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Culto

Più forte del tempo

Paolo Pulici al Filadelfia con la sciarpa del Torino Calcio

Dopo il centesimo numero, Culto riprende la corsa parlando di Pulici. Francesco Bugnone stavolta ci racconta di come, a carriera finita, Pupi decise di far vedere a tutti di essere in grado di fermare il tempo.

Francesco Bugnone

Approcciarsi a Pulici è approcciarsi al Mito, al supereroe che invece del mantello indossa maglia e calzoncini granata con l’undici sulle spalle, al concetto di Toro impersonificato. Non basta un pezzo solo per esaurire tutto, anche perché racconti una storia e subito te ne viene in mente un’altra, arrivano episodi noti (il suo pallonetto nel derby) e altri meno (il suo addio, il suo affrontarci con un’altra maglia). Stavolta tocca a qualcosa accaduto a carriera finita, quando ha deciso, in un paio di occasioni, di farci vedere ancora una volta di cosa fosse capace, disinteressandosi di cosa dicesse la carta d’identità, perché Paolo Pulici sa ancora come fare venir giù una curva, soprattutto se è la Maratona.

 

 

4 maggio 1989, stadio Comunale di Torino, ore 20

 Per una sera non si pensa alla zona retrocessione. Già, perché la tifoseria granata sta guardando quasi incredula il Toro che si dibatte nelle zone basse della classifica, nonostante un organico di tutto rispetto, nonostante nessuno lo credesse possibile a inizio stagione. Invece è così, solo pochi giorni prima una rete di Skoro nel finale ha evitato la sconfitta interna contro il Bologna, però la sera del Quattro Maggio 1989, quarantennale della tragedia di Superga, il Comunale non ha l’odore della paura di retrocedere, ma il profumo dello scudetto visto che si affrontano il Toro del 1976 e una mista chiamata Club Italia Superstars con Paolo Rossi, Causio, Cuccureddu, D’Amico e tanti altri. La formazione granata è quella liturgica, che tutti sappiamo a memoria: Castellini; Santin, Salvadori; Patrizio Sala, Mozzini, Caporale; Claudio Sala, Pecci, Graziani, Zaccarelli, Pulici. Ovviamente c’è  anche Mister Gigi Radice che quell’anno ha lasciato la panchina granata dopo la sconfitta di Bologna proprio a Claudio Sala, ma quella sera non bisogna pensarci: uno è l’allenatore dello scudetto, l’altro è il capitano, il Poeta.

 

La tromba suona Il Silenzio, la Maratona si lascia andare a un forte applauso dopo l’ultima nota. Il Toro 1976 vuole farci sognare ancora un po’, accarezzare i nostri cuori delusi. Paolo Pulici ha appena compiuto 39 anni, ha smesso quattro anni prima. I capelli sono grigi, ma la forma è splendida. Vuole farci vedere subito che è ancora lui, che potremmo fargli fare un quarto d’ora al posto di Muller o Skoro per regalarci i gol decisivi per rimanere in serie A. Il Toro attacca sotto la sua curva e, si sa, il rapporto con Pupi è magnetico. Sono passati solo quattro minuti e il numero undici fa già gonfiare la rete. Pat Sala lo pesca sul lato destro dell’area e Pulici controlla col petto, poi si porta avanti la palla con la coscia prima di lasciare partire un destro al fulmicotone in diagonale che lascia Copparoni immobile. Pugno in alto, Santin il primo a raggiungerlo, poi Graziani, quindi a poco a poco tutti gli altri. Non basta. Pupi ha l’argento vivo addosso, fugge a sinistra, quattro avversari lo affrontano e non sanno bene cosa fare, allora il nostro ciclone vede Graziani libero e lo serve. La palla, complice la deviazione di un difendente, arriva perfetta al numero nove che raddoppia con un tocco morbido. Al 15’ Claudio Sala conquista un rigore e dal dischetto Pulici fa 3-0 spiazzando il portiere. Gli avversari provano a rifarsi sotto con Giorgio Morini e Paolo Rossi, ma nel secondo tempo è ancora Pulici a chiuderla con un colpo di testa dei suoi, fatti apposta per finire nel sette, il tutto su un cross di Roccotelli fatto con la sua classica rabona, anche questo un colpo da Culto. Finirà 4-3 e Pulici verrà portato trionfo dai tifosi sotto la sua Maratona, sotta casa sua, sotto cosa sua. E’ più forte del tempo questo amore, è più forte del tempo questo giocatore. Trentanove anni e fa gol come un ragazzino che vuole fermare le lancette. Il bello è che non finisce qui.

