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La grande illusione parte 1: giornate 1-16

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Però quel 2005/2006 fu fantastico e ciò che è accaduto dopo non deve impedirci di rendere omaggio a chi ottenne una promozione incredibile

Il Toro in serie A dopo una serata trionfale appena un anno dopo il fallimento. La Juventus in serie B, umiliata dai fatti di Calciopoli. I granata saranno l’unica squadra a rappresentare Torino nella massima serie. Sembra un sogno, ma è successo davvero. Sembra incredibile a pensarci adesso, dopo aver subito la durissima restaurazione fatta di nove scudetti bianconeri con una reverenza della stampa degna dell’ancien regime e, soprattutto, dopo aver visto noi mancare ripetutamente il salto di qualità e facendo apparire sempre più sbiaditi i nostri colori. E’ doloroso pensare ad allora con questo presente, è doloroso pensare a quante speranze siano state riposte in Cairo e siano state impietosamente impallinate da una presidenza che ha voglia di tutto tranne che di crescere.

Però quel 2005/2006 fu fantastico e ciò che è accaduto dopo non deve impedirci di rendere omaggio a chi ottenne una promozione incredibile, a Gianni De Biasi e ai suoi ragazzi, una squadra con un carattere infinito. Lo dobbiamo anche a Roberto Salvatori, forse il miglior ds avuto dal Toro. Lo dobbiamo soprattutto a noi stessi, perché i tifosi quell’anno furono stupendi, dall’incredibile estate del fallimento (fuori da questo ciclo di racconti, ma ne parleremo) fino a far traboccare il Delle Alpi nella notte contro il Mantova, passando per le numerose trasferte in cui, praticamente, giocavamo in casa anche lontano da Torino.

Le vicissitudini societarie ci fanno iniziare direttamente dalla quarta giornata. A fianco di un gruppo di giocatori che si è allenato in situazioni picaresche ad agosto agli ordini di Paolo Stringara (Fontana, Pagotto, Oscar Brevi, Doudou, Luigi Martinelli, Ungari, Ardito, Gentile, Music, Vailatti, Vanin, Campo, Bongiovanni e De Sousa) con De Biasi e Salvatori arrivano Taibi, Balestri, Nicola, Orfei, Edusei, Raffaele Longo, Rosina, Fantini, Stellone e Muzzi, quest’ultimo quasi sul gong di fine operazioni. Nasce quello che verrà chiamato il “Toro dei pelati” vista l’incidenza di teste lucide in squadra. Al di là dei soprannomi, si vede che sarà Toro vero sin dalla prima gara.

L’avventura inizia il 10 settembre 2005, in casa contro l’Albinoleffe e con Oscar Brevi capitano, davanti a trentamila spettatori felici di essere ancora vivi e pieni di entusiasmo e di curiosità. C’è il timore che la poca preparazione ci faccia pagare pegno nella seconda parte del match, ma l’inizio è buono: il primo gol nel nuovo corso lo segna Enrico Fantini da Cuneo con un colpo di testa che Coser non riesce ad arrestare e Minelli allontana soltanto quando la sfera è già entrata. Il Toro sfiora il raddoppio con una gran numero di Stellone, Beretta fa paura a Taibi e si passa alla ripresa. Tutti si aspettano la reazione bergamasca, ma continua ad attaccare il Toro che non vuole saperne di calare: Rosina fa vedere un saggio di ciò che ci farà impazzire con un violento sinistro sul palo, Vailatti impegna Coser, Muzzi, praticamente con i bagagli ancora da disfare, sfiora il 2-0 in contropiede. Il Toro tutto sembra tranne che una formazione quattro e quattr’otto: tutti sotto la Maratona in delirio.

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Le due partite successive normalizzano un pochino la situazione: si perde 2-1 a testa alta a Bergamo contro la favoritissima Atalanta, e il gol che dimezza lo svantaggio è ancora di Fantini che devia un tiro di Stellone. Si pareggia in casa contro il Crotone con qualche piccola lamentela arbitrale. In entrambi i casi, però, il pubblico applaude e i ragazzi ringraziano. L’obiettivo sembra una stagione da piani alti, ma innanzitutto dignitosa, provando a salire, ma senza drammi se non succede. Si sogna la promozione, ma in quel momento l’importante è avere ricominciato. Poi, però, accade una cosa che scompagina le carte. Il Toro comincia a vincere e sembra inarrestabile, anche perché si gioca ogni tre giorni, come se fossimo in coppa.

Si vince 2-0 in casa contro il Vicenza dell’amato ex Camolese: Vailatti, dopo aver scheggiato la traversa, batte una punizione allo scadere del tempo che Muzzi, lasciato libero di colpire, trasforma in rete con un tocco maligno e poi si regala la prima corsa sotto la Maratona (“mai vista una curva così” dirà a fine match e il bello dovrà ancora venire). Nella ripresa Taibi fa buona guardia e Stellone è abile a insaccare nel recupero il pallone che Fantini ha mandato contro la traversa. La sera dopo, in ritiro a Pescara, è prevista una seduta televisiva voluta da GdB: non si studierà l’avversario, ma si guarderà la fiction sul Grande Torino.

