Quando nello scorso febbraio viene chiamato da Urbano Cairo a sostituire Walter Mazzarri, probabilmente avrebbe dovuto rifiutare la proposta. Una proposta, quella di Cairo, fatta con una logica da “mercante del tempio”, evidentemente maramaldeggiando sui sentimenti intimi dei tifosi granata. In un momento di grande contestazione e con una squadra allo sbando, il richiamo alla fede granata con l’ingaggio di Longo è stato come un colpo di stato del cuore. I sentimenti sono tutto per chi da anni ogni 4 maggio sale a Superga, e il presidente del Torino, da vero uomo di marketing, ciò lo sa bene. Il marketing, si sa, sovente vende fumo, perché le persone spesso non comprano prodotti e servizi, ma relazioni, storie e magie. E invece di correggere sul mercato di gennaio una squadra dagli evidenti limiti, specie a centrocampo, l’uomo marketing da sempre situato nella coscienza di Cairo, ha una trovata semplice e luciferina, per sperare di placare i suoi tifosi ormai sul piede di guerra: c’è bisogno di rispolverare il mito del Filadelfia, c’è bisogno di uno dei suoi ragazzi. Ed ecco, quindi, l’idea di far realizzare a Longo il desiderio di essere una protagonista della storia granata. Ecco Longo diventare allenatore del Toro. Declinare l’offerta sarebbe stata la scelta più saggia, perché era chiaro come si stesse sfruttando la sua figura per scuotere positivamente l’emotività del tifo granata, ma soprattutto l’avrebbe dovuta declinare perché il rischio di non esser pronto all’impresa era elevatissimo. Longo avrebbe dovuto aspettare un’occasione migliore e un bagaglio di esperienza più congruo, e magari con una squadra da lui voluta e costruita.
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Ma si può rifiutare la tua “Brigadoon” quando ti si appalesa davanti? I tuoi discorsi al bar, le tue ipotesi con gli amici, il far tardi la sera per qualche gioia o delusione da Toro, ora è tutto lì, a portata di mano delle tue decisioni. Doveva rifiutare e attendere, Longo, ma nello stesso tempo è comprensibile come non abbia potuto farlo. Il tifo di una squadra, per un tifoso, è come una famiglia, è come un luogo lirico delle affinità elettive. Sono certo come la cosa a fare più male a Longo, in questo momento, è vedere la tua famiglia delusa fino al punto di ripudiarti, fino alla triste considerazione di ritenerti un’incapace nel gestire i suoi sogni. Tu parli di Toro con il coltello tra i denti a giocatori che non possono capire, perché persi in una contemporaneità nichilista e priva di senso dell’onore. Provi a predicare quello che hai imparato tra quelle pietre senza età del Filadelfia, ma sembri un disco demodè e magari nello spogliatoio sarai oggetto di facili ironie. E il tuo dolore aumenta. Forse la famiglia granata dovrebbe capire, perdonarti, e darti qualche carezza da qui alla fine del campionato, comunque vada a finire. Perché il tuo coraggio e il tuo amore per il Toro meritano rispetto. Mi sovviene una frase del tuo libro preferito: “certe cose non puoi prolungarle all’infinito. Viene il momento in cui devi strappare il cerotto. Fa male, ma poi passa e ti senti meglio”. Sentirti meglio è l’augurio che mi sento di farti, perché sono certo come la favola della tua vita non si sia conclusa oggi. C’è ancora Toro nel tuo futuro, e se fosse anche solo da tifoso sai bene come non sia affatto male. In bocca al lupo, Moreno.
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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