“I gol in trasferta valgono doppio” è una formula ambigua per una regola che negli anni è stata croce e delizia delle squadre che affrontavano le coppe. Sarebbe più corretto e semplice dire che, in caso di parità nel doppio confronto, passa il turno chi ha segnato più reti fuori casa, ma il “vale doppio” è entrato nel linguaggio comune. Mi ricordo che da piccolo, quando venni a conoscenza di tale norma, credevo realmente che i gol segnati lontano dal proprio stadio valessero. La storia che andrò a raccontare dimostrerà come non solo i bambini potessero avere difficoltà con quella formula. Chi ha il cuore granata non può non pensare che è a causa di quella regola che il Toro ha perso la Coppa Uefa con l’Ajax. Nel 1964/65, però, i granata affrontano la semifinale di Coppa delle Coppe contro il Monaco 1860: vittoria 2-0 all’andata e perde 3-1 al ritorno. Finale conquistata alla prima partecipazione a una coppa europea, quindi? No, perché la regola non c’era, il Toro andrà alla bella e perderà 2-0 sul campo non molto neutro di Zurigo. Questo per dire che, regola o non regola, se il destino vuole romperci le scatole trova sempre un modo. L’Uefa introduce questo cambio di regolamento per scoraggiare un eccessivo ricorso alla difesa a oltranza distanti dalle mura amiche dalla stagione 1967/68 nei primi turni delle sue competizioni per poi allargarlo anche dai quarti di finale in poi dal 1969/70, quando si assisterà a una delle beffe più atroci per il calcio italiano. La Roma del Mago Helenio Herrera disputa la semifinale di Coppa delle Coppe contro il Gornik Zabrze pareggiando 1-1 all’Olimpico e in Polonia. Lubanski riporta in vantaggio i padroni di casa nel primo tempo supplementare, ma al 120’ Scaratti segna il gol che sembrerebbe valere una finale. Sembrerebbe, perché la regola dei gol in trasferta non vale nei tempi supplementari: lo farà solo dal prossimo anno. La Roma deve interrompere bruscamente i festeggiamenti: sarà spareggio che finirà 1-1 e, non essendoci ancora i tiri di rigore, verrà deciso dalla monetina. La leggenda racconta che l’ex granata e capitano giallorosso Joaquin Peirò avesse vinto i due sorteggi per il campo nei regolamentari e nei supplementari scegliendo “testa”. L’intenzione sarebbe di perseverare con quella scelta, ma HH lo convince a cambiare: “croce”. Uscirà ancora “testa”: Roma eliminata.
CULTO
Toro-Partizani 3-1 – Non valeva doppio
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Nel 1968/69 il Toro ha una bella coccarda tricolore sul petto visto che l’anno precedente ha alzato il primo trofeo dai tempi del Grande Torino: la Coppa Italia (allora perché aveva già giocato la Coppa delle Coppe nel 1964? Ne parleremo tra qualche settimana). Il primo impegno in Europa è contro il Partizani Tirana e in Albania i granata si devono inchinare a una rete di Shaqri che raccoglie una corta respinta di Lido Vieri al primo minuto della ripresa. Più che la sconfitta tiene banco un misterioso caso Combin visto che il centravanti, dopo uno screzio in allenamento con un compagno, si è rifiutato di giocare lamentando un raffreddore che avrebbe fatto adirare il mister Mondino Fabbri: “Pretenderò una punizione. Un semplice raffreddore non può bastare ad un giocatore per chiedere il riposo. Combin invece mi ha mandato il medico per dire esattamente che non poteva giocare. La squadra ha risentito della sua assenza”. Forte multa, maglia numero nove ritrovata la domenica successiva in Coppa Italia contro il Verona e nessuna cessione a novembre per il franco-argentino. Il due ottobre 1968, data nefasta visto che si consuma la strage di Piazza delle tre culture a Città del Messico appena dieci giorni prima dell’inizio delle Olimpiadi, a migliaia di chilometri di distanza il Toro deve ribaltare la sconfitta dell’andata contro il Partizani. I granata, privi di Ferrini, Poletti e Cereser, sono molto tesi e dopo 10’ perdono per infortunio anche “Maciste” Bolchi, sostituito da Carelli. Il subentrato chiederà addirittura il cambio pochi istanti dopo, ma Fabbri gli chiederà vigorosamente di resistere e farà bene. Al 21’, infatti, è proprio l’ex Fanfulla a sbloccare il risultato con un colpo di testa. Passano 6’ e Facchin raddoppia con un secco diagonale: la qualificazione inizia a parlare granata.
Nel secondo tempo un acclamatissimo Emiliano Mondonico guida gli assalti granata per chiudere il match e ci riesce in prima persona al 59’ sfruttando al meglio il suggerimento di Facchin e triplicando con un preciso rasoterra che segue la rete decisiva contro il Pisa alla prima di campionato la domenica precedente. A 5’ dal termine un calo di tensione riporta in partita la compagine albanese che accorcia le distanze con Bejko. Si serrano i ranghi e si aspetta il fischio finale dell’arbitro cecoslovacco Krnavec: il Toro passa il turno, il pubblico esulta e sta per lasciare lo stadio, ma poi, improvvisamente, si ferma perché qualcuno in campo non è d’accordo. Il Partizani attornia l’arbitro e chiede che prosegua la gara visto che i gol in trasferta valgono doppio e quindi la rete di Bejko, secondo questo ragionamento, ha portato il risultato totale sul 3-3 fra andare e ritorno. Il direttore di gara cerca di spiegare come questa cosa sia valida solo in caso di parità totale, ma invano: i giocatori non se ne vanno, i dirigenti preannunciano reclami all’Uefa. Il diplomatico albanese Foto Sifroni, in veste di accompagnatore degli ospiti, perde la testa e urla a Krnavek che l’Unione Sovietica ha fatto bene a invadere la Cecoslovacchia. Il parapiglia interessa anche i tecnici con un esagitato Resnja che arriva quasi alle mani con Edmondo Fabbri, lo chiama “matto” e dice che se questo screzio fosse accaduto in Albania sarebbe finita come in un match di pugilato.
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Il 1968 è un anno di grande cambiamento, di sogni e di drammi. La succitata invasione della Cecoslovacchia da parte dell’Unione Sovietica è fra questi ultimi e ha ripercussioni anche sul calcio. Urss, Germania Est, Ungheria, Bulgaria e Polonia si sono ritirate per protesta contro la decisione di cambiare gli accoppiamenti del primo turno e con quattordici squadre rimaste è necessario un sorteggio per far passare d’ufficio due formazioni ai quarti di finale. L’urna sorride al Toro che, come il Barcellona nella stessa competizione e Milan e Benfica in Coppa dei Campioni, salta gli ottavi. Lo sguardo della dea bendata si distoglie in fretta dai granata che a febbraio si ritroveranno di fronte allo Slovan Bratislava che alzerà il trofeo: fuori, seppur con onore. In questi anni il calcio è cambiato e la regola delle reti in trasferta “che valgono doppio” è diventata anacronistica tanto che nel 2021 è stato giustamente deciso di toglierla. Qualcuno ha provato a ribellarsi evocando quando l’erba era più verde, ma la realtà è che lo spettacolo ne ha giovato e le partite finite ai supplementari o ai rigori sono state meno di quanto si pensasse o temesse. A oggi non ci sono notizie di squadre che abbiano avuto dubbi su come sia realmente finita una partita.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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