Si vince all’Adriatico nel recupero della prima giornata, risolvendola nel finale dopo un primo tempo in cui Taibi si fa valere e Stellone colpisce il palo di testa. Risolvono Stellone al 71’ e Fantini al 91’ dopo due imbeccate di Rosina che studia già da Rosinaldo. Si vince in casa del pericolante Catanzaro, in una partita “sporca” con due gol annullati a Stellone prima della gioia all’ultimo secondo che arriva con una punizione deviata da Muzzi, una di quelle giocate che ti fanno pensare che sia l’anno buono. Si vince ad Arezzo 2-1 ed è forse la partita più bella del Toro in questo inizio. La squadra di De Biasi sembra attaccare ogni volta con uno schema diverso in una serata che premia ancora la vena realizzativa di Fantini. Il numero sette apre le marcature con uno splendido destro a giro dal limite e raddoppia al volo di destro su un cross perfetto di Rosina bravo ad affondare nell’area toscana. In tribuna c’è anche Marazzina, uno di cui si sogna il ritorno a gennaio, ma non sarà così: a vestire il granata sarà il giocatore che prova a riaprire la gara su rigore a fine primo tempo, Elvis Abbruscato. Nella ripresa siamo più solidi che mai, rischiamo pochissimo e la nostra durezza porta i nomi di Nicola, Balestri, Brevi, Doudou, Edusei, Ardito. Tutta gente che appare leggermente meno, ma che il tifoso granata sa vedere e, soprattutto, sa amare. Per capire quanto sia una squadra vera: Rosina sta facendo avanti e indietro col ritro dell’under21 per giocare e lo fa bene. Il Toro è secondo alla pari col Modena, quattro punti dietro la capolista Mantova e con una partita in meno. Altro che stagione dignitosa, poi quel che viene viene: quattro vittorie di fila e tre fuori casa fanno pensare solo alla promozione. Il Toro deve andare in A.

La marcia rallenta leggermente e arrivano tre 0-0 consecutivi. Contro il Bologna in casa, davanti a un pubblico da massima serie, ci dice bene: iniziamo in modo incoraggiante, nonostante l’assenza di Stellone, ma non tiriamo, poi nella ripresa escono i felsinei, colpiscono due legni., Taibi fa una grande parata e il punto è accettabile. Reti inviolate anche a Terni, ma stavolta con rimpianti: due legni nel primo tempo di Nicola e di Rosina, quest’ultimo su punizione, poi, seppur rimasto in dieci per l’espulsione di Martinelli, partita sempre in mano e rete annullata a Stellone per fuorigioco dubbio. Il trittico si completa in casa col Bari, nell’ennesima gara infrasettimanale, per recuperare la seconda giornata. Il Toro gioca discretamente, ma sulle sue piste trova l’arbitro Stefanini non tanto per il gol annullato a Fantini, quanto per il penalty negato a Rosina. Nel secondo tempo Fantini sbaglia a tu per tu con Gillet e la vittoria è nuovamente rimandata. Ma ci si può consolare perché si resta secondi e, soprattutto, perché l’appuntamento coi tre punti tarda solo qualche giorno.

Contro il Piacenza il Toro parte fortissimo, gioca palla a terra, pressa, ha fame. Dopo 3’ Sardo respinge con un braccio un tiro di Balestri e Rosina trasforma il primo calcio di rigore stagionale che coincide col suo primo gol granata. Al 12’ il delizioso assist di Longo per Muzzi avvia l’azione del raddoppio: Roberto si libera di forza di un avversario e segna il diagonale. Il gol di Ganci arriva inaspettato e rompeva lunga imbattibilità interna granata, ma il Toro continua a giocare con veemenza, si vede negare un rigore, si ritrova con De Sousa per l’acciaccato Muzzi al 39’, va in vantaggio numerico per l’espulsione di Campagnaro a inizio ripresa, si divora il 3-1 con Music e lo stesso De Sousa, poi, all’ultimo respiro, batticuore puro. Dopo aver disputato un match sontuoso Raffaele Longo impazzisce per un secondo facendo un inspiegabile retropassaggio buono a lanciare Ganci davanti a Taibi che salva in uscita. Non è finita: Margiotta, in pieno recupero, colpisce la traversa, la sfera sfiora il portiere granata e non entra. Ne rivedremo di finali così. Lieti, ma sofferti.

Il mercoledì si va a Mantova, prima contro seconda in classifica, un sacco di ex fra i lombardi da Mezzanotti a Graziani junior, da Brambilla a Paolino Poggi, da Lanzara a Grauso, in attesa di Sommese, non in campo. Decide Tarana a metà primo tempo, ma sul gol pesa un fuorigioco clamoroso di Cioffi che impalla Taibi. Sarà la prima di tante decisioni arbitrali controverse in quello che sarà il duello che caratterizzerà la stagione e già quella sera c’è la sensazione che sia scattato qualcosa di molto vicino all’odio sportivo. Siamo terzi a 8 punti dai lombardi e a uno dal Modena. Dodici partite in quarantasette giorni e rosa stretta: un pochino di stanchezza ci sta. Però domenica c’è il Cesena e bisogna vincere.

