Il Granata della porta accanto

4 maggio Toro: c’è troppo scollamento tra passato e presente

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Il Granata della Porta Accanto/Cosa si fa per frenare ed invertire questa tendenza? Nulla. Non ci si stupisca allora che sia stata organizzita la marcia del 4 maggio
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Vincere 5 scudetti e portare 10 giocatori su 11 in Nazionale non vuol dire onorare il Grande Torino, vuol dire eguagliarlo! E siccome sappiamo tutti che una squadra così incredibile è impossibile da riprodurre, in questi 76 anni ci siamo abituati ad onorare il Grande Torino in varie maniere: c'è chi l'ha fatto nel 1976 vincendo uno scudetto, chi nel 1992 provando a vincere una Coppa UEFA fermato solo da 3 beffardi legni ad Amsterdam e chi lo ha fatto semplicemente mettendo in campo tutto quello che poteva a prescindere dalla forza della squadra di quel momento. Il Torino visto contro il Venezia ha sicuramente fatto poco, per non dire niente, per provare ad onorare gli Invincibili in una settimana fondamentale per la liturgia granata, quella del 4 maggio. Spiace constatare che nonostante il credito che la tifoseria ha dato alla squadra durante tutta questa stagione, i giocatori non abbiano saputo trovare il modo di ripagare almeno sul piano dell'impegno e dell'intensità i ventimila tifosi accorsi allo stadio e quelli collegati da casa alla TV, fornendo invece una delle prestazioni più scialbe dell'intero campionato, soprattutto nel primo tempo.

Nel tutto giovedì più di 2000 persone si erano presentate al Filadeflia per vedere una mezz'oretta di allenamento e trasmettere a giocatori e staff quel calore che, appunto, in momenti come quelli legati alla commemorazione dei caduti di Superga emerge ancora più forte da chi tifa verso chi porta in eredità la maglia granata che fu di Valentino Mazzola e compagni. Il legame tra un passato unico e leggendario ed un presente che da tale passato dovrebbe prendere ispirazione è stato da sempre il valore aggiunto del Torino anche quando le cose non andavano bene. Negli Anni Cinquanta, alla fine dei Novanta e nel primo decennio dei 2000, la storia del Torino ha vissuto momenti bui, ma in questi momenti mai è venuto meno il legame con la storia e la leggenda del Grande Torino e sempre si è cercato di onorarla e di renderla non un metro di paragone, ma una vera e propria fonte di ispirazione, una stella polare verso la quale dirigersi anche quando il cammino era incerto e, a tratti, disperato. La sensazione, però, per chi era presente allo stadio venerdì sera è che i giocatori di oggi non abbiano la forza morale per provare a mettere in campo quelli che sono i valori della tradizione granata, sublimati alla perfezione in quella macchina (quasi) perfetta che era il Grande Torino.

Negli ultimi vent'anni in particolare si è ampliato lo scollamento tra il passato ed il presente e difatti, soprattutto per demerito di questa società che ha progressivamente tagliato i ponti con tutti gli elementi che erano in grado di trasmettere il senso di appartenenza tipico della maglia granata, i calciatori attuali non sono così "calati" nella storia di questo club. E dico questo con grande tristezza e rammarico soprattutto perché mi spiace per Vanoli che, invece, sin dal primo giorno di insediamento sulla panchina granata ha subito rimarcato ed insistito sull'importanza dei valori tipici della storia del Torino e, più di tanti altri, pur non avendo un passato in granata, ha dimostrato un rispetto totale per la storia di questo club e per ciò che da sempre rappresenta per i suoi tifosi. Il primo tempo di venerdì sera è uno schiaffo a Vanoli stesso da parte dei suoi giocatori. Chi era in campo ha fatto esattamente l'opposto di quanto il mister aveva dichiarato non solo nelle ultime conferenze stampa, ma in generale durante tutta la stagione. L'impegno, il rispetto per i tifosi e per la maglia non dovrebbero mai mancare, a maggior ragione a due giorni dal 4 maggio quando la gente si aspetta qualcosa di più da chi scende in campo. Il calcio è un gioco di squadra e quando si gioca male la colpa va divisa per undici. Mi sento però di dire, parlando di singoli, che se, ad esempio, Casadei è il giocatore abulico visto contro il Venezia questo ci deve fare riflettere per molti motivi: in primis perché si parla di lui come di un'eterna promessa ma, ad oggi, in tutta la sua breve carriera non ha ancora dimostrato nulla.

In secondo luogo perché se questo è il giocatore su cui poggiare il Torino del futuro, se fossi nel direttore sportivo ci penserei dieci volte prima di vendere Ricci... Infine l'ex Inter e Chelsea mi sembra il classico giocatore moderno a cui interessa principalmente della propria immagine e della propria carriera: non c'è interesse a "sentire" la maglia che indossa, non c'è passione nel giocare per un club storico come il Torino e allenarsi in un impianto leggendario come il Filadelfia. È questa quindi la strada che vogliamo seguire? Giovani rampanti che usano il Torino per arrampicarsi (o in alcuni casi ritornare) nel calcio che conta o ragazzi cresciuti a pane e Toro che conoscano la magia della maglia granata? La domanda è puramente retorica per chi come noi tifosi ama da sempre il colore più bello che c'è, ma possiamo dire lo stesso di chi gestisce la società? Lo scollamento tra il passato, e i valori di cui esso era pregno, ed il presente continua ad accentuarsi e cosa si fa per frenare ed invertire questa tendenza? Nulla. Non ci si stupisca allora che sia stata organizzita la marcia del 4 maggio quale testimonianza in questo senso del popolo granata che non vuole più accettare silenziosamente che tutto ciò accada ineluttabilmente sotto i propri occhi. Vanoli è solo, perché pare l'unico a cui interessa questo argomento all'interno del Torino FC: è così che onoriamo il Grande Torino? È così che onoriamo la nostra storia?

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

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