Toro News
I migliori video scelti dal nostro canale

Lasciarci le penne

Io continuo a preferire il Filadelfia

Io continuo a preferire il Filadelfia - immagine 1
Nuovo appuntamento con "Lasciarci le penne", la rubrica a cura di Marco Bernardi

Marco P.L. Bernardi

Capitan Tsubasa

Yōichi Takahashi, 1981 (Edizione Italiana: Star Comics, 2000)

Capitan Tsubasa è il fumetto giapponese che strappò il calcio alla sua naturale collocazione europea e sudamericana, trasfigurandolo in uno scontro tra samurai che sostituivano la spada con il pallone. Il gioco divenne battaglia all'ultimo sangue, in grado di violare, nell'eroismo dell'epica guerriera, perfino le più elementari leggi della Fisica.

Generazioni di ragazzi si convinsero, grazie a Holly e Benji, i fuoriclasse del cartone tratto da quel manga, che potessero verificarsi eventi inverosimili, quali partite giocate su campi infiniti, talmente sconfinati da permettere di scorgere la curvatura terrestre, galoppate coast to coast lunghe un'intera puntata, in cui, strada facendo, il giocatore di turno si perdeva in mille riflessioni edificanti sul dovere e sull'orgoglio senza che gli avversari provassero anche solo ad avvicinarlo, tiri talmente violenti da far assumere alla sfera traiettorie micidiali e tramutarla in missile terra-aria, destinato a trascinare con sé il portiere in fondo al sacco o a sfondare la rete.

Tra gli accadimenti paradossali che i disegnatori giapponesi propinarono al giovane pubblico, ce ne fu uno di natura calcistica che li batté tutti: la squadra nipponica, capitanata dal buon Tsubasa, Holly per gli amici, nella finale del Mondiale giovanile riuscì a sconfiggere nientepopodimeno che la Germania, evento che mai si sarebbe potuto attuare in questa galassia.

E invece...

Invece, mercoledì 23 novembre scorso, all'interno di uno stadio ipertecnologico in mezzo al deserto, durante uno dei match validi per il campionato Mondiale vero, quello giocato da adulti in carne ed ossa, quel medesimo accadimento paradossale è diventato realtà.

Il Giappone ha sconfitto la Germania, dimostrando che quello che era sembrato il vaneggiamento di un fumettaro troppo creativo era, semmai, una profezia: il principio della fine del dominio europeo e sudamericano sul giocattolo Football, catastrofe iniziata il giorno prima con la débâcle degli Argentini contro l'Arabia Saudita.

Germania e Argentina: sei campionati del mondo vinti in totale, l'élite del calcio mondiale, spazzate via inopinatamente da due Carneadi di belle speranze.

Il Mondiale è appena all'inizio ed è probabile che le Grandi Sconfitte riprendano il loro ruolo, ma l'incrinatura è evidente e la strada è tracciata.

Il calcio è cambiato, è un'altra cosa. E forse a qualcuno piacerà di più, questa sfida algida a prova di errore, con gli arbitri sempre lì a mimare, come il migliore Totò, la forma dello schermo del Var, e con i tempi di recupero destinati a durare più delle partite stesse.

"Ma il Toro non c'entra niente con questo", mi direte.

Ne siamo proprio sicuri?  La metamorfosi, in verità, è incominciata anche per noi.

Pensiamo, per esempio, a quando il 9 ottobre scorso la squadra è scesa in campo contro l'Empoli, schierando una formazione composta esclusivamente da stranieri: abbiamo assistito alla  trasformazione di un equilibrio, analoga alla sconfitta di una nobile nazionale contro quello che sarebbe potuto essere uno sparring partner. Era un nuovo Toro, di eccellenti professionisti, ma lontano da quello dei ragazzini cresciuti nelle nostre giovanili che granatizzavano per osmosi i nuovi arrivati, esattamente come questo Mondiale dai risultati sconclusionati è la derivazione di un avvenimento sportivo col quale rischia di condividere, ormai, soltanto la denominazione.

Se non ci si sbriga a recuperare l'anima di questo sport, ne rimarrà un grande contenitore ricoperto di lustrini, ma desolatamente vuoto.

Sabato pomeriggio ho fatto due passi fuori dal Fila deserto, alla ricerca dei suoi brandelli di muro e delle tracce di altre epoche. Ventiquattr'ore dopo ho assisto in televisione all'inaugurazione del Mondiale in Qatar: lo stadio che la ospitava era una specie di gigantesca astronave a forma di tenda, nuova di zecca.

Sarò superato dai tempi, ma io continuo a preferire il Filadelfia.

Un ringraziamento speciale, questa settimana, va a Lorenzo Sonego, cuore granata, che ha sconfitto Frances Tiafoe in Coppa Davis al termine di una gara leggendaria, combattuta punto su punto.

Lorenzo incarna l'anima del Toro talmente a fondo da riuscire a traslarla nel tennis.

Vorrei vedere undici furie in maglia granata animate dal suo stesso spirito guerriero: certamente vinceremmo qualche derby in più.

Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

tutte le notizie di