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La rivolta di Novak Djokovic

La rivolta di Novak Djokovic - immagine 1

La rubrica di Carmelo Pennisi riguarda un caso che tanto ha fatto discutere negli ultimi giorni, quello del tennista bloccato in Australia

Carmelo Pennisi

“Innamoratevi delle parole

                                                                        solo se sono libri”.

Da Twitter

 

Ci sono momenti in cui comprendi come la follia e il non senso stiano prendendo completamente il sopravvento negli avvenimenti del mondo; succede esattamente quando leggi la dichiarazione di Srdjan Djokovic, padre dell’attuale numero 1 del tennis mondiale, dove si sostiene la condizione di prigionia imposta dalle  autorità australiane a Novak Djokovic, attualmente confinato in una stanza d’albergo in attesa di sapere se un tribunale australiano annullerà o meno il procedimento a suo carico di espulsione messo in atto per il non rispetto delle norme anti Covid in vigore nel “Paese dei Canguri”. Erano mesi che si attendeva un fatto di risonanza mondiale a porre con forza l’attenzione sulla spaccatura ormai in atto tra chi il vaccino è corso subito a farlo e chi non ha nessuna intenzione di riceverlo, una sorta di guerra nata sulla scorta del sentimento più razionale e irrazionale dell’animo umano: la paura. Quando la paura comincia a serpeggiare in modo incontrollato diventa difficile finanche ipotizzare quali possano essere le conseguenze, e tutto può essere farsa e tragedia nello stesso tempo. La scienza segnala come l’eccessiva presenza del terrore possa rallentare in modo determinante il nostro sistema immunitario, con la conseguenza di aumentare in modo significativo conseguenze fisiche dannose, fino al punto di essere letali, specie nelle persone più deboli. Bisognerebbe quindi agitare con cura questo sentimento, specie da parte di chi ha il potere di diffondere o gestire notizie riguardanti fatti particolarmente gravi. Aver utilizzato esclusivamente la paura come metodo di gestione degli accadimenti pandemici è stato un errore talmente grossolano, da far porre molteplici interrogativi sulle reali capacità dell’attuale elite mondiale. Mesi e mesi di informazione ansiogena catapultata sull’opinione pubblica hanno portato ad una situazione di “condizionamento classico”, ovvero all’apertura del “Vaso di Pandora”  di ogni tipo di fobia specifica presente nell’animo umano. Questo, da quasi due anni, sta condizionando in modo determinante ogni tipo di attività umana, facendo assumere alle persone una reazione da “faint”, un atteggiamento di “finta morte” molto diffuso nel regno animale dove la preda, ritenendo di essere priva di ogni via di uscita, cerca di salvarsi dal predatore irrigidendo totalmente il corpo e inscenando così una morte salvifica dalla cupidigia dei vivi. Stiamo cercando di sopravvivere in modo insensato, vaccinati e non vaccinati, smettendo sostanzialmente di vivere, e ognuno di noi è convinto di avere delle buone ragioni per farlo e si prepara anche all’utilizzo del proprio carico di aggressività per sostenerle: questo atteggiamento è il prodromo di ogni guerra combattuta dai tempi di Caino e Abele. Gli storici, tra cento anni, avranno un bel da fare nel darsi una spiegazione su “Deportado!”, il titolo della prima pagina di “Marca”, corredata da una foto di Djokovic, giunto con la forza di un pugno sui quasi tre milioni di lettori del maggiore quotidiano sportivo spagnolo. Ecco, una delle catastrofi del Covid 19 è stata quella del cattivo utilizzo delle parole, come se improvvisamente avessero perso ogni tipo di senso e si fossero aperte ad ogni tipo di interpretazione. Siamo passati da “in principio era il Verbo(la verità)” di Cristiana memoria, all’anarchia del neologismo continuo partorito per l’interpretazione dello stesso. Proferiamo, in sintesi, con forte convinzione ogni parola a “capocchia”, spacciandole per acute riflessioni a cui noi, e noi soli, siamo giunti: il trionfo di ogni ego mal riuscito. Dimentichiamo con facilità imbarazzante come si venga al mondo esclusivamente per “tentare”, vista la nostra condizione di naufraghi sin da quando lasciamo il ventre di nostra madre. Il sottotesto esistenziale del tentare è quello di non sapere, perché è proprio quell’atto in cui aspiriamo a rendere “il tentare” una conoscenza finalmente foriera