Oggi, 9 giugno, sono 53 candeline sulla torta di Sandro Cois. 224 partite in Serie A, 72 gare con la maglia granata, indossata già dalle giovanili. Mediano, in carriera ha segnato 11 gol, 4 dei quali con il Torino, uno in finale di Coppa Italia contro la Roma (ultimo trofeo della storia granata). In esclusiva su Toro News l'ex centrocampista si racconta tra passato, presente e futuro.
Sandro tanti auguri! Partiamo da una domanda di per sé banale: cosa ha rappresentato in questi suoi 53 anni il Toro? "Il Torino nel mio percorso ha rappresentato tutto: l'inizio della mia carriera e l'emozione di sentire l'odore dello spogliatoio del Filadelfia. Mi sento un privilegiato perché sono stato nel Torino in anni cui da quello spogliatoio sono transitati grandissimi campioni. Ho avuto la fortuna di avere squadre sia a livello giovanile sia a livello di Prima Squadra davvero forti".
Ha vissuto anni di grande fiducia nel mondo granata. "Sì, ho vissuto una grande rinascita del Torino tra anni Ottanta e Novara. Ho incontrato sulla mia strada granata tante persone importanti, tre mi piace ricordarle: Sergio Vatta, il mio scopritore, Serino Rampanti, il mio finalizzatore a livello giovanile, ed Emiliano Mondonico, colui che mi ha lanciato in Serie A. Mondonico credeva davvero nei giovani, lo ha dimostrato con me, Sottil, Vieri".
Erano anni in cui il Toro lottava davvero per i titoli... "Ho avuto la fortuna e la sfortuna di perdere senza mai perdere una finale di Coppa Uefa. Negli anni però ci siamo tolti tante soddisfazioni, come una Coppa Italia che fu caratterizzata da un arbitraggio scandoloso; ricordo ancora il recupero all'Olimpico di Roma, una roba che non si era mai vista nella storia del calcio".
Un gol alla Roma nella finale d'andata di Coppa Italia, un altro all'Inter in Serie A. Si ricorda? "Fu una settimana incredibile. Segnai il mio primo gol in Serie A contro l'Inter, fu un gol pazzesco: rubai palla sulla linea mediana, feci trenta metri palla al piede e infilai il pallone all'incrocio battendo Zenga. Poi, andai in Under-21 e segnai un gol di testa e infine con il Torino segnai a Tacconi del Genoa. Insomma, fu una settimana da sogno, soprattutto per uno come me non troppo avvezzo a segnare".
Ha qualche rimpianto per come sono andate le cose in granata? "Beh, il rimpianto più grande è non aver vinto la Coppa Uefa. Penso sia l'unico rimpianto. Sarebbe stato straordinario vincere quella coppa. Ci togliemmo tante soddisfazioni in quelle stagioni. Vincemmo, ad esempio, tanti derby, tra cui uno anche in Coppa Italia contro una Juventus fortissima perché c'erano i Baggio e company. Tutte le annate di Mondonico furono straordinarie. Dopo la mia cessione e la cessione di tanti big, sono tornati anni complessi fatti di retrocessioni e di campionati di Serie B".
Dopo il Torino nell'estate 1994 passò alla Fiorentina. Tra le due piazze trova più differenze o analogie? "Tanti punti in comune. Il primo punto è la sofferenza. Torino e Fiorentina sono destinati a soffrire. Le differenze sono poche, forse anche per quello le tifoserie sono gemellate. A Firenze sono stato otto anni, sono diventato uomo in viola. La Fiorentina mi ha permesso di andare a un Mondiale e poi a Firenze ho alzato trofei e ho giocato la Champions League".
Chi erano i più simpatici nello spogliatoio del Torino di Mondonico? "Sinceramente erano tanti. Mi trovai benissimo da ultimo arrivato in quello spogliatoio. I due che facevano più ridere erano Pasquale Bruno e Aguilera perché si prendevano spesso in giro e ciò mi divertiva molto".
Passando all'oggi, che giudizio dà alla stagione granata? "Il Torino ha iniziato bene e ha vissuto una buona fase centrale. Purtroppo ha riscontrato problemi nell'ultima parte dell'annata. A mio avviso il Torino ha avuto un grande allenatore e non lo dico perché Paolo Vanoli è stato un mio ex compagno di squadra. Ho seguito il Torino anche per Vanoli e devo dire che il suo lavoro mi ha convinto appieno. Certo si poteva fare qualcosa in più, ma questo si può dire per molte altre squadre. L'unico rammarico è il finale di campionato".
Dunque è rimasto sorpreso dalla separazione da Vanoli? "Sì, mi ha sorpreso. Mi dispiace per Paolo che però troverà un'altra soluzione perché è molto bravo e preparato. Se si arriva a una decisione del genere, significa che chi comanda ha delle ragioni. Io dico sempre una cosa: allenatori, dirigenti e giocatori passano, il Toro rimane".
Lei è ancora nel mondo del calcio, vero? "Sì, vero. Ormai da dieci anni alleno nei settori giovanili, nelle ultime tre annate sono stato al Pisa, sebbene nell'ultimo campionato sia rimasto senza squadra pur sotto contratto. Sono in attesa di trovare qualche altra soluzione".
E tra l'altro in un calcio sempre più in difficoltà a livello tecnico avere ex giocatori in grado di insegnare ai più piccoli risulta prezioso. "Sì, esatto. Credo che a livello giovanile il passato di un giocatore possa essere utile per trasmettere esperienze. Purtroppo nei settori giovanili molto spesso allenano persone più per conoscenze che per bravura. Non è stato il mio caso perché ho avuto sempre la possibilità di scegliere dove allenare. Tante volte mi chiedo come può un ragazzo che non sa calciare un pallone insegnare a un bambino come si fa uno stop orientato. Tuttavia, ci sono ottimi esempi in giro per l'Italia di società che investono su materiale umano di qualità, uno su tutti è quello dell'Empoli che ha affidato tante sue squadre del settore giovanile a suoi ex giocatori".