A me così non piace e, pur riconoscendo a Rincon l'impegno e la dedizione totale per la causa granata, non riesco a tributargli un omaggio sincero perché lo identifico come un prodotto di questo calcio business che proprio non riesco a mandare giù. Ma che entusiasmo può avere un tifoso della Samp a vedere arrivare un Rincon in maglia blucerchiata? Uno, cioè, che ha giocato per le tre squadre sportivamente più odiate dai tifosi doriani. Suvvia. Se estrapoliamo dal calcio la sua natura campanilistica ed il suo innato senso di identificazione del tifoso con la squadra, ne miniamo la natura stessa che è inscindibile dal gioco. Trasformarlo in uno spettacolo "finto" come il wrestling non aumenta l'appeal del calcio, ma, al contrario, ne decreterà la sua fine, almeno nel lungo periodo. Quando i tifosi della mia generazione, che è stata l'ultima ancora marchiata a fuoco dall'idea romantica del calcio di una volta, spariranno e verrà a mancare quel legame viscerale tra il tifoso e la sua squadra del cuore, cosa o chi impedirà ai tifosi del futuro, trattati più da clienti che da tifosi veri e propri, di stufarsi di questo "spettacolo" e di passare semplicemente ad altro?
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Avrei voluto salutare l'addio di Rincon in un'altra maniera perché per lo spessore umano e per l'impegno profuso avrebbe meritato un altro coinvolgimento emotivo: lo applaudirò quando verrà a giocare al Grande Torino e lo rispetterò anche da avversario, ma nulla mi toglie dalla testa che questo calcio atarassico stia togliendo la poesia di questo sport e con le sue logiche perverse stia togliendo al tempo stesso a tanti giocatori come Rincon, potenziali bandiere per il proprio atteggiamento in campo ed in allenamento, la possibilità di essere ricordati come idoli e non solo come buoni giocatori od impeccabili professionisti. Dall'altro lato Rincon avrebbe potuto essere un giocatore "da Toro" se ci fosse stato ancora un Toro e non semplicemente un Torino FC.
Nel mio intramontabile ottimismo, aspetto ancora fiducioso di assistere a giugno al più grande miracolo sportivo degli ultimi decenni: che Belotti si convinca di restare da noi. The world needs a hero ed il mondo granata ha disperatamente bisogno di aggrapparsi ad una bandiera che sappia fungere da volano alla rinascita del Toro sotto la spinta delle idee di Juric. Ne avremmo bisogno tutti, ma soprattutto ne avrebbero bisogno migliaia di bambini granata: identificarsi con il Gallo, il loro "eroe", gli permetterebbe di crescere da veri tifosi del Toro e non da semplici "clienti" di questo spettacolo finto che è il calcio moderno, un calcio ormai caratterizzato più dagli Zaza e dai Verdi che dagli Zaccarelli o dai Pulici. So che è difficilissimo che succeda, ma non smetto di credere che alla fine Belotti firmerà il rinnovo, perché a mio avviso basterebbe una scintilla (e un Belotti bandiera granata sarebbe la scintilla giusta) per provare a prendersi una rivincita e per rimettere in discussione il fatto che abbiano davvero vinto "loro". Perché se non ci crediamo noi tifosi del Toro, chi mai lo farà?
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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