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Cosa accadde a Torino il 17 ottobre 1926

Nel segno del Toro / Torna la rubrica di Stefano Budicin, dedicata alle curiosità relative al mondo granata

Stefano Budicin

Prima di proseguire, domandatevi se la data che dà titolo all'articolo vi rimanda a qualcosa di familiare oppure no. Pensateci a lungo, provate a scandagliare tutti i ricordi di natura calcistica che avete avuto la cortese abilità di immagazzinare in questi anni. Poi andate pure avanti. Mi limiterò a dire che la data in questione è di importanza inestimabile per la storia della nostra squadra del cuore. Un giorno intriso di fascino soprattutto se lo si rapporta con ciò che da lì in avanti avrebbe finito per accadere.

È il 17 ottobre 1926. Il conte Enrico Marone di Cinzano, presidente del Toro, medita sulla costruzione di una struttura sportiva che accolga la squadra granata e le permetta di allenarsi in totale comodità. Decide pertanto di recarsi in comune per richiedere la concessione edilizia e concretizzare il suo desiderio. Il terreno scelto per l'edificazione si trova in periferia, dato il basso costo dell'area. Il progetto dell’impianto reca la firma di Miro Gamba, ingegnere, docente del Politecnico di Torino e ardente tifoso granata.

I lavori durano 5 mesi, al prezzo di due milioni e mezzo di lire. L'inaugurazione dello stadio, detto Filadelfia, avviene in presenza del principe ereditario Umberto, di Maria Adelaide e di oltre 15mila spettatori. A occuparsi della benedizione dell'area è l'arcivescovo di Torino Monsignor Gamba.

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La Stampa, nell'agosto 1926, scrive a pagina 4 : “Ai primi del prossimo ottobre verrà inaugurato un nuovo campo per il gioco del calcio: il campo del Torino Football Club. La nota e battagliera associazione sportiva lascia definitivamente l’antica pelouse di corso Sebastopoli e si trasporta nel prato che ha per confini il corso Stupinigi e il grande fabbricato della Fiat-Lingotto”.

La Gazzetta del Popolo, il giorno prima dell'inaugurazione, dedica all'evento toni molto più entusiastici: “Domani verrà inaugurato il nuovo campo del Torino F.C. La cerimonia, alla quale la presenza delle maggiori autorità cittadine conferirà un carattere di solennità, è considerata dalla vasta famiglia sociale di uno dei più popolari e gloriosi sodalizi sportivi italiani, come una festa intima, a coronamento di un lungo sogno e di un rapido lavoro di costruzione”.

Lo stadio appena creato è uno spettacolo a vedersi: 38mila metri quadri cinti da un muro. Due sole tribune dalle poltroncine in legno numerate, attorniate da gradinate in cemento. La facciata, composta da mattoni rossi, con grandi colonne e finestre dagli infissi bianchi. Un piccolo miracolo di architettura al servizio di uno stile sobrio e popolare.

Per l'occasione si disputò la partita di campionato Torino-Fortitudo Roma, che finì con la schiacciante vittoria granata per 4 a 0. Ben presto il Torino vince due scudetti, di cui uno revocato. Poi è la volta degli Invincibili e di cinque scudetti di fila guadagnati, una striscia che solo la guerra è in grado di interrompere. Al Filadelfia i granata rimangono imbattuti per quasi tutti gli anni '40.

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È al Filadelfia che il Toro riuscì a vivere e tramandare i suoi racconti più esemplari, su quel terreno il Grande Torino fece conoscere al mondo la leggenda. Al Filadelfia tutti i torinisti erano persone con una storia meritevole di essere raccontata. Si pensi alla signora Franca, figlia di Gildo Zoso, magazziniere del Grande Torino. La donna era considerata la “fatina protettrice” del settore giovanile, nonché colei che puliva gli spogliatoi e portava il tè all’intervallo. Il campo insegnò a lungo che a rendere grande una squadra è soprattutto la comunità di appassionati che si accalca per omaggiarla. Ed è sempre al Filadelfia che il mondo poté essere testimone di cosa volesse dire sostenere una squadra fino alla fine; poté capire cosa significasse, per un tifoso granata, presenziare sugli spalti e supportare la propria squadra con una fedeltà che solo i torinisti erano in grado di dimostrare partita dopo partita.

Una fedeltà che però non bastò a evitare il declino dello stadio dopo l’ultima partita di campionato, disputata nel 1963, a seguito di incurie e negligenze delle quali non ci si vergognerà mai abbastanza. Eretto e inaugurato nel 2017, il nuovo Filadelfia si ripropone di far rivivere il mito. Un progetto ambizioso, considerando il significato che il vecchio stadio ricopre nel cuore dei tifosi da tempi pressoché centenari, ma non impossibile da realizzare, perché citando le parole di Franco Ossola Jr, “i luoghi, se abitati e vissuti, sono vivi”.

Laureato in Lingue Straniere, scrivo dall’età di undici anni. Adoro viaggiare e ricercare l’eccellenza nelle cose di tutti i giorni. Capricorno ascendente Toro, calmo e paziente e orientato all’ottimismo, scrivo nel segno di una curiosità che non conosce confini.

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