di una spiegazione. I neonati e i bambini si muovono freneticamente in maniera convulsa perché non avendo un passato, e quindi privi di ogni certezza, non possono che essere avidi di tentativi. Ammettono l’ignoranza e vogliono apprendere, e l’unica cosa in grado di fermare tale necessario processo è proprio la paura. Facendola agire incontrollata ferma o perverte “il compito”, innescando nell’animo umano uno stato di crisi senza fine. Il Covid 19 ci ha portato nell’incubo di un rompicapo apparentemente irrisolvibile alle nostre forze, perché troppe fobie si sono appalesate contemporaneamente alla nostra porta e non sappiamo scegliere, considerato come l’informazione ricorda ossessivamente come ogni tentativo verso l’ignoto possa avere conseguenze letali. Djokovic confinato in una stanza di un hotel è davvero un bel rompicapo, perché non lo si può liquidare facilmente come una partita Iva qualsiasi obbligata, in nome della salute pubblica e della scienza, ad obbedir tacendo in attesa di un ristoro governativo tardivo ad arrivare e misero nella sostanza. Il numero 1 del tennis mondiale ha la capacità di gridare nel deserto e, pensate un po’, di farsi ascoltare. Il tennista migliore del mondo ha pagine e pagine dell’informazione a sua disposizione e soldi per pagarsi  avvocati altamente capaci per mettere in scena una delle fobie più classiche del repertorio umano, quella degli aghi e delle procedure mediche invasive. A Novak Djokovic non puoi dire “zitto e mosca”, perché ha una nazione, la Serbia, dietro di sé assolutamente non disponibile a far maltrattare uno dei più fulgidi simboli della sua storia. Per lui si è mossa la “Prima Ministra” Ana Brnabic, ritenendo inidonea e ingiusta la permanenza forzata del suo illustre concittadino in una residenza alberghiera solitamente utilizzata per i rifugiati e i richiedenti asilo. Non si trattano così le stelle. E in questo “Circo Barnum” della follia, Srdjan Diokovic sfodera tutto l’orgoglio paterno e definisce il figlio “lo Spartaco del nuovo mondo che non tollererà ingiustizia, colonialismo e ipocrisia. E’ prigioniero, ma più libero che mai. Si è convertito nel leader del mondo libero, delle persone povere e con necessità. Lotta per l’uguaglianza delle persone”. In attesa  che il buon Srdjan proponga Novak per il “Premio Nobel”, il Ministro dell’Interno Karen Andrews non si è opposto all’ingiunzione contro il rimpatrio immediato del tennista serbo; è quanto mai vitale prendere tempo per trovare il classico “Uovo di Colombo” a giustificare la follia agli occhi di tutti. Temo servirà a poco aver arruolato Rafa Nadal nella dialettica tra “stelle”, il suo “il mondo ha sofferto abbastanza, bisogna vaccinarsi” pare una brutta copia di una stantia “Pubblicità Progresso”, dove il refrain più diffuso da un secolo a questa parte(“ho fiducia nella scienza”) ha la funzione catatonica atta a fare andare avanti uno show impossibile da fermare. In “Jagoda: fragole al supermarket”, un film serbo del 2003 diretto Dusan Milic e prodotto da quell’autentico genio del cinema balcanico quale è Emir Kusturica, il nipote di una vecchietta trattata male ad un supermarket, si presenta il giorno dopo e lo occupa, agitando una pistola, chiedendo giustizia. In poco tempo davanti al negozio si raduna una moltitudine di gente agitando bandiere serbe e finendo per prendersela con l’imperialismo americano e la globalizzazione. La geniale satira del film racconta come ci voglia davvero poco a trasformare  piccole scintille in poderosi incendi problemi atavici ostinatamente non risolti. Il caso Djokovic sta chiedendo con forza alla politica di riuscire a mediare finalmente tra interessi contrapposti e a portare dopo due anni ordine nel caos, non si può rimanere ancora a lungo nel teorema da “stallo messicano” di Matteo Berrettini(“provo empatia per Novak, ma capisco il popolo australiano”). Al tennista romano sarà bene ricordare come al “Diluvio Universale” ormai inevitabile, il Creatore diede come via d’uscita un’Arca inaffondabile e un nocchiero(Noè) di sicuro valore. Si dia spazio al senso di realtà e di necessità, e lo si faccia prima che Srdjan proponga il figlio come nuovo simbolo della “Trinità”. Ricordate la perdita del vero senso delle parole? Ecco, quello.

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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