LASCIARCI LE PENNE

Alle tre spaccate della domenica pomeriggio, cascasse il mondo

Alle tre spaccate della domenica pomeriggio, cascasse il mondo - immagine 1
Torna un nuovo appuntamento con la rubrica "Lasciarci le penne", a cura di Marco P.L. Bernardi

Marco P.L. Bernardi

La partita di pallone (Carlo Rossi / Edoardo Vianello)

Rita Pavone

(1962), RCA Italiana

 

Perché, perché

la domenica mi lasci sempre sola

per andare a vedere la partita

di pallone

perché, perché

una volta non ci porti pure me?

Così si lamentava sessantun anni fa la gelosa Rita Pavone, dubbiosa della reale meta domenicale del fidanzato appassionato di pallone, che chissà se allo stadio ci andava veramente o invece sgattaiolava tra le braccia di qualche bella nello spazio dei canonici novanta minuti.

Riascoltare questo brano riporta indietro, a quando il calcio era una cosa seria che aveva le sue ritualità conclamate, intorno alle quali si compiva il giorno di festa.

L'anticipo della gara del Toro ha scombussolato la scaletta della mia rubrica, strappandola al consueto orario seminotturno del venerdì, che accompagna nel weekend gli insonni e traslandola alla tarda mattinata di domenica, quando anche i più dormiglioni hanno iniziato a connettere e sono pronti a godere gli scampoli del fine settimana.

Spazio insolito e transitorio, pieno della luce del giorno (da venerdì prossimo tornerò ad aggirarmi nella notte, come si confà agli autori di libri gialli che hanno maggior dimestichezza con il buio), che ha portato alla memoria altre domeniche di qualche anno fa, quando alle tre del pomeriggio il mondo si fermava ed iniziavano le partite.

Se il Toro giocava in casa, eri sul piede di guerra da ore: pranzo anticipato, la mamma si adattava stoicamente ad imbandire pranzi domenicali da consumarsi a mezzogiorno in punto, per arrivare prima e trovare il solito posto sul gradone della Maratona che avevamo scelto, mio padre ed io, e che sentivamo nostro, anno dopo anno. C'erano sempre le stesse persone intorno, senza bisogno di seggiolini rigorosamente assegnati, come un tacito appuntamento prorogato indefinitamente nel tempo. E i dialoghi che sentivi erano sempre gli stessi, come se non si fossero mai interrotti e sfidassero le stagioni.

La Curva si animava e la vedevi accendersi: lo spettacolo era quello, almeno quanto lo era il match che sarebbe seguito. Poi, alle tre spaccate, iniziavano le danze, il mondo si fermava ed era tutto lì, sul rettangolo di gioco. Qualche futurista tecnologico, dotato di radiolina (qualche marziano aveva addirittura gli auricolari), aggiornava gli astanti sui risultati degli altri incontri, destinato ad essere interrogato in perpetuo con una prevalenza di Che fa la Goeba?, domanda che poteva scatenare ilarità o frustrazione a seconda delle alterne fortune di quei là.

Anche quando il Toro giocava in trasferta la giornata si collocava in funzione del momento clou: magari si pranzava ad orari più consoni, ma dalle tre alle cinque, cascasse il mondo, non ti staccavi dalla radio, ovunque ti trovassi. Ricordo che una volta, munito anch'io di avveniristica radiolina con auricolari, esplosi in un urlo devastante: "Fuori!", quando il nostro avversario calciò male un rigore al novantesimo, e tutti i visitatori della mostra che stavamo visitando pensarono che li avessi invitati a lasciare la sala. Fu un momento imbarazzante e glorioso.

Poi cambiò tutto, repentinamente, senza nemmeno permetterci di abituarci gradualmente a quello che il calcio era diventato.

Io che li ho vissuti entrambi, posso dire che il vecchio gioco era maledettamente più bello di quello nuovo. "Sfido io", risponderete, "Avevi trentacinque anni di meno ed era la giovinezza che rendeva belle le cose". Probabile, ma la sensazione che ho attualmente davanti allo spettacolo del football 2023 è la medesima di quando mi trovo ad ingurgitare una pizza surgelata: non che sia cattiva di per sé, ma, dopo aver assaporato quella di un forno a legna di Napoli, è difficile che possa soddisfarmi.

Mi piacerebbe poter rivivere uno di quei pomeriggi allo stadio con mio padre.

C'era lui ed era tutta un'altra cosa. Ma di questo scriverò un'altra volta.

Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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