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Mentre gli strascichi dell’ennesima partita fisicamente sopra le righe contro i rossoneri restano protagonisti delle parole del giorno dopo (un profetico Fossati vorrebbe giocare uno spareggio in campo neutro per vedere “cosa succede fuori da San Siro”) un fulmine a ciel sereno attraversa lo spogliatoio del Toro. Cadè chiede e ottiene di essere sollevato dall’incarico dopo esser venuto a conoscenza dell’accordo fra la dirigenza e Gustavo Giagnoni per la stagione successiva. Pianelli prende atto e la squadra passa a Beniamino Cancian per le ultime due partite del girone con rammarico dei giocatori il cui rapporto col mister, da quanto emerge dalle dichiarazioni, era buono. Anche la Fiorentina, avversaria del Toro al Comunale, è in una situazione tecnica simile visto che Oronzo Pugliese ha lasciato dopo aver saputo dell’ingaggio di Liedholm per il 71/72 e in panchina siede Mazzoni. Davanti a Giagnoni, presente in tribuna e impressionato dal pubblico granata con cui aveva già avuto a che fare al Filadelfia ai tempi di Law e Baker, i granata disputano un primo tempo non memorabile andando sotto per una rete di rimessa di Esposito al 42’, ma da quel momento si trasformano e mettono in campo tutto quello che hanno. Superchi, subentrato all’infortunato Bandoni, inizia a superarsi già negli ultimi minuti del primo tempo dicendo no a una cannonata di Pulici e a un colpo di testa di Bui. La notizia del Milan sotto 3-0 a Napoli carica ulteriormente pubblico e giocatori e la ripresa si gioca all’arma bianca. Il pareggio arriva al 57’ dopo una mischia furibonda conclusa da una gran botta in corsa di Natalino Fossati e nel finale lo stesso Fossati e Giorgio Ferrini sfiorano la rete che avrebbe ipotecato la Coppa Italia. La Fiorentina guida il girone con sei punti davanti a Milan e Toro che ne hanno cinque e al Napoli a quota quattro. I toscani sono padroni del proprio destino (se vincono a San Siro alzeranno la Coppa Italia), mentre gli uomini di Cancian devono battere il Napoli e sperare in un pareggio o in un successo rossonero per arrivare allo spareggio.
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La serata inizia subito bene con la notizia della rete di Benetti che sblocca Milan-Fiorentina in favore dei padroni di casa: vincendo sarà spareggio. Il 2-0 con cui viene regolato il Napoli, pericoloso con un palo al 1’ di Altafini e nulla più, nasce dalle reti di Petrini al 19’, a punire un’uscita imperfetta di Zoff su corner, e di Ferrini con una botta deviata da Vianello a tempo scaduto. E allora che Toro-Milan sia per alzare un trofeo che sembra aver improvvisamente ritrovato prestigio. Il Milan, forte del maxi incasso contro la Fiorentina, propone al Torino di giocare a San Siro promettendo il 60% degli introiti, ma i granata rifiutano e sarà campo neutro: si giocherà allo stadio “Luigi Ferraris” di Genova. Il clima è teso con continue punzecchiature fra i calciatori torinesi e l’ex tecnico Nereo Rocco che, oltre a piangere miseria per alcune assenze indubbiamente pesanti, ha detto “Stimo tutti i giocatori del Torino, tranne uno abituato a picchiare di nascosto e poi fare l’inchino all’arbitro”. Una frecciata che sembra indirizzata a Puia, subito difeso da Cancian e dai compagni. Una voce anonima aggiunge che un giocatore milanista, dopo l’ultimo match di Coppa al Meazza, ha confessato che una delle direttive tecnico-tattiche dell’incontro fosse proprio “picchiare” gli avversari. Milan senza Benetti e Prati, Toro spuntato senza Pulici e Bui: la partita non è spettacolare, ma, e date le premesse non poteva che essere altrimenti, è rovente dal punto di vista agonistico. In questo scenario a giganteggiare è ovviamente il capitano Giorgio Ferrini che si prende la squadra sulle spalle alternando lotta e qualità con la personalità che lo ha reso un elemento unico nella storia del Toro. La pagella del Corriere della Sera recita: “Eccellente. É stato il regista, il galvanizzatore, l’anima del Torino, sempre lucidissimo e accorto. Ha giocato una partita capolavoro e ha tenuto lui in piedi i granata anche quando l’infortunio di Puia ha dato la sensazione che la sorte del Torino fosse segnata”.