 

 

12 ottobre 1992, stadio Delle Alpi di Torino, ore 15 

In una domenica in cui il campionato è fermo per la sosta della Nazionale, Torino ospita la sfida fra la Nazionale Cantanti e la Nazionale Allenatori col nobile scopo di raccogliere fondi per la lotta contro il cancro. Il pubblico risponde alla grande e la sfida va in scena davanti a settantamila spettatori senza contare chi sta seguendo la diretta su Canale 5. Il primo tempo vede andare in rete Emiliano Mondonico con un pregevole inserimento concluso con un pallonetto vincente, quindi un graffio granata ce l’abbiamo e possiamo stare tranquilli. In panchina, seduti vicini, c’è il resto e verrà messo nella ripresa. Si tratta di Claudio Sala, Ciccio Graziani e Paolino Pulici. “Aldo, a noi del Toro fanno partire sempre dalla panchina” dice Claudio Sala, ridendo, intervistato a bordo campo. Aldo è Aldo Agroppi che sta commentando la gara con Nando Martellini e si fa una sghignazzata alla battuta del Poeta. Il fatto è che poi quei tre entrano in campo e cominciano a spiegarla a tutto lo stadio e a tutta l’Italia. La Maratona non è più quella del Comunale, è diversa, i nostri non ci hanno mai giocato sotto, ma sembra non importare. Basta il nome e cominciano a farlo. La maglia gialla che indossano è solo un dettaglio. Tutti noi li vediamo granata.

 

Il primo ad andare a segno è Graziani con una bella girata su crossa da destra di Eriksson deviato da un difensore. Poi va in scena Pupi. Gli anni sono quarantadue, quelli che avrà Roger Milla quando segnerà a Usa ’94. Come nel 1989, a guardare Pupi non sembra affatto. Sempre in forma, tirato a lucido. Il Toro di quegli anni, guidato dal “Mondo”, risultati ne fa e fuoriclasse ne ha a iosa, ma sicuramente Emiliano saprebbe ancora dove metterlo a far danni alle difese avversarie. A proposito di Mondonico, è lui a far partire l’azione a centrocampo allargando sulla destra al solito Eriksson che verticalizza per Sala. Il Poeta comincia a ubriacare di finte l’avversario diretto che da cantante diventa ballerino poi decide di avere pietà e centra col sinistro. Graziani è pronto a fare la torre per Pulici che, nei pressi della lunetta, fa rimbalzare il pallone e spara un destro terrificante all’incrocio dei pali. Allarga le braccia, chiede il cambio, se la ride. Graziani mentre torna a centrocampo gli prende il viso con un gesto tanto rapido quanto tenero. Morandi, sorridendo, gli dice “ma cos’hai fatto?”, poi Pupi a mani giunte gli chiede quasi scusa. Agroppi, nel frattempo, sta iniziando a perdere le parole. Vorrebbe essere in campo con loro e con Rampanti, che nel frattempo ha assaggiato il campo. Vorrebbe correre dietro a quel sapore di Toro. “Scusate, sono troppo preso da questa situazione”. E non è finita, non è finita per niente. Il meglio deve ancora venire.

 

Claudio Sala tiene un pallone in campo con uno scatto e una generosità che meriterebbero altri palcoscenici rispetto a un’amichevole benefica. Solite finte sull’avversario, solito cross di sinistro, solito Pulici al centro. Pupi è spalle alla porta. Il tempo si ferma. Non importa che partita sia, non importa quanti anni abbia, non c’è niente se non lui e quel pallone. Siamo nei primi anni 70 quando la cura Giagnoni ha sortito effetti, siamo nel 1976 quando continuava a segnare e quello scudetto era sempre più vicino al nostro petto, siamo in un derby coi gobbi che sperano che Pupi non sia in giornata, che PREGANO che non sia in giornata. Stop di petto. Rovesciata straordinaria. Pallone in rete. Leggenda. Mito. Paolino Pulici.

“Nooooooo” questa la reazione incredula di Agroppi. Pulici, col diciassette sulle spalle, viene abbracciato dagli avversari, abbacinati da un gesto tecnico simile. Mengoli, in porta, sorride estasiato: a volte prendere un gol del genere è un onore. “Permettimi di applaudire Nando, jo visto una cosa che oggi non si vede nemmeno dai giocatori veri. Il vecchio cuore granata (…) Io capisco che parlando faccio vedere di essere di fede granata, lo si capisce anche troppo forse ho esagerato, però c’è tanto granata in campo e rivedendo certi amici, amici fraterni, vedendoli giocare mi torna la nostalgia dei vecchi tempi soprattutto quando si vedono certe cose non posso rimanere insensibile. (…) Non potevo farne a meno” Queste le parole emozionate ed emozionanti di Agroppi mentre Pulici torna in mezzo al campo, più bello che mai.

 

Per quelli delle generazioni prima della mia, quello è un gol di culto. Per un pomeriggio hanno rivisto quello che aveva allietato le domeniche per tanti, tantissimi anni. Anche per quelli della mia, però, lo è. A meno che qualche pio parente avesse le registrazioni delle reti con cui Paolo ci faceva sognare negli anni ’70, non avendo YouTube per andarle a rivedere, questi sono i primi gol di Pupi che abbiamo potuto vedere coi nostri occhi e in diretta televisiva. Pulici era un racconto di chi c’era o un nome che si ripeteva all’infinito sugli almanacchi Panini, ora era improvvisamente in carne e ossa, per farci vedere chi era. Anzi, per farci vedere chi è. Qualcuno più forte del tempo.

 

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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