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Esclusiva

Patrignani a TN: “Il 4 maggio in marcia chiederemo a Cairo di vendere il Toro”

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In esclusiva le parole del presidente del Toro Club Pesaro che racconta le ragioni della marcia per la difesa dei valori del Torino del prossimo 4 maggio
Andrea Calderoni
Andrea Calderoni Caporedattore centrale 

Mario Patrignani è un personaggio importante e influente del tifo granata. Presidente del Toro Club Pesaro, è stato per svariati anni a capo del Centro di coordinamento dei Toro Clubs. Oggi interviene in esclusiva su Toro News per spiegare le ragioni che hanno portato lui e altre centinaia di tifosi a organizzare per la mattinata del 4 maggio una manifestazione a tutela dei valori e della storia che da sempre contraddistinguono il Torino.

Buongiorno Mario. Come si strutturerà l'iniziativa del prossimo 4 maggio?"Abbiamo contribuito a richiedere i permessi alla Questura per la marcia. Non sono direttamente un organizzatore della manifestazione. Posso però dire che la mattinata sarà un momento importante, la speranza è di ripetere i numeri della marcia del 2003. Sarà una marcia in difesa dei valori del Toro, in difesa di chi ci vuole male, in difesa di chi ci voleva già spariti, in difesa di chi non vuole donarci un futuro. Si tratta di una marcia di calore e di passione, ma anche di contestazione perché reclamiamo per un Toro all'altezza del suo mito".

La marcia mattutina non escluderà la partecipazione alle celebrazioni degli Invincibili al pomeriggio?"Assolutamente no, noi saremo presenti al pomeriggio a Superga come da cinquant'anni a questa parte. Ho saltato soltanto una commemorazione, quella del 2020 a causa del Covid-19. Superga è l'onore del mito, dal quale è tutto è nato. Senza Superga il Torino avrebbe fatto più fatica a uscire dall'anonimato. Ma il Toro non è soltanto questo: è lotta contro i tentacoli del potere, il potere grezzo e rozzo che vuole vincere a tutti i costi. Fin da ragazzo essere del Torino significava essere Calimero, avere pochi soldi, avere gli arbitri contro, affrontare quotidianamente una lotta romantica e spesse volte perdente. Il Toro nella sua storia può aver perso contro il potere ma ha sempre vinto in quanto a difesa della sua sopravvivenza perché il nostro club non può mai morire. Superga è la base, poi però è venuto su molto altro intorno a Superga".

Urbano Cairo, secondo lei, non sempre ha agito per il bene del Torino?"La questione è complessa e merita di essere affrontata fin dal principio. Nell'estate del 2005 quando c'era il timore che il Torino diventasse una succursale della Lazio e i tifosi fecero la rivolta dell'Hotel Campanile, tutti fummo entusiasti di accogliere Cairo che appariva un vero salvatore. Mi ricordo che mi misi in macchina da Pesaro per applaudire Cairo nuovo presidente. Aggiungo che per anni non ho tollerato alcuna critica nei suoi confronti: guai a chi me lo toccava, dico una cosa blasfema ma per me nei primi anni Cairo era come la Madonna. Poi, però, qualcosa si è rotto. Ci ha promesso di entrare nelle 'sette sorelle' del calcio italiano e di qualificarci alla Champions League, invece fattivamente la sua gestione si è tramutata in un gelido e arido controllo economico senza la minima dimostrazione di credere in un salto di qualità. In modo scientifico si è dimostrato di non voler fare un salto di qualità. So perfettamente che alcuni presidenti del passato non sono finiti benissimo, pensavo che Cairo ragionasse a piccoli passi per evitare di ripetere la medesima storia. In realtà, questi vent'anni hanno messo in luce un risultato sportivo fallimentare. Non dobbiamo essere Inter, Milan e Juventus. Mi rapporto con Atalanta, Bologna, Fiorentina e Lazio. In quelle piazze c'è la voglia di fare, dentro il Toro non c'è la volontà di fare una grande storia. Aggiungo che anche a fronte di investimenti siamo incappati in tanta incapacità, del resto non puoi paragonare un Sartori del Bologna a un ex Spal come Vagnati. Il nostro Toro non ha futuro, vivacchia". 

Come si può uscire da questa condizione?"Semplice, da anni vivo nella speranza che Cairo ceda il Toro e ci ridia la speranza di avere un futuro. Lo stesso Cairo ha dichiarato che dopo vent'anni un presidente si può stancare. Ecco quindi chiedo pacificamente a Cairo di vendere il Toro. Non chiedo tanto, soltanto il nostro futuro. Perché il Bologna può godere, la Fiorentina arrivare sempre in finali europee, l'Atalanta essere riconosciuta come perno del nostro calcio? A noi mancano amore, capacità e volontà: se questo non è un fallimento, non so cosa lo sia. Dunque, Cairo basta, è ora di vendere il Toro".