LEGGI ANCHE: Il fratello di Bobby
Ed è sorprendente la convergenza di pensiero di Heidegger e Benedetto XVI allorché pongono l’accento sulla tecnica che non è solo tecnica ma, come si sottolinea nella “Caritas in Veritate”, essa si “si inserisce nel mandato di coltivare e custodire la terra”. Ed è questo il punto che Urbano Cairo, dominato dalla tecnica del calcolo, non riesce proprio a comprendere, e in cui si sta dibattendo come un pesce impazzito in un acquario sconosciuto e incomprensibile per lui. Una società di calcio, essendo un ethos, non può mai essere gestita solo con la tecnica del calcolo delle entrate delle uscite. Come la carriera di un calciatore non può assumere esclusivamente la forza giuridica regalategli dalla “legge Bosman”. Fare impresa o esercitare una professione sono espressioni di una libertà umana che assume fascino e senso solo quando pone come metronomo delle sue decisioni la responsabilità morale. Lo sviluppo di qualunque ethos, quindi anche quello del calcio, è impossibile senza pensare anche al bene comune, senza considerare come la nostra libertà agisca all’interno di esso. La modernità che stiamo vivendo ci sta facendo indulgere, temo, in un fraintendimento del concetto di libertà e del diritto soggettivo. Delle nostre cose, nemmeno di quelle guadagnate con il sudore della fronte, non possiamo disporne senza nessun vincolo, perché, semplicemente, non viviamo da soli. Aver dato ai calciatori la “prateria” tecnico/giuridica della Legge Bosman non è stato regalargli uno spazio di libertà legittima, ma solo aver spostato il potere su di loro dai club ad una rete, spesso occulta ai più, di procuratori e mediatori che lentamente, e nel silenzio di ogni organo controllore, si è impossessata persino delle loro vite. Ci vuol poco a far diventare una legittima aspirazione di spazi di libertà, una perversione senza uscita. E’ la legge del dare e dell’avere assurta a fine, dotandosi persino di autonomia morale. Quelli come Urbano Cairo non hanno compreso la perversione in cui si sono calati, e non credo per un particolare tendenza alla malafede, ma forse perché hanno rimosso l’obbligo della responsabilità verso la collettività quando si gestisce un bene comune. Ho paura ci si trovi di fronte ad un evidente incapacità dell’imprenditore alessandrino di comprendere la gestione corretta di una squadra di calcio, portata avanti fino ad oggi con la logica di un ragioniere.
LEGGI ANCHE: Ritroviamo il calcio
Ma questo parrebbe lo spirito del tempo. Nel suo intervento di qualche giorno or sono al “Meeting” annuale di Comunione e Liberazione a Rimini, Mario Draghi ha lamentato problemi e possibili risoluzioni dei guai dell’Italia, ma si è dimenticato di fornire un solo perché dello stare al mondo degli italiani. Mi si può dire come da un ragioniere non ci si possa aspettare altro, è vero. Ma non si possono dare le coordinate corrette per costruire una cattedrale, se poi questa dentro e fuori è dominata dal deserto. Se ne ricordi Cairo ogni qual volta sottolinea di come lui abbia ricostruito un Torino distrutto dal fallimento. Un deserto non serve a nessuno, è solo sabbia. E prima o poi,la sabbia, scivola dalle mani senza lasciare nessuna traccia. Nemmeno di un buon affare.
Di Anthony Weatherill
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
/www.toronews.net/assets/uploads/202508/2152c6c126af25c35c27d73b09ee4301.jpg)