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I bambini (sì, ci sono anche loro. Provate a chiamarli “boomer”, se ancora la vergogna vi sostiene) ascoltano questi racconti stanchi e si ha la sensazione chiara come si stiano preparando a raccogliere il testimone, sono l’urlo di chi avverte i “padroni del vapore” di non illudersi troppo: il seme c’è ancora e presto maturerà, perché se c’è una cosa che l’uomo proprio non conosce è la parola resa. Sono pochi quei bambini? Sono fra quei pochi ad aver preferito la fatica della trasferta ad una ennesima giornata davanti all’EA Sports, il nuovo allucinogeno del post moderno? Forse sono pochi, è vero, ma ci sono e da essi si ricomincerà di nuovo. Questo pomeriggio forse capiranno come non sia Sasa Lukic il centro delle cose, ma sono quelle undici maglie granata entrate in campo a sfidare undici maglie viola. Verrebbe da leggergli un brano di una lettera scritta da un fante italiano della I Guerra Mondiale, alla vigilia dell’ennesima folle “corsa” lungo l’Altopiano di Asiago: “Cara madre, fra poco correrò nuovamente, sfidando la morte, sull’Altopiano freddo e oscuro. E lo farò in nome di quell’Italia e di un Re che dicono regni anche sulle nostre teste”. Mentre gli auguri una “buona corsa” sei giunto davanti ad un addetto della sicurezza dello stadio, che ti perquisisce con una invadenza tale manco fossi il cugino di Mattia Messina Denaro e ad uno fanno aprire il portafogli per verificare se il suono metallico avvertito al tatto siano monete o ricostruzioni di oggetti contundenti. Tutto viene condotto con una rozzezza e con un mal interpretato senso dell’autorità da lasciare sbigottiti a chi si trova in quel contesto per la prima volta. Ma i “tifosi da trasferta” accettano questo “giogo” con l’atteggiamento di chi vuole partecipare alla “vita” senza farsi scoraggiare da chi vuole incrinare ogni tipo di entusiasmo.
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Entri nel settore ospiti dello stadio è la prima cosa a farsi notare è il degrado della struttura, i sedili sporchi, le barriere di metallo incrostate e arrugginite. Visiti i bagni prima del fischio di inizio ed è quasi impossibile raccontare lo schifo e il totale stato di abbandono in cui versano: nemmeno delle bestie selvagge subirebbero un simile trattamento. E’ tutto talmente schifoso e surreale da far risultare qualcuno con indosso delle mascherine protagonista patetico di comicità involontaria. Il pensiero arriva come un fulmine: tutto è fatto per farti scappare e non ritornare più. Hai torto Bauman quando scrivi che tutti si venga trattati come consumatori, perché se fosse così si farebbe il possibile per far innamorare del prodotto da consumare. Il messaggio che arriva dal lerciume e dall’inciviltà di quei bagni è il chiaro tentativo di soffocare, attraverso la prostrazione, un momento di incontro collettivo in nome di un amore e di una storia. Li si tratta come delinquenti, li si soffoca con un autoritarismo stile gerarchetto fascista da fabbricato, li si umilia tenendoli in promiscuità con il tetano e ogni tipo di malattia, li si addomestica con comportamenti e norme messi in piedi in nome di una supposta “sicurezza” assurta a categoria teologica. Ma loro, i “tifosi da trasferta”, non sono tipi da demordere, non si scoraggiano nemmeno quando vedono la loro squadra perdere dopo una prova incolore. La sconfitta non li disorienta e, soprattutto, non li definirà mai. Ecco perché, nonostante una sconfitta che farebbe girare le balle a chiunque, inneggiano a Firenze e applaudono, ricambiati, i tifosi della Fiorentina. Un “gemellaggio” tra squadre ha lo stesso valore di una parola d’onore e loro, quelli trattati come bestie fino a quel momento, se ne fregano della “società liquida” di Bauman e quella parola la mantengono. E’ un momento speciale, prezioso, e senti di doverli ringraziare perché loro sono sempre stati presenti anche per te. Allora mentre li senti, per niente avviliti dalla sconfitta e dalla noncuranza di Urbano Cairo, darsi appuntamento per la prossima partita, tu avverti qualcosa di caldo che ti avvolge, come se i 3 gradi presenti fossero diventati improvvisamente 20. Può anche capitare, ve lo giuro, di ascoltare giungere dalle nuvole le parole di Valentino Mazzola: “giocare per voi non è stato vano”. Ti stringi nel tuo giubbotto, e sai quanto quel calore benefico sia simile a “quella nostalgia del Paradiso perduto” descritto da Benedetto XVI quando parla del calcio. Ancora non è perduto né quel calore né il Paradiso. Coraggio.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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