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Torino, gli aneddoti di Petrachi: “Quelle bombe carta, i ‘peones’, lo scouting e…”

Redazione Toro News

 Cairo e Petrachi, Superga

"Il rapporto con il numero uno granata: "Cairo aveva preso il Torino che era una scatola vuota. Non c'era stata mai un certo tipo di continuità. Il presidente, avendo una grande personalità e una capacità innata nel comunicare aveva pensato che fosse semplice gestire una società di calcio, come un'azienda. Ma il calcio è una realtà molto diversa. Quando sono arrivato io, Cairo aveva continui contatti con procuratori e giocatori. Errore madornale. Il presidente per un giocatore deve essere come il Papa. I giocatori chiamavano il presidente: una cosa che non si può sentire. Sono arrivato e abbiamo anche avuto degli scontri; ma mi ha sempre lasciato lavorare in autonomia. In linea di massima, ho sempre fatto cose in cui credevo. Io lo dico sempre ai miei giocatori, se devo morire preferisco morire con la mia testa. Non sono un presuntuoso, anzi: dico che ho imparato tanto da Cairo: la gestione delle trattative, la pragmaticità, il saper "contare fino a dieci" quando in precedenza facevo fatica ad arrivare a due. Oggi ci capiamo in fretta".

"Ancora, su Cairo: "Il presidente è migliorato da quando è morta la madre. Da quando lei se ne è andata, la sua è una missione, quella di portare in alto il Torino, perchè lei amava il Toro alla follia. Quando il presidente racconta che ha preso il Toro grazie alla madre è vero. Vi posso dire che fu lei a suggerirgli di riscattare Cerci. E dopo aver parlato con lei, Cairo ha parlato con i Della Valle per chiudere".

"Petrachi passa a parlare del rapporto con i tifosi: "E' difficile far comprendere un progetto ai tifosi, perchè ragionano di pancia. Vogliono andare la domenica allo stadio ed esultare. Non riescono a vedere un progetto a lunga gittata. Io mi ricordo che una volta ho avuto uno scontro con dei tifosi, che volevano la conferma di un giocatore perchè era un idolo, uno attaccato alla maglia. Ma per me e per il mister Ventura, quel giocatore aveva finito la sua storia al Toro. Io lo dissi loro: "Questo giocatore non fa parte del progetto, perchè ci allunga la squadra di 40 metri". Questo per dire che a noi spetta non ragionare come dei tifosi, ma essere asettici e distaccati. Detto questo, il tifoso non va trascurato, ma va ascoltato. Perchè l'atteggiamento dei giocatori lo vedono anche loro e capiscono prima di altri se un giocatore è attaccato alla maglia o meno; il tifoso ti può dare dei segnali che possono farti accendere una lampadina".

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