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Matteo Marani: “Negli anni ’70 in Italia chi non era juventino era granata”

FLORENCE, ITALY - APRIL 09:  Matteo Marani poses for a photo during talian Football Federation Hall Of Fame on April 9, 2018 in Florence, Italy.  (Photo by Claudio Villa/Getty Images)

Esclusiva TN / Il giornalista di Sky, autore di un docufilm dedicato alla stagione 1976/1977, parla di passato e presente: "Giampaolo merita tempo"

Roberto Ugliono

Matteo Marani è uno dei giornalisti italiani più importanti degli ultimi anni. Il suo percorso inizia nel '92 quando entra al Guerin Sportivo da stagista e da quel momento è cresciuto fino a diventarne direttore. Al momento - dopo aver lavorato anche per Il Messaggero, il Corriere dello Sport e il Sole 24 Ore - è uno dei giornalisti di punta di Sky Sport, di cui è anche stato direttore. Da ieri sui canali di Sky è in onda il nuovo episodio dedicato al campionato 1976/1977, quello vinto dalla Juventus di un punto sul Torino. Per questo motivo abbiamo voluto intervistarlo, così da fare un tuffo nel passato e dando uno sguardo al presente del mondo granata.

"Come è nata l’idea di voler raccontare la stagione ’76/’77?

""C'erano un po’ di proposte e si decise di raccontare questa storia. Era un anno simbolico che univa tante cose a Torino. Io ricordavo che era l’anno della morte di Casalegno. Quello non fu solo lo scudetto di Torino, ma anche il simbolo del calcio anni Settanta".

"Anni fa Mihajlovic disse che il derby della Mole è una sfida tra aristocratici e proletari. Una definizione che si addice a meraviglia a quell’epoca.

""Anche indiani contro cowboy per dirla alla Mondonico. All’epoca era più marcata la differenza e le classi sociali erano più precise. L’operaio che veniva dal Sud era tifoso juventino, mentre il torinese era granata. Ora un'identificazione del genere sarebbe più uno stereotipo. Una differenza c'è sul senso di appartenenza. Il Toro è custode della torinesità e della piemontesità. I tifosi del Toro spesso hanno rivendicato il dialetto come segno di appartenenza".

"Anche se era molto piccolo, cosa ricorda di quel Torino?

""Il primo campionato che ricordo è proprio quello. Io guardavo la Juve e il Toro. In Italia chi non era juventino era granata. Io sono neutro, però nell’Italia c’è chi si identificava nell’una o nell’altra. La metà anti-juventina simpatizzava per il Toro, che è una squadra trasversale. Dal Grande Torino in poi, il Toro è ovunque in Italia, è una parte della storia del nostro Paese.. Ricordo quelle maglie bellissime con quel colore unico, che trasudava la storia e con quel bellissimo toro stilizzato. Io sono molto amico di Eraldo Pecci e lui mi ha trasmesso molto dell’amore per il Toro. Mi ha sempre spiegato che cos’è il Toro. Io vengo da Bologna, un’altra piazza che ha un grande passato, ma un presente più difficile e quindi capisco i sentimenti dei tifosi del Torino".

"Guardando il Toro di adesso, di quella rosa del’76/’77 chi potrebbe servire di più a Giampaolo?

""Direi soprattutto Graziani. Che si sposerebbe meravigliosamente con Belotti, per questo non dico Pulici. Poi non dimentichiamoci che c'erano giocatori di una classe meravigliosa come Zaccarelli e Pecci. Non saprei valutare un paragone tra Castellini e Sirigu, sono due portieri fortissimi".

 Roberto Mozzini (a sinistra) e Francesco Graziani (a destra, negli insoliti panni del portiere) durante la partita di Coppa Campioni tra Torino e B. Monchengladbach (1976)

"Sembra smarrito un po’ lo spirito Toro dell’epoca. Contro l’Inter l’ennesima rimonta subita. Che idea si è fatto?

""Guardo con molta simpatia Giampaolo, perché è un allenatore con idee. Non è facile in questo momento lavorare nel Torino dove c’è un po’ di delusione. Mi sembra un ambiente molto difficile adesso. Poi sono stati fatti degli errori. So che mi farò molti nemici affermando questo, ma secondo me Mazzarri non era da esonerare in quel modo e con quei tempi. Sono dell'idea che se fosse stato esonerato prima, il Torino sarebbe retrocesso. Vero che lui si era inimicato la tifoseria con quell'esempio su Chiellini, ma cambiare tanto non serve a molto".

"In Italia ci sono due modelli importanti come Atalanta e Sassuolo. Cosa serve al Torino per arrivare ai quei livelli?

""Intanto ci vogliono dirigenti illuminati, che ragionino tutti insieme. Servono presidenti che abbiano voglia e pazienza di costruire. Chiaro che fare calcio a Bergamo o a Sassuolo è più facile, non hai sette scudetti sulle spalle. Costruire dei modelli del genere a Torino è dieci volte più difficile. Costruire una società è complicata. Non conosco Vagnati e quindi non posso giudicarlo".

"Quanto tempo darebbe lei a Giampaolo? Sul campo si intravedono i primi risultati.

""Spero abbia il tempo di cui ha bisogno. Marco ha fatto bene dove ha avuto il sostegno della società. Intanto ha un contratto biennale, quindi il Toro ha già messo in conto che serve tempo".

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