I romagnoli fanno correre un brivido lungo la schiena ai granata con una traversa di Ceccarelli, poi i granata si scuotono: un rasoterra di De Sousa esce di niente, poi Muzzi devia di testa fuori di poco. Nella ripresa è un assedio e se Rosina spreca la chance dal dischetto angolando troppo, il solito Fantini sfrutta al meglio la sponda di De Sousa per il gol partita. Un remake della gara col Piacenza al novantesimo quando Bernacci e Salvetti mancano il pareggio nella stessa azione, ma la vittoria arriva. Annotiamo le parole di Fantini a fine gara, che confermano le impressioni avute dopo la sconfitta di Mantova:

«Loro hanno vinto e sono stati bravi, ma noi ci siamo annotati alcune cosette che ci hanno dato particolarmente fastidio e che andremo a ripassare al ritorno, perché il Mantova dovrà pur venire qua e ci verranno in mente quel giomo tante cose. Lo diciamo senza cattiveria, ma meglio che lo sappiano già fin da ora». Ci sarà tempo, ma il Toro (di nuovo secondo da solo e a meno sei dal Mantova) c’è, eccome se c’è e continua a esserci a Catania.

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Un rigore generoso di Mascara ci fa andare sotto al “Massimino” in avvio, ma Muzzi, al 24’, chiude una splendida azione corale con un rasoterra vincente dal limite e poi corre sotto la Maratona itinerante che gli chiede di tenere duro per un problema familiare. Tra Roberto e la gente del Toro ormai è amore totale.

Tempo di big match: si gioca di domenica per la sosta della A e abbiamo tutti voglia di massima serie in casa contro il Modena di Pioli. Si arriva allo stadio e, fra tante teste pelate, ne riconosciamo due: Stellone e Oscar Brevi sono rientrati e lo stesso destino tocca anche ad Ardito. Gara subito caldissima: Muzzi incorna a botta sicura su morbido centro di Fantini, ma Frezzolini vola e fa il miracolo. Risponde Colacone che, non contento di averci fatto tremare l’anno prima nei playoff contro l’Ascoli, scocca un gran bel tiro dal limite che supera Taibi, ma timbra il palo. Al 36’ il capolavoro: Stellone ci fa ulteriormente capire quanto ci sia mancato quando, su una respinta di testa di Pivotto, si coordina col sinistro e colpisce al volo con una perfezione rara da trovare. In curva si impazzisce, increduli, le braccia altissime, la bocca urlante. Troppo bello. Potremmo chiuderla subito: Muzzi centra basso dalla destra, Stellone non ci arriva e Fantini sbaglia da un passo la deviazione a porta sguarnita. Siamo ancora increduli, ma stavolta con un umore diverso. Bucchi prova a punirci nella ripresa, ma Taibi vola poi, su splendido lancio di Gentile, Fantini si presenta a tu per tu con Frezzolini e si fa perdonare restando glaciale. Bucchi trasforma due volte un rigore dubbio regalandoci un finale di sofferenza e, come contro il Piacenza e come contro il Cesena, all’ultimo secondo arriva l’ultimo sussulto con un colpo di testa di Campedelli su cui Taibi è sicurissimo. Morale a mille per tecnico, squadra e i quasi trentamila presenti, ma l’onda lunga continua.

Contro il Verona, sempre in casa, andiamo sotto per un’incredibile papera di Taibi che, fin lì perfetto, si fa sfuggire un colpo di testa di Munari, uno a cui piacerà segnarci anche altrove. Nella ripresa la partita diventa accesissima, di quell’acceso che esalta un tifoso più del bello. Al 77’ inizia il delirio: viene fischiata una punizione dal limite, Balestri e Mazzola si accapigliano e vengano espulsi, quindi Edusei tocca il piazzato proprio per Muzzi che gonfia la rete con un fortissimo destro facendo venire giù la Maratona, poi va a prendere la palla in fondo al sacco dando un chiaro segnale, “vogliamo vincere”. Il Toro si riversa in attacco, Rosina conquista un rigore, ma se lo fa parare da Van Strattan. Mentre la curva lo rincuora, Alessandro va a battere l’angolo. La palla, deviata da Biasi, rigonfia la rete. Sorpasso. Unico neo della giornata il brutto infortunio di Ungari che, di fatto, finisce la stagione. “Granatissimo”, apprezzato settimanale dell’epoca, titola “Il Tremendismo” piazzando in prima pagina il viso incazzato di Muzzi che sta tornando a centrocampo dopo aver preso il pallone da lui stesso calciato in rete. Toro secondo a meno quattro, squadra tostissima, sembra di sognare se si pensa a dove eravamo pochi mesi prima. I tempi duri, però, stanno per arrivare.

(Continua)

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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