Nella settimana in cui la copertina se l'è presa il primo gol in A di Dembelè e l'esordio con quasi assist di Perciun in prima squadra, il vivaio del Toro ha vissuto il suo momento di gloria stagionale. Si sente sempre ripetere che il vero lavoro del settore giovanile non è legato ai risultati delle singole Under (che per la cronaca quest'anno vedono la Primavera salva, Under 18 e Under 17 nelle posizioni di testa a giocarsi il rispettivo scudetto di categoria e la Under 16 comunque ai playoff sebbene per il rotto della cuffia), ma al numero di giocatori portati al professionismo e, possibilmente nel nostro caso, a vestire la maglia granata anche in serie A il che sotto questo aspetto ci porta a dire che finalmente si inizia a rivedere una certa continuità di risultati in questo senso. Con un Gineitis ormai fisso nelle rotazioni di Vanoli, un Njie che fino all'infortunio era diventato pedina interessante dell'attacco granata, un Savva sfortunatissimo out per tutta la stagione senza poter dimostrare che ciò che si era visto l'anno scorso (con gol a Verona) non era un semplice fuoco di paglia, il ritorno di Dembelè dal prestito a Venezia (sebbene poco utilizzato dal mister finora) ed ora il lancio tra i grandi di Perciun, il Torino sembra poter cominciare a raccogliere i frutti del lavoro di Ludergnani, tra l'altro fresco di rinnovo biennale come responsabile del settore giovanile. È questa la strada che i tifosi vogliono, è questa la strada che la storia del Toro insegna ed è questa la strada che il presidente Cairo avrebbe dovuto intraprendere con più decisione già da parecchio tempo. Il ritardo colpevole nel completamento del Robaldo che, finalmente, dopo 8 lunghi anni vedrà la luce e sarà operativo a partire da quest'estate e un budget sempre troppo ridotto per competere con le big hanno impedito in un recente passato al nostro vivaio di tornare ad essere "quello dei bei tempi". È chiaro che se i segnali positivi visti ultimamente verranno seguiti dai giusti investimenti e da una politica sempre più attenta ai "nostri" giovani, le soddisfazioni si moltiplicheranno e tanti Buongiorno verranno sfornati anno dopo anno.


Il granata dalla porta accanto
Il Toro, i giovani ed un’opportunità chiamata Bra
L'attenzione delle big italiane si è spostata da qualche tempo sulle seconde squadre perché quello è "l'ultimo miglio" che spesso spezza le gambe ai talenti nel passaggio dalle giovanili alle prime squadre. Un cuscinetto come la seconda squadra, infatti, può fare emergere coi tempi e coi modi giusti quei giocatori troppo acerbi per un salto diretto al calcio dei grandi, ma troppo bravi per essere dispersi tra prestiti infruttuosi e scelte controproducenti per la nascente carriera di questi ragazzi. Juve, Atalanta e Milan sono già in pista, l'Inter sembra la prossima, ma anche Roma e Fiorentina stanno valutando di allestire una squadra B in serie C. I costi sono alti e la resa tanto variabile quanto aleatoria, ma non provare a battere questa strada può essere un boomerang fatale per chi vuole fare del vivaio un vero serbatoio per la prima squadra (o per sistemare il bilancio con qualche corposa plusvalenza). E il Toro rispecchia in pieno questo identikit. C'è però una via alternativa all'investimento sulle seconde squadre: la ricerca di un club "satellite" o comunque "amico". Non parlo di una vera e propria acquisizione di un'altra società come fatto a suo tempo da Lotito con la Salernitana o da De Laurentiis col Bari, ma di portare un club di serie C nella propria sfera di influenza in modo da avere un fitto interscambio di giocatori con reciproci vantaggi. Cairo ha sempre detto di essere interessato a creare una Seconda Squadra, ma visti i corposi investimenti necessari per fare tale operazione, forse la seconda strada potrebbe essere più economica ed altrettanto vantaggiosa. Mi permetterei di suggerire quindi al nostro presidente di prendere in seria considerazione l'ipotesi di valutare una stretta collaborazione con il Bra, neopromosso in serie C dopo un'entusiasmante cavalcata in serie D quest'anno. La prima serie del professionismo, cioè la C, è molto critica da gestire a livello economico perché caratterizzata da entrate scarsissime (qualche soldo dai diritti tv, il botteghino, la mutualità dalle serie superiori e i pochi sponsor che si riescono a reperire) a fronte di uscite molto alte tra costi di gestione, iscrizione e, soprattutto, stipendi a staff e calciatori.
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I numerosi fallimenti degli ultimi anni sono lì a testimoniare la quasi insostenibilità nel mantenere un club in serie C e il Bra avrà quindi vita dura ad affrontare tale categoria. Ecco quindi che due interessi paralleli potrebbero essere all'improvviso convergenti tra due club che distano meno di 50 km di distanza l'uno dall'altro: da una parte il Torino con l'esigenza di fare giocare tra i professionisti, tenendoli sotto controllo continuo, una buona manciata di interessanti prospetti che usciranno dalle sue giovanili, dall'altro il Bra con l'assoluto bisogno di reperire fondi e giocatori validi per affrontare il futuro primo anno di serie C. Le vie degli accordi nel mondo degli affari sono infinite, lo sappiamo, per cui non saprei quale potrebbe essere quella più vantaggiosa per tutti, ma azzarderei che se il Torino, cioè Cairo, offrisse al presidente del Bra una corposa sponsorizzazione capace di coprire una buona parte dei costi di gestione e di ingaggi ad esempio attraverso qualche società del suo gruppo imprenditoriale, probabilmente si potrebbe instaurare un rapporto duraturo e un flusso costante di giovani granata atto a rimpolpare le fila dei giallorossi braidesi con reciproco vantaggio.
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Sovvenzionare indirettamente il Bra costerebbe molto meno al Torino che avere una propria seconda squadra e in gran parte però garantirebbe il medesimo risultato: seguire da vicinissimo l'impatto col professionismo e la crescita degli ex Primavera del Toro dando loro modo di crescere "quasi in casa" in un ambiente "amico". Dopo il fallimento dell'Alessandria (e molti anni prima anche del Cuneo) il Piemonte ha bisogno di altre realtà professionistiche stabili oltre a Juve e Toro e le non sempre solidissime Novara e Pro Vercelli. Un'opportunità come questa del Bra in C è a mio avviso da prendere al volo per garantire al Torino la possibilità di avere una filiale a pochi chilometri da casa e ai braidesi la possibilità di rimanere a lungo in C o comunque nel professionismo, cosa che con le sole proprie forze non è così scontato che avvenga (il Gozzano ne è stato recentemente un esempio lampante in merito). Idea folle o reale possibilità? Io non avrei dubbi e mi lancerei a capofitto per renderla concreta, ma chissà come la pensa Cairo...
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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