi ha la panchina più forte. Adesso va bene, dopo torniamo al calcio. Che ha delle basi e questa è una di quelle".

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VAR- Chiosa finale sul Var: "Il problema non è la tecnologia ma le persone che devono lavorare insieme l’arbitro in campo e quello al monitor. In un tempo in cui si mette in dubbio tutto, come si fa ad accettare che una partita sia involontariamente falsata da un bravo arbitro quando abbiamo lì la soluzione? Il Var non ti invita a complicare le cose, ma a semplificare. Non cresciamo sulla pignoleria, ma sulla regolarità".

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