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Il tabellino del primo tempo registra una sola grossa occasione al 34’ ed è per il Toro, ma Schnellinger salva sulla linea una parabola che nessun quotidiano assegna con certezza a un autore preciso (chi pensa sia il milanista Biasiolo in disperato anticipo su Fossati, chi Fossati stesso, chi Petrini). Nel secondo tempo la svolta potrebbe arrivare a metà ripresa quando Cancian inserisce Sergio Maddè al posto di Petrini ignorando che Puia stia zoppicando. All’80’ il numero quattro granata va a saltare su un angolo e cade male sul ginocchio: di fatto i granata sono in dieci e Giorgio deve sistemarsi sull’ala nella classica posizione dello “zoppo”. I rossoneri potrebbero punire l’errore, ma la conclusione di Combin allo scadere si stampa contro la traversa e ricade fra le braccia di un esterrefatto Castellini che sembrava già irrimediabilmente battuto. Si va ai supplementari. Il Toro centuplica le forze e i brividi si riducono a due: una rete annullata per fuorigioco a Paina e un’altra occasionissima capitata a Combin che si vede rimontato da Cereser e sbaglia malamente la conclusione. L’arbitro Francescon fischia la fine delle ostilità e si decide tutto ai tiri di rigore che, rispetto a quanto accade oggi, sono sei e possono essere battuti dallo stesso calciatore, con la facoltà di cambiare tiratore in corsa. I granata scelgono Angelo Cereser, uno che dal dischetto ne ha messi due contro la Juventus nella stessa partita. I rossoneri, ovviamente, optano per Gianni Rivera che, nonostante una partita davvero deludente, ha il maggior concentrato di tecnica e personalità per risolvere la situazione fra i presenti in campo. Dalle 20,30 alle 20,38 si assiste a un vero e proprio thriller.
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Inizia Cereser, ma la conclusione è centrale: Belli respinge. Rivera va a segno portando in vantaggio il Milan. A sorpresa il Toro cambia tiratore e a entrare in punta di piedi nella storia granata è Sergio Maddè. Il nativo di Dresano è un centrocampista dai piedi buoni che ha mosso i primi passi nel calcio che conta proprio in maglia rossonera prima di approdare a Verona dove è stato fondamentale per portare i gialloblù in serie A. Voluto sotto la Mole dal suo ex tecnico Cadè, l’ex di turno ha il suo appuntamento con la storia sotto la curva sud dove sono raggruppati i tifosi del Toro. Il rigore va a segno, ma Rivera lo imita: 2-1 per il Milan. Succede lo stesso nel turno successivo, entrambi a segno e Milan avanti 3-2 a metà percorso. Cadè e Giagnoni sono seduti in tribuna, fianco a fianco, in un oggi impensabile passaggio di consegne fra mister. É come se il Toro avesse contemporaneamente tre allenatori tra panchina e spalti. Sul 2-3 Cadè dubita: Rivera è troppo freddo, non può fallire. Giagnoni ci crede ancora e dice che nessuno è in grado di segnare sei rigori consecutivi, nemmeno in allenamento. Maddè continua a segnare, ma il “Golden Boy” improvvisamente si inceppa. Agroppi gli contesta la sistemazione del pallone, il numero dieci rossonero perde quell’attimo di concentrazione e gli è fatale: Castellini para. Siamo 3-3. Cadè cambia completamente prospettive e crede a un’ulteriore parata di Castellini.
Maddè continua a essere glaciale e trasforma anche il quinto rigore portando per la prima volta il Toro in vantaggio. Qualcuno pensa che Rocco possa sostituire Rivera che sembra stanco e demoralizzato, ma è ancora il fuoriclasse milanista ad arrivare agli undici metri. Conclusione fiacca e centrale, Castellini giaguareggia ancora e blocca. Con le regole di oggi il Torino avrebbe già vinto, ma allora manca ancora un tiro. Se, secondo Giagnoni, non si possono segnare sei rigori consecutivi, con cinque il discorso cambia e Maddè realizza ancora mettendo la coppa fra le mani di Ferrini. Rivera rinuncia a calciare l’ultimo, inutile, penalty. Sugli spalti la folla esulta, in campo pure coi giocatori allenati da Cancian che festeggiano come matti lasciandosi alle spalle nel modo più bello una stagione dove ne sono capitate di tutti i colori. Cadè si unisce alla gioia in campo (ovviamente la Coppa Italia è principalmente sua), arriva anche un Pianelli trafelato per il giro di campo e la felicità esonda mentre Rivera si lamenta per il quarto rigore di Maddè, a suo avviso calciato a serie ferma e prima annullato e poi convalidato da Francescon, e per Castellini colpevole di muoversi in avanti invece che sulla linea, ma sono stille di veleno su cui si può soprassedere. Qualche sassolino se lo tolgono anche i granata sottolineando i complimenti dell’arbitro Francescon per l’atteggiamento avuto in campo, a smentire la cattiva fama con cui si era arrivati alla finale, ma poi c’è posto solo per il trionfo. La coppa viene usata per brindare a champagne, mentre le primissime ombre della sera vengono a salutare l’epilogo di questa felicità di quasi mezza estate. Anche due sposini in luna di miele a Malta manderanno un telegramma di felicitazioni che verrà recapitata a La Stampa: l’amore per il Toro è davvero senza confini.
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Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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