Torna un nuovo episodio di "Granata dall'Europa", la rubrica a cura di Michele Cercone
Una delle lezioni dell'antica cultura greca è che la linea che divide la sfera del profano da quella del sacro è invalicabile. Non è per l'uomo ambire alla dimensione divina, e chi arrogantemente pensa di poter trascendere la sua umanità o identificarsi col divino incorre nell'ira e nella conseguente punizione degli dei. Semplificando, sono questi i concetti greci di ''hybris'' e ''nemesis'', che potrebbero tradursi in ''tracotanza'' e ''fio''.
Questo preambolo serve ad introdurre concetti che possono aiutare a capire la situazione che noi tifosi stiamo vivendo. Il ''Toro'' in quanto insieme di avvenimenti, tradizioni e valori appartiene all'ambito del sacro. Quella che per tutte le altre squadre è storia (ossia una ricostruzione ordinata di eventi), per il Toro è mito (ossia un fatto che polarizza le aspirazioni di una comunità e di un'epoca, elevandosi a simbolo sovrumano). L'elemento fondante del mito granata è la saga degli Invincibili culminata nella tragedia di Superga. La sublimazione della storia in mito ha proiettato il Toro nella dimensione della sacralità a cui tutti i tifosi granata sentono di appartenere. Non si è davvero del Toro se non si è stati sfiorati (e vale anche per i più piccoli) dalle ali di una leggenda che ha smosso in noi emozioni profonde. Anche se non è in grado di sgranare il rosario ''Bacigalupo, Ballarin, Maroso…'', non c'è appassionato del Toro che non senta di rappresentare una briciola di eterno e di avere il compito di tramandare e far vivere quella memoria. I tifosi del Toro si sentono templari di quanto di più puro e profondo c'è nella passione per il calcio e se non si capisce questo, non si possono capire la religione del Toro e la fede granata. Chi non è acceso da questa sacra fiamma, deve fare molta attenzione ad avvicinarsi perché le conseguenze potrebbero essere deleterie. A maggior ragione se dalla sorte si è avuta in dono la possibilità di dirigere la struttura contingente che al ''Toro'' deve consentire di prendere forma. Anche se si è proprietari della società calcistica che ne porta il nome, non si possiede il Toro più di quanto non si possiedano le idee, gli ideali e le storie contenute in un libro. Chi acquista un libro sacro non può arrogarsi in nome della sua spesa anche il possesso della sua sacralità, perché essa esiste al di la’ del libro, ed anche distruggendone l’involucro continuerebbe ad esistere in ogni singola copia esistente (nel caso del Toro in ogni singolo tifoso).
E’ per questo che ''il Toro siamo noi'' non è uno slogan, ma una constatazione di fatto. Ritenere invece che essere proprietari della società calcistica Torino FC equivalga a possedere il ''Toro'' nella sua essenza è un errore enorme. Arrivare poi a concepire di essere più grandi del Toro e che il Toro esista solo grazie ad un singolo individuo tracima nell’hybris e non può che avere conseguenze disastrose in termini di nemesis. Il primo scotto da pagare è essere vittima della nebbia che impedisce di percepire il divino. Si rimane laici e aridi di fronte al mistero e se ne perde la magia. Cosi' l'abile Aracne, ottenebrata dall'hybris, si fa maggiore di Atena nell'arte della tessitura, e il talentuoso Marsia si celebra come migliore di Apollo nell'arte della cetra. Entrambi perdono il loro dono e pagano a caro prezzo la loro tracotanza. Il secondo fio che l'hybris comporta non è immediato, ma si estende nel tempo ed inficia le scelte e le mosse di chi pretende di aspirare al sacro. Ulisse oltrepassa le inviolabili colonne sacre ad Ercole e il suo atto di orgoglio inficia l'intero suo cammino, sviandolo costantemente dalla rotta verso Itaca. Cosi' - allontanandosi dalla rotta dei nostri valori, della nostra storia e della nostra leggenda - da anni il Torino FC utilizza metodi e rincorre obiettivi che lo allontanano dalla vera natura del Toro.
I sostenitori granata vogliono che il Toro sia all'altezza della sua storia. Vogliono anche vittorie e titoli ma per loro il viaggio è altrettanto importante della destinazione, e la rotta deve essere segnata dalla stella polare della leggenda di Superga suffragata degli eroi dell'ultimo scudetto. Vogliono una casa per il loro Museo, vogliono rinverdire i fasti di giovani granata che crescano all'ombra del Fila e della sua leggenda. Poco importa se alla fine la bacheca resta vuota, l'importante è provarci in tutto i modi e fino all'ultima goccia di sudore. I sostenitori del Toro non cercano campioni strapagati e sono tra i pochi a saper vedere la maglia granata anche sopra la pelle di calciatori che hanno più cuore che tecnica. Ci entusiasma un giovane della Primavera che debutta in prima squadra e ci emoziona un allenatore che dice che guidare il Toro gli fa venire la pelle d'oca. Siamo scesi in piazza in 50.000, orgogliosi e festanti, dopo una retrocessione; ci ritroviamo in lacrime ogni anno a migliaia a Superga nel dolore infinito della scomparsa e nella certezza del ritorno. Siamo lenti all'ira, proprio perchè sappiamo come le circonvoluzioni della storia meritino una lunga sospensione del giudizio, ma irremovibili con chi ci considera una merce, considera il ''Toro'' solo un commercio, svilisce la nostra storia e pensa di governare il ''Toro'' e non il Torino.