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Eraldo Pecci: “Il Filadelfia dava un senso di famiglia. Ora deve essere aperto”

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Le parole dell'ex centrocampista del Torino durante le celebrazioni per il 116° anniversario del club granata

Gualtiero Lasala

In occasione delle celebrazioni per il 116º anniversario del club, presso il Museo del Grande Torino e della Leggenda granata, Eraldo Pecci ha rilasciato alcune dichiarazioni sul Filadelfia e sul suo passato in granata. Di seguito le parole dell'ex centrocampista del Toro: “Il Filadelfia deve essere aperto, è della gente. Quando sono arrivato al Filadelfia, è come andare a Roma, sai che è successo qualcosa, c’era un’aria che io avvertivo, nella nostra mentalità di allora noi la percepivamo. Queste storie con un lieto fine, anche se non c’è stato, è stato un grande inizio. Noi abbiamo fatto il nostro meglio, siamo stati fortunati perché avevamo una bella squadra e siamo riusciti a vincere. L’ho vinto appena arrivato perché ho trovato una squadra con una chimica eccezionale, ci fosse stato Giorgio sarebbe stato più giusto. Lo spogliatoio è quello: io poi esageravo, io facevo l’asino. Tifare Toro è come masturbarsi con la sabbia. Radice è stato il primo a portare l’Olanda in Italia. Ha capito come stava evolvendo il calcio, come stava cambiando il modo di giocare. I difensori una volta erano bravi a marcare l’uomo ma andavano in difficoltà se li sfidavi in velocità. Caporale è stato fondamentale, capiva dove andava la palla. Il mister mi chiese cosa ne pensassi, io risposi che avevano preso il miglior libero a disposizione ma non se n’erano ancora accorti. Nella storia del Toro il miglior presidente è stato Pianelli, amava questa squadra, era un presidente attaccato a questi colori e personalmente diventava a lungo andare un amico. Gli ho voluto bene e credo che abbia voluto bene anche a noi. Aveva i suoi preferiti, però era un presidente che aveva le palle granata, i calzini granata, tutto granata. Una volta ero infortunato in tribuna, tutto insieme, e ogni volta dovevo mettermi seduto di fianco a lui. Una volta dissi a Radice che vincere con Pulici e Graziani era troppo facile, lui mi diede un calcio nel sedere con il mancino. L’anno dopo lo scudetto vincevamo tutte le domeniche e alla fine ci hanno detto che avevamo perso. Di sicuro la Juve era la squadra forte, da battere; poi se avessero più peso politico non lo so… Senza cadere nella retorica, noi dobbiamo essere il Toro, non dobbiamo competere ma rispettando le nostre tradizioni siamo una grandissima squadra. Il Filadelfia ti dava un senso di famiglia, però sono cambiati i tempi. Sono legato da tante cose a questi colori. Borussia-Torino che abbiamo giocato in otto, non c’ero ma quando andavamo in Europa non avevamo molta esperienza. Per questo la Juve era davanti a noi anche in Nazionale, perché noi non siamo mai entrati bene in un calcio fuori dai nostri confini. Bearzot amava veramente il Toro, in maniera viscerale, quando ne parlava si emozionava. Ha sempre aiutato molti giocatori senza far sapere niente a nessuno”.

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