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Tanti auguri Agroppi: “Fermarsi era un dovere, ma riprendere è un azzardo”

Esclusiva TN / Spegne 76 candeline una delle leggende granata, che esordii con la maglia del Torino il 15 ottobre 1967 quando morì Gigi Meroni

Andrea Calderoni

Accento toscano, voce piena e rassicurante. Aldo Agroppi si presenta sempre così. Questi sono i suoi marchi di fabbrica quando si colloquia con lui. Oggi una delle leggende granata, uno di quelli che il Torino ce l’ha dentro, uno di quelli che non può vedere il mondo in bianconero, spegne 76 candeline. È nato, infatti, il 14 aprile 1944 a Piombino. Agroppi ha scritto la Storia del Torino, quella con la S maiuscola, pur non avendo vinto lo scudetto del 1975/1976. Centrocampista di quelli di una volta, Agroppi intreccia inevitabilmente la propria storia personale con quella granata e lo si capisce parlandogli insieme per qualche minuto.

Buongiorno Aldo, partiamo dagli auguri da parte di tutta la redazione di Toro News. Ma se dovesse indicarci l’emozione più grande vissuta nel mondo nello sport dei suoi primi 76 anni, cosa risponderebbe?

“Non posso che rispondere con una data: il 15 ottobre 1967. Esordii in Serie A in un Torino-Sampdoria 4 a 2, ma nello stesso giorno perse la vita uno dei più grandi giocatori del Torino, Gigi Meroni. Quel 15 ottobre fu un condensato di emozioni, positive e negative. Sicuramente quel giorno ho vissuto l’apice dal punto di vista emotivo, ma poi ci sono stati tanti altri giorni gioiosi che porto dentro con me. E il bello sa cos’è?”.

Prego, ci dica.

“Che non ho vissuto soltanto dei fatti o degli episodi belli, ma ho potuto tessere una rete fitta di relazioni amicali che riesco a coltivare ancora oggi. Con tanti ex compagni del Torino mi sento costantemente nel ricordo di quei tempi andati e nel racconto della nostra quotidianità odierna. Con parecchi di loro c’è un rapporto talmente forte che potrebbe essere paragonato a quello tra fratelli”. 

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Parlando sempre di calcio. Attualmente non si gioca, ma fino a fine febbraio/inizio marzo c’è stato il campionato. Il Torino aveva appena cambiato guida tecnica prima dello stop forzato. L’aveva convinta la scelta della società di affidare la squadra a Moreno Longo?

“La ritengo la decisione più logica per svariati motivi, su tutti: è un ragazzo del Filadelfia e costa poco. Gli è stata data una possibilità importante per potersi affermare. Non era il caso di prendere un allenatore già in auge per il dopo Walter Mazzarri, perché avrebbe preteso un contratto di almeno una stagione e mezza. E se le cose non fossero andate bene nel frattempo? Avresti corso il rischio di avere un allenatore a libro paga per l’anno venturo”.

E il futuro del Torino come lo vede?

“Non è facile dirlo oggi. Bisogna aspettare perché ci sono troppe variabili che possono modificarsi sensibilmente”.

La prima, ed è la più determinante in questo momento, è se si riprenderà o meno a giocare. Lei come giudica una possibile ripresa del campionato?

“Questo campionato è una farsa. Finirà perché ci sono troppi interessi. Molte società vogliono concludere la stagione perché ci sono troppi milioni in ballo. Il torneo, comunque, è falsato. Ci sarà un accumulo di partite. E poi la variabile principale: non ci saranno gli spettatori negli stadi. Ciò trasformerà il calcio in un qualcosa di ovattato, che non sa di niente. Io penso una cosa”.

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Prego, ce la dica. 

“Fermarsi era un dovere, riprendere mi sembra un azzardo. Il campionato potrà pure ripartire, ma il pericolo del virus rimarrà. La gente, anche con le porte aperte, non sarebbe sicuramente andata allo stadio perché le priorità in questo momento sono altre e il timore di qualche altro possibile focolaio rimarrà per un po’ di tempo”.

E allora arriviamo al giorno del suo compleanno. Un giorno veramente atipico considerata la singolare situazione in cui tutti noi ci troviamo: quali sono le sensazioni che sta provando?

“La paura c’è. Qualcuno la sente di più, qualcuno di meno, ma non si può vivere spensieratamente. I bollettini della Protezione Civile li sentiamo tutti. Stiamo in casa, siamo in un carcere senza sbarre per fortuna e cerchiamo di far passare il tempo. Purtroppo non c’è sport in diretta in televisione, ma ciò nasconde anche un vantaggio: non bisogna vedere un campionato con dentro la Juventus”.

La chiacchierata non poteva che chiudersi così: una stilettata lanciata con il sorriso (ma non troppo) all’acerrimo rivale. Ancora tanti auguri Agroppi, altri cento di questi giorni.