“Duello Macron-Le Pen. In Francia un voto sul futuro dell’Europa” era uno dei titoli che campeggiavano sui quotidiani la mattina del 7 maggio 2017, insieme a “Eroici” oppure “Toro scatenato”, con i granata a prendersi la prima pagina per aver fermato la Juventus a casa sua. Su Tuttosport, Belotti si carica sulle spalle Ljajic, più o meno come il serbo aveva cercato di fare in quei novanta minuti, conclusi sul risultato di parità. Dalla punizione di Pirlo a quella di Adem. Dopo un primo tempo a tinte perlopiù bianconere, con due ottime palle gol capitate sui piedi di Bonucci e Mandzukic, Joe Hart deve dire di no prima a Lichtsteiner dalla distanza, poi a Dybala da due passi. Eccoci giunti al 7’ della ripresa: “La rincorsa di Ljajic, la battuta con il destrooo, immobile Netooo”. Come Pirlo, la sua punizione bacia la traversa e si insacca, prima della corsa a braccia aperte a raccogliere l’esplosione del settore ospiti. Si sarebbe ripetuto anche a Genova e, da lì, più nessun granata avrebbe mai più segnato su punizione. Ma poi, Acquah. Il ghanese, già ammonito, entra ingenuamente duro su Mandzukic – anche se sul pallone – e lascia il Toro in dieci. Anche Mihajlovic viene allontanato. Non resta che barricarsi per difendere coi denti il vantaggio. Rincon, all’epoca bianconero, va vicino al gol di testa, Khedira calcia inspiegabilmente altissimo da pochi passi, Bonucci in scivolata appoggia tra le braccia di Hart, fino a che l’uomo che un’estate prima era diventato il nemico numero uno di una città che lo aveva incoronato re (dietro solo a Diego) decide di mettere il suo nome sulla mappa della stracittadina torinese. Gonzalo Higuain tira fuori dal cilindro una rasoiata su cui Hart si distende, ma con esito negativo. Il gol, un classico da quelle parti, arriva nel recupero. Resta la soddisfazione momentanea di aver rimandato di qualche giorno la festa scudetto bianconera, ma anche l’amarezza di esserci andati davvero vicini.

