In esclusiva le parole dell'ex giocatore granata a cinquant'anni esatti dalla sua ultima partita con la maglia del Toro
Il 22 giugno 1975 allo stadio "San Paolo" di Napoli andò in scena un Napoli-Torino di Coppa Italia che poteva apparire una partita di tante nella storia granata. In realtà, quella gara fu l'ultima con indosso la maglia del Toro per capitan Giorgio Ferrini e per Angelo Cereser. A cinquant'anni esatti di distanza in esclusiva su Toro News Cereser racconta l'amarezza per quell'epilogo e traccia un'analisi degli ultimi mesi del Torino tra conferme, cambi in panchina e rientri da infortuni.
Buongiorno Angelo. Le piace la scelta di Marco Baroni?"Non lo conosco a fondo, a me piaceva molto anche Vanoli. Nel calcio ormai si cambia velocemente, ogni sei mesi si cambia, quindi lasciamo al calcio i suoi capricci. Ho seguito Baroni alla Lazio e mi sembra che abbia fatto un buon lavoro. Mi sembra un allenatore che proponga un calcio veloce e semplice. La variante più importante riguarda i giocatori che hai a disposizione: alla Lazio non aveva una brutta squadra, vedremo al Torino".
Secondo lei, Duvan Zapata potrà tornare ai livelli pre-infortunio?"Difficile rispondere. Quando ci si rompe il legamento crociato in età avanzata bisogna stare molto attenti e bisogna sperare di essere guariti molto bene. Zapata ricopre un ruolo tecnico ed emotivo importante nel Torino e dev'essere nel pieno delle sue forze. Gli auguro di giocare un po' meno rispetto al passato ma di farlo con la stessa qualità che lo ha contraddistinto durante tutta la sua carriera".
Come giudica l'annuncio di Cairo, a campionato non ancora finito, che in estate verranno effettuate due cessioni eccellenti da rimpiazzare nel migliore dei modi con il lavoro di scouting?"Si vuole continuare sulla stessa strada degli ultimi anni, soltanto il tempo dirà se avrà ragione o meno. Molto dipenderà dai giovani ma con i giovani bisogna avere tempo. Lo scouting è utile ma non è immediato. Devo dire che non mi sarei aspettato un'uscita così brusca del presidente ancor prima della fine del campionato, ciò significa che lo aveva già in testa da tempo".
Vanoli è stato messo in discussione e licenziato, Vagnati è stato confermato ed è stato posto come perno del progetto tecnico granata: si sarebbe aspettato qualcosa di diverso?"Il padrone decide e si chiama Cairo. Se ritiene che Vagnati ha fatto un buon lavoro, allora Vagnati resta e viene confermato. Cairo si ritiene soddisfatto del lavoro di Vagnati, sembra che possono andare d'amore e d'accordo. Per Cairo sono importanti i risultati e i bilanci e mi sembra di poter capire che ciò che gli garantisce Vagnati lo soddisfi".
Cinquant'anni fa la sua ultima partita con il Torino. Cosa ricorda?"Sì, me la ricordo. Era una partita come le altre perché ero convinto di restare nella stagione stagione successiva. Ero stato rassicurato da Radice e Bonetto. Avevo già la famiglia al mare che avrei raggiunto dopo gli impegni di Coppa Italia, avevo già annunciato alla società che sarei rimasto volentieri e avevo già ricevuto la loro conferma. Per di più due anni prima Ferrini e io rinunciammo a offerte davvero allettanti da parte di Milan e Inter. Devo dire che il cambio di strategia di Radice e Bonetto mi fece rimanere molto male, più a me che a Giorgio perché lui era già un po' più grande. Non me l'aspettavo proprio e ancora a distanza di cinquant'anni se ci ripenso la vivo male".
Ci fu molto per chiarirsi nei mesi successivi? "Andai a Bologna e provai più volte a ricontattare il presidente Pianelli e il vicepresidente Bonetto ma nessuno accettò mai la mia chiamata. Questa cosa mi buttò a terra dal punto di vista emotivo perché io ero e resto di fede granata. Dunque, contro il Napoli in Coppa Italia giocai la partita incosapevolmente, mai avrei pensato che sarebbe stata la mia ultima in granata. Fu uno sgarbo poco piacevole, uno sgarbo molto lesivo".